Leone: l’umiltà è la libertà da sé stessi

ROMA\ aise\ - È “importante” vederci con lo sguardo di Gesù: “ripensare a come spesso riduciamo la vita a una gara, a come diventiamo scomposti per ottenere qualche riconoscimento, a come ci paragoniamo inutilmente gli uni agli altri”. Così Papa Leone XIV che prima dell’Angelus recitato ieri insieme ai fedeli riuniti a San Pietro, ha richiamato la pagina del Vangelo di Luca su Gesù invitato a pranzo da un capo dei farisei e sul suo “gli ultimi saranno i primi”.
“Stare a tavola insieme, specialmente nei giorni di riposo e di festa, è un segno di pace e di comunione, in ogni cultura”, la riflessione del Papa. “Avere ospiti allarga lo spazio del cuore e farsi ospiti chiede l’umiltà di entrare nel mondo altrui. Una cultura dell’incontro si nutre di questi gesti che avvicinano”. Ma, ha aggiunto Leone, “incontrarsi non è sempre facile”. L’Evangelista – ha spiegato – “nota che i commensali “stavano a osservare” Gesù, e in genere Lui era guardato con un certo sospetto dai più rigorosi interpreti della tradizione. Ciò nonostante, l’incontro avviene, perché Gesù si fa realmente vicino, non rimane esterno alla situazione. Egli si fa ospite davvero, con rispetto e autenticità. Rinuncia a quelle buone maniere che sono soltanto formalità per evitare di coinvolgersi reciprocamente. Così, nel suo stile proprio, con una parabola, descrive ciò che vede e invita chi lo osserva a pensare. Ha infatti notato che c’è una corsa a prendere i primi posti. Questo succede anche oggi, non in famiglia, ma nelle occasioni in cui conta “farsi notare”; allora lo stare insieme si trasforma in una competizione”.
“Sederci insieme alla mensa eucaristica, nel giorno del Signore, significa anche per noi lasciare a Gesù la parola. Egli – ha aggiunto – si fa volentieri nostro ospite e può descriverci come Lui ci vede. È tanto importante vederci con il suo sguardo: ripensare a come spesso riduciamo la vita a una gara, a come diventiamo scomposti per ottenere qualche riconoscimento, a come ci paragoniamo inutilmente gli uni agli altri. Fermarci a riflettere, lasciarci scuotere da una Parola che mette in discussione le priorità che ci occupano il cuore: è un’esperienza di libertà. Gesù ci chiama alla libertà”.
“Nel Vangelo – ha sottolineato – usa la parola “umiltà” per descrivere la forma compiuta della libertà. L’umiltà, infatti, è la libertà da sé stessi. Essa nasce quando il Regno di Dio e la sua giustizia hanno veramente preso il nostro interesse e ci possiamo permettere di guardare lontano: non la punta dei nostri piedi, ma lontano! Chi si esalta, in genere, sembra non avere trovato niente di più interessante di sé stesso, e in fondo è ben poco sicuro di sé stesso”. Al contrario, “chi ha compreso di essere tanto prezioso agli occhi di Dio, chi sente profondamente di essere figlio o figlia di Dio, ha cose più grandi di cui esaltarsi e ha una dignità che brilla da sé stessa. Essa viene in primo piano, sta al primo posto, senza sforzo e senza strategie, quando invece di servirci delle situazioni impariamo a servire”.
“Chiediamo oggi che la Chiesa sia per tutti una palestra di umiltà, cioè quella casa in cui si è sempre benvenuti, dove i posti non vanno conquistati, dove Gesù può ancora prendere la parola ed educarci alla sua umiltà, alla sua libertà. Maria, che ora preghiamo, di questa casa è veramente la Madre”, ha concluso il Papa che, dopo l’Angelus, è tornato a chiedere la pace per l’Ucraina.
“Purtroppo, la guerra in Ucraina continua a seminare morte e distruzione. Anche in questi giorni i bombardamenti hanno colpito diverse città, compresa la capitale Kyiv, causando numerose vittime. Rinnovo la mia vicinanza al popolo ucraino e a tutte le famiglie ferite. Invito tutti – l’appello di Leone XIV – a non cedere all’indifferenza, ma a farsi prossimi con la preghiera e con gesti concreti di carità. Ribadisco con forza il mio pressante appello per un cessate il fuoco immediato e per un serio impegno nel dialogo. È tempo che i responsabili rinuncino alla logica delle armi e imbocchino la via del negoziato e della pace, con il sostegno della comunità internazionale. La voce delle armi deve tacere, mentre deve alzarsi la voce della fraternità e della giustizia”.
Il Papa ha ricordato anche i migranti morti a largo delle Canarie: “i nostri cuori sono feriti anche per le più di cinquanta persone morte e circa cento ancora disperse nel naufragio di un’imbarcazione carica di migranti che tentavano il viaggio di 1100 chilometri verso le Isole Canarie, rovesciatasi presso la costa atlantica della Mauritania. Questa tragedia mortale si ripete ogni giorno ovunque nel mondo. Preghiamo perché il Signore ci insegni, come singoli e come società, a mettere in pratica pienamente la sua parola: “Ero straniero e mi avete accolto””.
Infine, il Santo Padre ha ricordato la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato che si celebra oggi, 1 settembre.
“Dieci anni fa Papa Francesco, in sintonia con il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, istituì per la Chiesa cattolica tale Giornata. Essa – ha evidenziato – è più che mai importante e urgente e quest’anno ha per tema “Semi di pace e di speranza”. Uniti a tutti i cristiani la celebriamo e la prolunghiamo nel “Tempo del Creato” fino al 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi. Nello spirito del Cantico di frate sole, da lui composto 800 anni fa, lodiamo Dio e rinnoviamo l’impegno a non rovinare il suo dono ma a prenderci cura della nostra casa comune”. (aise)