Cittadinanza/ Lisei (Fdi): vogliamo gli ambasciatori italiani all'estero, non gli scrocconi

ROMA\ aise\ - Un “grande lavoro” fatto dalla Commissione Affari Costituzionali su un provvedimento che “nasce con ritardo rispetto a una situazione che era fortemente degenerata”, cioè l’abuso di quanti “prendono la cittadinanza per il proprio comodo, per andarsene in giro, ma che non hanno manifestato mai negli anni alcun legame con l'Italia”. A rivendicare il lavoro in Senato e ribadire la ratio del provvedimento è stato oggi Marco Lisei (FdI), relatore del decreto-cittadinanza in 1ª Commissione, intervenuto oggi in Aula dove è proseguita la discussione sulle modifiche proposte dal Governo, alla presenza della sottosegretaria Matilde Siracusano.
Replicando ai colleghi delle opposizioni che nella seduta di ieri avevano ribadito le loro critiche all’uso del decreto - legge per normare una materia così complessa, ravvisando la mancanza dell’urgenza – che giustifica il ricorso a tale provvedimento – Lisei ha sostenuto che “i presupposti di urgenza sono evidentemente quelli di porre fine non a un diritto, ma all'abuso di chi usa quel diritto per farsi i fatti propri”.
Ringraziati i colleghi per il lavoro svolto e sottolineato che “tutte le modifiche che abbiamo fatto in Commissione sono state approvate all'unanimità, segno del fatto che il lavoro di Commissione è stato proficuo e che gli interventi che la Commissione ha svolto su questo decreto-legge sono migliorativi del testo”, il senatore ha sostenuto che “con il testo previgente l’Italia avrebbe potuto avere più cittadini all'estero che cittadini residenti in Italia, perché, secondo le stime, i potenziali cittadini all'estero sono 60 milioni”. Ci sono “uffici comunali intasati e ambasciate intasate” e “il problema non è organizzativo, come ho sentito dire, ma di democrazia”: per Lisei “avere milioni e milioni di italiani all'estero che partecipano al quorum anche delle elezioni nelle quali c'è un quorum presenta evidentemente il rischio di un vulnus democratico”. Dunque “i presupposti di urgenza sono evidentemente quelli di porre fine non a un diritto, ma all'abuso di chi usa quel diritto per farsi i fatti propri. Noi vogliamo gli ambasciatori italiani all'estero, ma non vogliamo gli scrocconi all'estero, ossia quelli che prendono la cittadinanza per il proprio comodo, per andarsene in giro, ma che non hanno manifestato mai negli anni alcun legame con l'Italia. Diciamolo che sono tanti. Vogliamo porre fine anche a tutto quel sistema di truffe che è nato attorno alle cittadinanze: questo è il cuore del provvedimento che ha emanato il Governo”.
“Nessuno – ha sottolineato – vuole negare il diritto di essere cittadino italiano a chi ama la nostra Patria, a chi ama la nostra Nazione, a chi ha legami con il nostro territorio, a chi va all'estero con il grembiule "I love Barilla", come diceva il senatore Giacobbe. A quelle persone noi siamo grati, perché ovviamente all'estero promuovono il made in Italy e promuovono l'Italia. È altrettanto chiaro che ogni diritto deve essere esercitato all'interno di un contesto normativo, e il contesto normativo precedente non era sostenibile per la nostra democrazia. Gli emendamenti che abbiamo approvato vanno nella direzione di premiare il legame con il territorio. La modifica riguardante il nato in Italia e l'essere esclusivamente cittadino italiano va in questa direzione. Mentre la nascita è un fatto accidentale nella vita (posso essere all'estero per motivi di lavoro e mio figlio nasce all'estero), l'aver scelto di avere esclusivamente la cittadinanza italiana è evidentemente una scelta che premia l'attaccamento all'Italia”.
“Nella stessa direzione vanno anche gli altri emendamenti”, ha aggiunto il relatore. “Qui ho sentito ribadire dei problemi che erano in realtà presenti nel testo previgente, ovvero la possibilità di non riconoscere un fratello, ossia che un fratello non avesse la cittadinanza mentre l'altro fratello l'avesse. Un emendamento su questo è intervenuto in maniera molto precisa concedendo la possibilità e un termine di un anno per chiedere il riconoscimento e riaprendo per quelli già nati il termine fino al 31 maggio 2026. Questo proprio per cercare, evidentemente, di sanare situazioni di difformità che tutta la Commissione e anche lo stesso Governo hanno ritenuto non fosse giusto perpetrare”.
Il decreto “è stato corretto in maniera molto puntuale dalla Commissione e tutti gli emendamenti sono stati apprezzati. Comprendo, poi, che qualcuno abbia o avesse la volontà di spostare probabilmente un po' in là il limite e di allargare ulteriormente le maglie, ma, come è stato anticipato, vi saranno ulteriori interventi normativi che andranno a ritagliare e a cucire meglio l'abito della cittadinanza, definendo meglio il diritto di ricevere la cittadinanza per coloro che lo richiedano”. “Credo – ha concluso – che tutti i membri della Commissione abbiano svolto un ottimo lavoro e che il testo che oggi sarà approvato dall'Assemblea sia molto migliorato e che questo sia il frutto di una leale collaborazione istituzionale”.
Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Siracusano ha riconosciuto che “su questo tema ci sono sensibilità diverse”, evidenziando poi che “questo testo non è un contenimento, non è una restrizione di diritti acquisiti, ma è in realtà un rafforzamento del vincolo effettivo di appartenenza all'Italia. Si tratta, quindi, di un testo coraggioso, perché interviene dopo trent'anni sulla cittadinanza, mirando a rafforzare il legame con l'Italia e, al di là delle diverse sensibilità, credo che su questo tutti dobbiamo convergere, perché è chiaro che la cittadinanza deve essere un legame profondo voluto e non può essere utilizzata strumentalmente per scopi che sono diversi da quelli che tutti noi qui vogliamo raggiungere”. (aise)