Non è una cittadinanza per giovani

ROMA\ aise\ - L’Italia è a un bivio cruciale: il referendum dell’8-9 giugno 2025, che propone di ridurre da 10 a 5 anni il tempo di residenza continuativa necessario a ottenere la cittadinanza italiana per naturalizzazione, rappresenta il primo passo verso un’inclusione più equa e strutturale, ma non è sufficiente. La vera sfida è garantire ai figli degli immigrati nati e/o cresciuti nel nostro Paese un riconoscimento giuridico e identitario che rispecchi la loro già vitale partecipazione alla vita collettiva nazionale. Queste le conclusioni evidenziate in “Orizzonti condivisi. L’Italia dei giovani immigrati e con background migratorio”, la ricerca promossa dall’Istituto “S. Pio V” e realizzata dal Centro Studi e Ricerche IDOS presentata oggi a Roma.
Lo studio analizza l’inclusione sociale dei minori stranieri in Italia, con particolare attenzione alle nuove generazioni nate nel Paese ma senza cittadinanza.
Secondo l’Istat, all’inizio del 2024 oltre 1,9 milioni di residenti italiani hanno un background migratorio (1 ogni 30 abitanti in Italia) e 1,3 milioni di minorenni sono di origine straniera (il 13% di tutti i minori residenti nel Paese), dei quali più di un milione non ha ancora la cittadinanza italiana, pur essendo nati in Italia o essendovi arrivati in tenerissima età. Nelle scuole della Penisola, due alunni stranieri su tre vi sono nati, ma restano esclusi dai pieni diritti di cittadinanza. Questo dato dimostra chiaramente l’inadeguatezza dell’attuale normativa, che non riconosce l’effettiva appartenenza di questi giovani alla società italiana.
I DATI
Al 31 dicembre 2023, in Italia risiedono 1.030.417 minori stranieri, pari all’11,4% del totale dei minori, di cui circa tre quarti nati nel Paese. Nello stesso anno, si registrano 70.459 nuove iscrizioni anagrafiche di minori stranieri, a fronte di 5.016 cancellazioni per trasferimento all’estero.
Nonostante il loro peso numerico, l’inserimento dei minori stranieri continua a essere una sfida, aggravata dalle difficoltà economiche che li espongono a un alto rischio di esclusione sociale. Nel 2023, il 30,4% delle famiglie straniere vive in povertà assoluta, rispetto al 6,3% delle italiane. La povertà infantile non si limita a ridurre le opportunità, ma influisce negativamente sullo sviluppo e sul futuro delle nuove generazioni.
La presenza dei minori si concentra nel Nord, con Lombardia (259mila), Emilia-Romagna (113mila) e Veneto (105mila) a costituire le regioni più interessate, e nel Centro, con il Lazio (116mila). Milano (98mila) e Roma (92mila) sono le province con il maggior numero di minori stranieri. Sul medio periodo, mentre la popolazione minorile straniera registra, per effetto delle naturalizzazioni, un lieve calo a livello complessivo (-6,5% dal 2013), il Sud (+21,2%) e le Isole (+13,5%) si pongono in controtendenza. La metà proviene da Paesi europei e le collettività più numerose sono la romena (242mila), marocchina (112mila), albanese (107mila), cinese (79mila) ed egiziana (54mila). L’instabilità geopolitica ha favorito l’aumento di collettività come quella ucraina (42mila) e nigeriana (37mila).
NASCERE, CRESCERE, RICONGIUNGERSI
Negli ultimi 18 anni sono nati in Italia 1.220.231 bambini da genitori entrambi stranieri, di cui 51.447 solo nel 2023. Nello stesso anno, i nati con un genitore italiano e l’altro straniero sono 29.495, con una prevalenza di padri italiani (20.084) e madri straniere. I nomi scelti per i nuovi nati riflettono le diverse origini culturali. Tra i maschi prevalgono Adam, Ryan, Amir, accanto a nomi italiani come Matteo e Leonardo. Per le femmine, Sofia è il nome più diffuso, seguito da Sara e Amira.
I bambini nati in Italia da genitori entrambi stranieri restano legalmente stranieri alla nascita e ricevono un permesso di soggiorno per motivi familiari, potendo richiedere la cittadinanza solo a 18 anni e a precise condizioni. Diversamente, i figli di coppie miste acquisiscono automaticamente la cittadinanza italiana alla nascita se uno dei genitori è italiano.
Il processo del ricongiungimento familiare dei minori avviene attraverso strategie diverse, influenzate da fattori come genere, età, ceto sociale, Paese d’origine e anzianità migratoria dei genitori.
Restringendo lo sguardo sui soli non comunitari, nel 2023 sono 701.768 i minori titolari di permesso di soggiorno, di cui l’87,8% per ricongiungimento familiare, segno di una crescente stabilizzazione delle famiglie migranti. I permessi rilasciati per la prima volta a minori sono 84.002, di cui il 78,7% legato a nuovi ingressi o a nascite avvenute in Italia.
Tuttavia, le norme vigenti spesso rendono il percorso di ricongiungimento complesso e lungo, comportando serie ripercussioni sulle relazioni familiari a causa della distanza prolungata dai genitori. Se da un lato il ricongiungimento offre opportunità, dall’altro presenta sfide: l’inserimento scolastico, l’adattamento alle nuove dinamiche familiari e il possibile declassamento economico rispetto al Paese d’origine. Le famiglie transnazionali, caratterizzate dalla separazione geografica dei loro membri, mantengono legami a distanza grazie ai progressi nelle comunicazioni e nei trasporti. Questo fenomeno ridefinisce i ruoli di genere e le pratiche di cura. Molte madri migranti lavorano in Italia nel settore domestico, mentre i figli restano affidati a caregiver nel Paese d’origine (nonne, zie, ecc.).
Per i minori rimasti in patria, il distacco può causare spaesamento e difficoltà relazionali. La qualità della cura familiare dipende dalla stabilità del contesto familiare e dalla possibilità di mantenere un legame affettivo con i genitori migranti. Le separazioni prolungate possono generare distanze emotive, rendendo i ricongiungimenti momenti problematici e complessi. Per garantire un ricongiungimento efficace, è fondamentale offrire ai minori un’adeguata preparazione e supporto, sia prima della partenza che dopo l’arrivo in Italia.
MINORI SOLI TRA TRAVERSATE MORTALI E DIRITTI SOSPESI
I minori stranieri non accompagnati (Msna) rappresentano uno dei gruppi più vulnerabili tra i minori migranti, essendo privi di tutela genitoriale e particolarmente esposti a rischi di sfruttamento e marginalizzazione.
A partire dal 2008, con l’intensificarsi degli sbarchi nel Mediterraneo, la presenza di Msna, soprattutto africani e asiatici, è aumentata fino a raggiungere il picco nel 2016 con 25.846 minori soli (91,5% dei minori sbarcati). Dopo un calo dovuto alla chiusura della rotta libica nel 2017, gli arrivi sono tornati a crescere dal 2020, con 18.820 Msna nel 2023 e 8.043 nel 2024. Un fattore eccezionale di incremento nel 2022 è stato il conflitto in Ucraina, che ha determinato l’arrivo in Italia di alcune migliaia di Msna. Alla fine del 2023, sono stati registrati 1.657 Msna ucraini, tra cui molte bambine e ragazze.
Tra il 2014 e il 2024 almeno 1.331 hanno perso la vita durante la traversata del Mediterraneo, riferisce il progetto “Missing Migrants” di Iom. Due elementi costanti caratterizzano il fenomeno: la netta prevalenza maschile (sempre oltre il 90% fino al 2021) e l’età avanzata (in media 17 anni), che rende difficile il loro inserimento una volta diventati maggiorenni.
A fine 2024, i principali Paesi di provenienza dei Msna accolti in Italia sono, nell’ordine, Egitto, Ucraina, Gambia, Tunisia, Guinea, Costa d’Avorio e Albania, che, sommati, coprono oltre i tre quarti delle presenze (76,5%). Nonostante la Legge Zampa (47/2017) abbia introdotto tutele specifiche, il sistema di protezione e di accoglienza dei Msna resta frammentato e insufficiente.
I permessi di soggiorno rilasciati ai Msna sono aumentati, passando da 8.139 nel 2014 a 15.616 nel 2023. Tuttavia, l’accesso alla protezione internazionale per i Msna rimane fortemente limitato: nel 2023 solo il 10% di essi ha presentato domanda di asilo, pari a 2.205 minori, un dato ostacolato dalla scarsa informazione e dall’inadeguato supporto legale. La maggior parte dei Msna ottiene un permesso di soggiorno per minore età, ma la conversione al compimento della maggiore età – strettamente collegata ai percorsi di integrazione seguiti – riguarda una piccola parte dei neomaggiorenni. Secondo le stime di Save the Children, nel 2023 sono appena 1.500 i permessi convertiti. La restante parte di neomaggiorenni si ritrova, invece, in una condizione di irregolarità.
La presenza nei centri di accoglienza è triplicata tra il 2013 e il 2017, per poi oscillare: 23.226 minori nel 2023, scesi a 18.625 nel 2024. Tuttavia, circa un terzo dei Msna abbandona le strutture, anche per raggiungere altri Paesi europei, con il rischio di cadere in reti di sfruttamento.
Il percorso di accoglienza si divide in prima accoglienza (strutture governative dedicate) e seconda accoglienza (Sistema di accoglienza e integrazione - Sai), ma i posti disponibili sono nettamente inferiori al fabbisogno. Nel 2023, su 23.226 minori accolti, solo 6.027 sono ospitati nel Sai e 750 nei centri Fami (dove altri 250 posti sono in attivazione), mentre il resto si trova in strutture provvisorie. L’affido familiare, considerato prioritario dalla legge, è poco utilizzato: tra il 2017 e il 2021 ha coinvolto appena il 4% dei Msna, salendo al 20% nel 2022-2023 grazie alla mobilitazione delle comunità ucraine.
LE SFIDE DELL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA
Nell’Anno scolastico 2022/2023 gli studenti stranieri nelle scuole italiane erano 914.860, pari all’11,2% del totale. Nonostante il numero complessivo di studenti sia diminuito dell’8,8% negli ultimi dieci anni, quelli stranieri sono aumentati del 16,3%, con un incremento del 61,2% per quelli nati in Italia. Questi ultimi sono 598.745 e rappresentano il 65,4% degli studenti di cittadinanza non italiana, con una presenza maggiore nella scuola dell’infanzia (81%) e primaria (69,1%). Oltre un terzo degli studenti di cittadinanza straniera frequenta la scuola primaria (330.143, il 36,1% del rispettivo totale), un quarto la secondaria di II grado (227.697, 24,9%), poco più di un quinto quella di I grado (195.782, 21,4%) e il restante 17,6% la scuola dell’infanzia (161.238)
Complessivamente, l’Europa è il continente più rappresentato tra gli studenti stranieri (44,4%), seguito da Africa (27,2%), Asia (20,3%) e America (8%), con il maggiore incremento annuale registrato tra gli studenti latinoamericani (+7,5%). La maggior parte degli studenti stranieri proviene da Romania, Albania, Marocco, Cina e Ucraina. Gli studenti ucraini arrivati a seguito dell’invasione russa sono sottorappresentati perché molti preferiscono l’istruzione online nella loro lingua madre.
L’incremento annuo più elevato lo hanno registrato, però, gli alunni stranieri neo-iscritti, che dai 19.214 del precedente anno sono saliti a 23.376 nel 2022/2023, registrando una crescita del 21,7%. Questi sono per lo più inseriti nelle scuole secondarie (74,5%), dove le difficoltà linguistiche e di integrazione sono maggiori. La scuola svolge un ruolo cruciale nell’aiutare questi studenti, prevenendo ritardi e ostacoli nell’apprendimento, al fine di favorire un inserimento educativo efficace.
LE NUOVE GENERAZIONI NATE IN ITALIA TRA ESCLUSIONE NORMATIVA E PROTAGONISMO SOCIALE
Uno degli aspetti più critici è, tuttavia, la condizione di incertezza giuridica e identitaria dei figli di immigrati nati in Italia, che evidenzia l’urgenza di una riforma normativa. In questo contesto, il referendum dell’8-9 giugno 2025, che propone di ridurre da 10 a 5 anni il requisito di residenza per la cittadinanza italiana, rappresenta solo un primo passo verso un’inclusione più strutturata. Per un reale cambiamento, servono politiche mirate e una governance multilivello.
Secondo le stime dell’Istat, all’inizio del 2024 erano oltre 1,9 milioni i residenti italiani con background migratorio, ovvero 1 italiano ogni 30, di cui l’85% (ovvero più di 1,6 milioni) di origine non Ue. In particolare, i minorenni di origine straniera sono circa 1,3 milioni (il 13% di tutti gli infra18enni in Italia), dei quali oltre 1 milione ha (ancora) la cittadinanza straniera.
Negli ultimi cinque anni, nonostante i record di acquisizioni della cittadinanza italiana registrati nel 2022 e nel 2023 (con quasi 214.000 acquisizioni in ciascuno dei due anni), i minorenni che hanno ottenuto la cittadinanza sono stati complessivamente 295.000, con una media di circa 59.000 casi all’anno.
A prescindere dal numero complessivo di acquisizioni di cittadinanza italiana riconosciute (numero che, anche nel medio periodo, non è effettivamente tra i più esigui in Ue), l’attuale normativa penalizza soprattutto i minori e i giovani con background migratorio, moltissimi dei quali restano stranieri anche ben oltre il raggiungimento della maggiore età, nonostante siano nati in Italia o vi siano arrivati in tenera età e vi siano in ogni caso cresciuti con continuità.
Lo dimostra, tra l’altro, l’impressionante incidenza di nati in Italia (2 ogni 3) osservata tra gli alunni di cittadinanza (ancora) straniera iscritti nelle scuole di ogni ordine e grado nell’a.s. 2022/2023.
CITTADINANZA E IDENTITÀ NELLE NUOVE GENERAZIONI
Una recente indagine Istat condotta su un campione di ragazze e ragazzi, italiani e stranieri, tra gli 11 e i 19 anni d’età, che si focalizza in maniera particolare su quelli con background migratorio (Bambini e ragazzi: comportamenti, atteggiamenti e progetti futuri, 2023) rileva che, di essi, il 6% ha una doppia cittadinanza e oltre l’83,3% si sente non solo italiano, ma anche dell’altra nazionalità. In particolare, l’80,3% di quelli stranieri residenti in Italia si sente “anche italiano”, sebbene non lo sia giuridicamente, e la percentuale si alza per quanti, tra loro, sono nati in Italia (85,2%), mentre cala (circa il 62%) tra coloro che vi sono invece giunti dopo gli 11 anni d’età. I romeni conoscono la quota più elevata di chi si sente “anche italiano” (quasi il 90%), mentre i cinesi – complice l’impossibilità giuridica di detenere una doppia cittadinanza – la più bassa (47,1%), cui corrisponde la quota più consistente di quelli che decisamente non vogliono diventare italiani (28%, contro una media generale per gli stranieri del 12%).
E se tra gli italiani la parola “cittadinanza” fa pensare soprattutto a “comunità” (30,1% dei casi), tra gli stranieri questa associazione prevale solo per il 17,4% di loro e viene preferita l’associazione con “diritti” (30,2%, contro il 24,7% tra gli italiani), mentre per entrambi il secondo binomio più quotato è quello “cittadinanza-appartenenza” (29-30%).
Quanto al significato attribuito all’“essere italiano”, il 45,7% degli stranieri indica l’essere “nato in Italia” (contro il 54,0% degli italiani), seguito nell’ordine – per entrambi – dal “rispettare le leggi e le tradizioni italiane”, dall’“avere la cittadinanza italiana”, dal “parlare la lingua italiana” e solo in quinto luogo dal “sentirsi italiano”.
Solo il 57% dei ragazzi stranieri si sente “molto, moltissimo o interamente italiano” (contro il 77,1% degli italiani), mentre il 7,2% di essi si sente italiano “poco, pochissimo o per niente” (tra gli italiani il 3,8%). Non stupisce, quindi, che appena il 45% di tutti questi giovani dica che, da grande, vorrebbe vivere in Italia (41,0% le sole ragazze), a fronte del 34% che vorrebbe vivere all’estero (38,4% tra i soli stranieri, che per un altro 30% vorrebbero vivere in un Paese diverso sia dall’Italia sia da quello d’origine della propria famiglia).
LA LEGGE 91/92
L’attuale legge (n. 91 del 1992) impone un percorso lungo e tortuoso per ottenere la cittadinanza, penalizzando soprattutto i giovani, che possono acquisirla o per naturalizzazione (10 anni di residenza ininterrotta cui se ne aggiungono mediamente altri 3-4 per le pratiche burocratiche), o per elezione ai 18 anni d’età (con una finestra temporale di soli 12 mesi) o per trasmissione dai genitori divenuti italiani. È un sistema più rigido persino della precedente legge del 1912, che già prevedeva la naturalizzazione dopo soli 5 anni di residenza (è esattamente il termine che il prossimo referendum intende reintrodurre).
Ne deriva che il numero di acquisizioni di cittadinanza da parte di minori è sorprendentemente basso rispetto al loro presenza quantitativa nel Paese: nonostante i record registrati nel 2022 e 2023, con quasi 214.000 acquisizioni complessive in Italia per ciascuno dei due anni, nel quinquennio 2019-2023 i minorenni stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza italiana sono stati in totale solo 295.000, per una media di appena 59.000 all’anno, a fronte di oltre 1 milione di loro che risiedono in Italia. Ciò significa che, a prescindere dal numero complessivo di naturalizzazioni, i giovani con background migratorio restano per la maggior parte stranieri anche ben oltre la maggiore età. (aise)