Cittadinanza/ Menia (FdI): l'italianità non è un passaporto

ROMA\ aise\ - “L'italianità non è soltanto sangue”, “non è un concetto così materiale, così biologico, ma è un'altra cosa. È un concetto spirituale, è una concessione spirituale, quella dell'italianità, che si riversa anche sulla cittadinanza. Sono i valori che afferma e il contenuto quasi metafisico, l'identità, la condivisione della storia, della cultura, dei valori. La cittadinanza è soprattutto ed anche non solo diritti reclamati, ma doveri”. Parole del senatore Roberto Menia (FdI) che oggi nell’Aula del Senato ha confermato il voto convinto del suo gruppo al decreto-cittadinanza approvato in prima lettura. Ricordate le sue tante missioni all’estero – “conosco questo mondo, ne conosco le luci e le ombre” – e citato Mirko Tremaglia - “patrimonio della destra italiana” - , Menia ha parlato della sua “concezione quasi sacrale della cittadinanza” che “non può essere solo sangue né può essere solo suolo”. La cittadinanza “è spirito prima di tutto, è cultura, appartenenza e identità; non è né sangue né suolo; è parte di questo e di quello per quanto è possibile”.
La cittadinanza “non è un fatto solo burocratico: l'italianità non è un passaporto. Il passaporto italiano è molto ambito in questo mondo. Con il passaporto italiano entri negli Stati Uniti, dove molti non possono accedere. Con il passaporto italiano sei cittadino europeo e puoi girare tutta l'Europa. Entri con quel passaporto e poi in Italia non ci vieni magari, perché si scelgono di solito altre mete, però si usa quel passaporto”.
Queste sono le “ombre” per Menia: “ci sono molti italiani, gente con cittadinanza italiana, che non illustrano l'Italia. C'è la corsa al passaporto: pensate che solo negli ultimi tre anni abbiamo riconosciuto più di 2 milioni di cittadinanze e che attualmente abbiamo 7,2 milioni di italiani iscritti all'AIRE. Ci sono agenzie che si gonfiano di milioni in un traffico milionario disgustoso sulle cittadinanze italiane vendute a 5.000-10.000 euro. Addirittura c'è la vendita all'asta degli antenati; andata a fare le ricerche e ve le trovano. Ci sono cittadinanze reclamate per via di sangue portando un avo, vero, presunto o falso, andato nel 1870 in Brasile o in altre aree, di sei generazioni addietro. Poi ci sono le false residenze in Italia, i funzionari collusi, i vigili urbani comprati, i tribunali intasati di ricorsi per la cittadinanza, il contenzioso continuo, i Comuni intasati. Tutto questo succede”.
In base alla legge 91/92, ha aggiunto Menia, “con l'interpretazione che fino ad oggi abbiamo dato della ininterrotta trasmissione iure sanguinis della cittadinanza, oggi abbiamo 54 milioni di italiani in Italia e potenzialmente 80 milioni di italiani fuori dall'Italia”. Per questo “bisognava intervenire” anche perché “esistono decine di migliaia di bengalesi registrati a Londra, tutti con cittadinanza italiana” e “pachistane che stanno figliando attualmente in Pakistan creando cittadini italiani”. C’è poi il problema “di quelli che avranno tre, quattro, cinque, sei cittadinanze”. A quale di esse “faranno fede? Cosa farai, in un mondo in guerra, quando domani, per esempio, ti troverai con la tua coscienza a decidere da che parte stare?”.
“A chi dice che bisogna tutelare l'italianità nel mondo, rispondiamo che la tutela dell'italianità non è un passaporto regalato e lo dico anche a chi oggi ci fa votare su un referendum con il quale vorrebbe dimezzare il tempo richiesto per poter diventare cittadino italiano. Per non parlare dello ius soli”, ha aggiunto.
Menia ha quindi ricordato di aver presentato un emendamento, votato dalla 1ª Commissione, che “legava il riconoscimento della cittadinanza anche alla conoscenza della lingua. Rivolgo un invito al Governo. Visto che dopo questo decreto discuteremo e voteremo il disegno di legge ampio sulla cittadinanza, chiedo di immaginare di rendere costitutivo l'elemento della conoscenza della lingua come connessione all'identità e alla cittadinanza italiana. Come ci insegnava Gioberti, “si ricordino tutti, cui cale della Patria comune, che, secondo l'esperienza, la morte delle lingue è quella delle nazioni”. Tu sei cittadino se sei figlio di una Nazione, se non parli quella lingua – ha concluso – è difficile che tu possa essere cittadino”. (aise)