I “Capolavori della Galleria Borghese” al Museo Jacquemart-André di Parigi

PARIGI\ aise\ - Dopo oltre un anno di intenso lavoro, si è aperta il 3 settembre al Museo Jacquemart-André di Parigi “Capolavori della Galleria Borghese”, mostra che sino al 5 gennaio 2025 presenterà una quarantina di capolavori provenienti dalla celebre Galleria Borghese di Roma.
Questa eccezionale partnership tra le due istituzioni museali offre al pubblico un'opportunità unica di ammirare a Parigi un insieme di importanti opere di famosi artisti del Rinascimento e del periodo barocco raramente prestate all'estero, da Caravaggio a Rubens, da Raffaello a Tiziano e Botticelli, ma anche Veronese, Antonello da Messina e Bernini.
La Villa Borghese Pinciana, che oggi ospita la Galleria Borghese, fu costruita tra il 1607 e il 1616 per ordine del potente cardinale Scipione Borghese (1577-1633), nipote di papa Paolo V (1550-1621). Ispirandosi alle lussuose ville romane, Scipione volle dedicare questo palazzo circondato da giardini all'esposizione delle sue collezioni di opere antiche e di dipinti e sculture moderne, evocando una nuova età dell'oro. Dotato di un gusto sicuro, di una curiosità insaziabile e di una straordinaria capacità di individuare capolavori tra le produzioni del suo tempo, Scipione Borghese completò la sua collezione con tutti i mezzi, legali e non. Si affermò così come uno dei primi e più importanti collezionisti e mecenati della storia dell'arte moderna, facendo di Villa Borghese un vero e proprio museo avant la lettre. Secondo le sue ultime volontà, tutte le sue collezioni e proprietà furono tramandate di generazione in generazione senza disperdersi per quasi duecento anni e gli eredi Borghese continuarono ad arricchire il patrimonio di famiglia. All'inizio del XIX secolo, tuttavia, diverse centinaia di sculture antiche furono donate a Napoleone Bonaparte da suo cognato, il principe Camille Borghese (1775-1832); la loro assenza venne via via colmata da nuove acquisizioni. La famiglia Borghese vendette infine la villa e il relativo museo allo Stato italiano nel 1902. La Galleria Borghese rimane oggi un simbolo della prosperità economica, culturale e artistica di Roma nell'era moderna e come tale una destinazione obbligata per i visitatori del Città Eterna.
Grazie alla partnership tra il Museo Jacquemart-André e la Galleria Borghese, nel contesto di una campagna di lavori di ristrutturazione del museo romano nell’autunno del 2024, questa mostra presenta una selezione di opere eccezionali di questo ensemble artistico unico al mondo. Il pubblico potrà (ri)scoprire le produzioni di grandi nomi dell'arte italiana del XVI e XVII secolo (Raffaello, Antonello da Messina, il Parmigianino, Lorenzo Lotto, Tiziano, Veronese, Caravaggio, Bernini...) e dei pittori nordici persone rimaste in Italia (Rubens, Gerrit von Honthorst...). La mostra renderà omaggio anche a pittori meno noti al grande pubblico, come Annibale Carracci, Guido Reni, il Cavalier d’Arpino e Jacopo Bassano. La presentazione delle opere in mostra fa luce sia sulla storia della collezione sia sul significato dei grandi temi esplorati dagli artisti.
La mostra è accompagnata da un catalogo, opera di riferimento in francese sulla collezione di dipinti della Galleria Borghese.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
Scipione Borghese, cardinale collezionista
Scipione Caffarelli-Borghese (1577-1633) passò alla storia come esempio di grande collezionista e mecenate. Originario di una nobile famiglia senese stabilitasi a Roma nel XVI secolo, Scipione occupò una posizione influente durante i sedici anni del lungo pontificato di Paolo V, suo zio, divenendo cardinale e ricoprendo incarichi amministrativi e diplomatici di rilievo. Investì parte della sua immensa fortuna nella costruzione di palazzi, chiese e monumenti e nella costituzione di una collezione di opere d'arte, consolidando la sua fama e l’immagine della famiglia Borghese.
Questa mostra unica al Museo Jacquemart-André rende omaggio allo spirito libero e intuitivo del cardinale Borghese, presentando in una scenografia audace quei capolavori della collezione che ne riflettono ricchezza e diversità.
Una collezione dinamica e metodi di acquisizione plurali
Inizialmente modesta con poche opere ricevute in eredità, la collezione Scipione Borghese divenne presto una ricca raccolta composta da antichità, dipinti e sculture dei secoli XVI e XVII, grazie anche alla spavalderia del cardinale, disposto a qualunque cosa pur di soddisfare la sua passione per l'arte.
Intorno al 1607 fece le sue prime vere acquisizioni. Quell'anno fu segnato dal sequestro di 105 opere della bottega del Cavalier d'Arpino da parte dei soldati pontifici, in seguito all'arresto del pittore, accusato di aggressione e tasse non pagate. Il cardinale, al quale Paolo V donò subito l'intera collezione, mise così le mani su un grandissimo numero di opere di uno degli artisti più in vista nella Roma dell'epoca, tra cui una Venere incoronata da Cupido e la Cattura di Cristo. Tra i pezzi più famosi compresi in questo sequestro, un dipinto giovanile di Caravaggio, utilizzato dal Cavalier d'Arpino, il Ragazzo con la cesta di frutta, rimane oggi uno dei capolavori assoluti della Collezione Borghese. In più occasioni il cardinale ricorse addirittura a minacce, arrivando persino a imprigionare Domenichino, per costringere gli artisti a regalargli delle opere o a lavorare per lui.
La collezione di Scipione Borghese si arricchì anche grazie alla sua posizione influente, che gli permise di entrare in contatto con altri collezionisti (acquistò dipinti, ad esempio, dalla collezione Sfondrato), con altre grandi famiglie (i suoi legami con i Medici e i loro Emissari romani probabilmente gli permisero di acquisire opere fiorentine) e con gli stessi artisti nel contesto emergente del mercato dell'arte.
Dotato di gusto spregiudicato, Scipione è anche alla ricerca di nuovi talenti e intrattiene rapporti privilegiati con alcuni artisti. È uno dei mecenati romani di Caravaggio, il cui esilio coincise con i primi anni del pontificato di Paolo V, e dei suoi discepoli, i pittori caravaggeschi. Concede il suo favore anche agli artisti stranieri che vivono o soggiornano a Roma.
Bernini nella collezione Borghese
Sapendo essere tanto generoso quanto dispotico, Scipione Borghese prese sotto la sua protezione il giovane Gian Lorenzo Bernini, figlio di uno scultore impegnato nei cantieri pontifici, la cui prima scultura conosciuta, La capra Amalthée, è presentata in mostra a Parigi. Bernini, i cui capolavori ora adornano le sale di Villa Borghese, conobbe una fiorente carriera sotto i pontificati dei successori di Paolo V. Poco prima della morte di Scipione Borghese, onorò il suo ex protettore con una coppia di busti ritratti di grande valore psicologico e finezza artistica. A Parigi è esposto un busto di Papa Gregorio XV modellato dal Bernini: si tratta di un pendente del busto del suo predecessore Paolo V disegnato su commissione di Scipione Borghese. Questo bronzo, che un tempo faceva parte delle collezioni Borghese, è oggi uno dei pezzi forti del Museo Jacquemart-André.
L’esposizione presenta anche un aspetto meno conosciuto della produzione del celebre scultore. L'Autoritratto del Bernini, segnato dall'eredità della tradizione del ritratto fin dal Rinascimento, è infatti una notevole testimonianza del suo talento di pittore.
La collezione Borghese: una collezione romana e universale
Nel 1608 Scipione Borghese sponsorizzò il furto notturno e la traslazione a Roma della Deposizione dipinta da Raffaello per la cappella Baglioni di Perugia. Questa spettacolare cattura illustra il forte interesse del cardinale per l'arte rinascimentale italiana, particolarmente ben rappresentata nella collezione Borghese, così come la pittura veneziana. È a queste due scuole che questa parte della mostra rende omaggio, nello spirito delle acquisizioni portate avanti da Scipione Borghese che unisce i maestri veneziani (Veronese, Jacopo Bassano) e l'arte fiorentina (Botticelli, Raffaello).
L'approccio sensibile e intuitivo di Scipione Borghese testimonia l'evoluzione delle preferenze artistiche all'inizio del XVII secolo e la sua collezione è, come tale, un luogo di sperimentazione. Il cardinale si libera da ogni teoria dogmatica o programma prestabilito nella scelta delle sue opere: la sua galleria celebrerà il potere della famiglia Borghese e metterà in risalto le collezioni che la precedono, come quella di Pietro Aldobrandini. L'antichità si mescola con la pittura rinascimentale, la pittura e la scultura contemporanea. Questa filosofia fa di Scipione Borghese l'incarnazione del concetto moderno del collezionista del periodo barocco, che unisce la grandiosità dell'antichità con la contemporaneità e che privilegia il piacere individuale e la libertà di selezionare e combinare le opere secondo i propri gusti. La moda dei grandi cicli decorativi del Rinascimento lasciò il posto a quella della “galleria di quadri mobili”, la raccolta di dipinti da cavalletto, che potevano essere spostati da una residenza all'altra a seconda dei nuovi sviluppi.
Con metodi più o meno legali, il cardinale acquistò durante la sua vita diverse centinaia di opere d'arte, che distribuì nelle varie residenze. Secondo le sue ultime volontà, dopo la sua morte avvenuta nel 1633, la collezione Borghese passò alle generazioni successive senza essere dispersa. Nel corso dei decenni nuove opere e oggetti decorativi si aggiunsero al patrimonio familiare. La Dama con il liocorno di Raffaello, pezzo iconico della collezione Borghese, vi entrò probabilmente per eredità nella seconda metà del XVII secolo. Le opere presenti in questa sala, raramente presentate insieme, testimoniano la lunga storia della collezione, che ha continuato a crescere nel corso delle generazioni.
Il magico Rinascimento del nord Italia
Questa sala riunisce soggetti che evocano i miti fondatori della moderna cultura occidentale, con personaggi della mitologia greco-romana e dell’Antico Testamento. Scipione Borghese privilegia la qualità artistica rispetto alla complessità simbolica, ricercando opere che affascinano il cuore piuttosto che l'intelletto. I soggetti che predilige sono vari e spesso ambigui, all'interno della stessa opera possono sovrapporsi interpretazioni religiose, mitologiche e profane, come con la Sibilla di Domenichino. La collezione Borghese partecipa così allo sviluppo di temi artistici innovativi come la pittura di genere o il paesaggio. Questi criteri portano naturalmente Scipione verso i grandi nomi della pittura veneziana del Cinquecento, che godevano di grande considerazione a Roma, sia per le loro scelte iconografiche ardite sia per l'uso sensuale del colore. Nel 1608 Scipione Borghese acquistò dipinti di Dosso Dossi dalla collezione del duca di Ferrara con l'aiuto di un suo intermediario. Le opere dell'artista estense, come l'Allegoria mitologica qui presentata, caratterizzate dall'atmosfera onirica e dagli arditi contrasti cromatici, si ispirano all'arte di Giorgione e Tiziano. Il gusto del cardinale, come quello di papa Paolo V, era anche verso i pittori della scuola bolognese, in particolare gli ex allievi dell'Accademia degli Incamminati formata dai fratelli Carracci, come Domenico e Guido Reni, due giovani pittori in piena ascesa al inizio del XVII secolo.
Galleria dei ritratti
La galleria di ritratti presentata in questa sala sottolinea l'importanza dell'arte rinascimentale nella collezione Borghese, con capolavori di Antonello da Messina, Lorenzo Lotto e Parmigianino acquisiti in tempi diversi. Influenzati dalle innovazioni artistiche del Nord, i pittori italiani del Quattrocento e del Cinquecento hanno contribuito allo sviluppo del ritratto moderno, che cerca di tradurre la personalità e l'individualità del modello e non solo il loro status sociale.
Scipione Borghese: un cardinale soprattutto esteta
Durante il pontificato di Paolo V, il panorama artistico romano era in piena trasformazione per la moltiplicazione di nuove chiese e cappelle costruite nello spirito della Controriforma cattolica, esaltato dalla moltiplicazione delle congregazioni religiose e da un rinnovamento spirituale e artistico. I luoghi di culto vengono eretti e decorati in uno stile grandioso e magniloquente, tanto da impressionare i fedeli. I cantieri, molti dei quali finanziati dal governo pontificio, attirano a Roma molti architetti, pittori e scultori in cerca di opportunità. Ma l’arte sacra non adorna solo le pareti delle chiese. Collezionisti come Scipione Borghese prelevano dipinti religiosi dai luoghi consacrati per mescolarli con altri soggetti nei loro interni secolarizzati. Tra gli individui, i dipinti religiosi non sono più apprezzati solo nell'ambito di pratiche spirituali, ma soprattutto per il loro valore artistico intrinseco, le loro qualità estetiche e stilistiche.
Questa sala raccoglie una selezione di arte sacra della collezione Borghese, tra cui Andrea del Sarto, Giulio Romano, il Cavalier d'Arpino e Jacopo Bassano, e culmina con la Vergine col Bambino e Sant'Ignazio di Antiochia e Sant'Onofrio, grande capolavoro del pittore veneziano.
Splendori di Villa Borghese
Grazie al nepotismo che caratterizzò il pontificato di Paolo V, la famiglia Borghese divenne presto proprietaria di numerose terre e lussuose residenze, prima fra tutte l'imponente Palazzo Borghese in Campo Marzio, a Roma, vera vetrina del successo familiare. Ma tra tutte le residenze Borghese, quella che meglio riflette la personalità e lo stile di vita di Scipione è Villa Borghese. Questa lussuosa villa fu costruita tra il 1607 e il 1616 su un terreno di famiglia, sul colle Pincio. Il cardinale ne affidò la costruzione all'architetto prediletto dal papa, Flaminio Ponzio. Si distingue da lontano per le sue due torri e la sua facciata luminosa. Le numerose finestre e logge sembrano esprimere l'intimo rapporto tra l'architettura e la natura del parco circostante. Al di là della sua funzione politica e diplomatica – vi vengono organizzati ricevimenti dal cardinale in onore di visitatori prestigiosi – Villa Borghese è stata progettata fin dall'inizio dal proprietario per ospitare la sua collezione in un ambiente che le valorizzasse.
Appena completata la villa, nel 1614, Scipione vi fece trasportare la sua collezione di sculture. Negli anni successivi la casa si riempì di opere. Statue moderne e antiche, dipinti e oggetti decorativi si accostano suscitando interesse, in un misto di ordine e falsa disattenzione che evoca una nuova età dell'oro. Villa Borghese, definita “delizia di Roma”, è quindi un luogo di sperimentazione, un museo avant la lettre, dove visitatori e artisti possono venire ad ammirare gli splendori della Roma antica e della Roma moderna. Una celebre veduta dipinta nel 1636 dal miniaturista alsaziano Johann Wilhelm Baur testimonia il fermento attorno alla villa nel XVII secolo, al centro di una folla composta da locali e stranieri.
A fine Settecento, sotto Marcantonio IV Borghese (1730-1800), la villa subì un completo ammodernamento in gusto neoclassico. L'interno fu ristrutturato e ridecorato con stucchi, mosaici, marmi policromi e affreschi realizzati da rinomati artisti dell'epoca, come Mariano Rossi, che ancora oggi costituiscono sostanzialmente l'aspetto della Galleria Borghese.
Un Barocco dalla natura: il corpo e le sue drammatiche trasformazioni
Mentre nei decenni precedenti l'arte romana era dominata dall'austero funzionalismo, il pontificato Borghese fu caratterizzato da un rinnovato interesse per l'espressione delle emozioni, dai ricchi effetti di consistenza e colore e dalla rappresentazione realistica del corpo umano. Questa tendenza, già evidente nella produzione di Caravaggio e Annibale Carracci, due precursori dell'inizio del XVII secolo, si contrappone al manierismo accademico dominante alla fine del XVI secolo. Scipione Borghese è particolarmente disposto a incoraggiare la fantasia barocca che si diletta nel rappresentare e suscitare emozioni.
Il pittore fiammingo Rubens, al quale Scipione Borghese concesse la sua protezione durante il suo secondo soggiorno romano nel 1606-1607, durante il quale dipinse Susanna e i vecchi, presentati a Parigi, fornisce un notevole esempio di questa nuova pittura barocca, che attinge alle fonti della statuaria antica e del colorismo veneziano per introdurre più emozioni nell'arte. La violenza dell'epoca incontra una forma di catarsi nella rappresentazione dei corpi sofferenti degli eroi della storia religiosa. Gli artisti stessi potrebbero essere attori di questa violenza, come Caravaggio, noto per il suo temperamento rissoso: provocò prontamente i colleghi, al punto da spingere Giovanni Baglione, che tuttavia lo ammirava, a intentare due querele. L'opera del pittore romano è qui rappresentata da due capolavori, una drammatica rappresentazione di Giuditta e Oloferne e un Ecce Homo carico di pathos.
Amore ed Eros
L'ultima sezione della mostra, che riunisce dipinti di scuola toscana, manierista e veneta, ricorda la “Stanza delle Veneri”, un gruppo di opere raccolte al piano superiore di Villa Borghese che presentano dee in pose lascive e soggetti con connotazioni erotiche più o meno meno velate. L'evoluzione del gusto dell'epoca di Scipione Borghese, improntato al desiderio di aprirsi a ogni tipo di esperienza, prediligeva infatti soggetti laici e di carattere più frivolo. Il nudo femminile è sempre più presente nelle collezioni, incoraggiato dalla riscoperta di statue antiche nei siti archeologici. Le rappresentazioni di Venere, Leda, Lucrezia e Susanna, o anche delle donne contemporanee degli artisti, si tingono di uno sguardo impudico, spaziando dall'inflessione moralizzante di Michele del Ghirlandaio alla postura sensuale della Fornarina di Raffaello e al tono dichiaratamente erotico della Fornarina di Zucchi. La mostra si chiude con un capolavoro di Tiziano che raramente ha lasciato le sale di Villa Borghese, Venere che benda l'Amore. (aise)