Papa Francesco: non abituiamoci alla guerra

ROMA\ aise\ - Dal Sudan all’Ucraina “non abituiamoci alla guerra”: è l’accorato appello lanciato dal Papa nel corso della recita del Regina Caeli di ieri, domenica 21 maggio, di fronte a fedeli e pellegrini raccolti in piazza San Pietro.
Ieri si è celebrata l’Ascensione del Signore e su di essa si è concentrata la riflessione di Bergoglio. “È una festa che ben conosciamo, ma che può far sorgere alcune domande, almeno due”, ha detto. “La prima: perché festeggiare la partenza di Gesù dalla terra? Sembrerebbe che il suo congedo sia un momento triste, non precisamente qualcosa di cui gioire! Perché festeggiare una partenza? Prima domanda. Seconda domanda: cosa fa Gesù adesso in cielo? Prima domanda: perché festeggiare? Seconda domanda: cosa fa Gesù in cielo?”.
“Perché festeggiamo. Perché”, ha spiegato il Papa, “con l’Ascensione è accaduta una cosa nuova e bellissima: Gesù ha portato la nostra umanità, la nostra carne in cielo – è la prima volta! –, cioè l’ha portata in Dio. Quell’umanità, che aveva preso in terra, non è rimasta qui. Gesù risorto non era uno spirito, no, aveva il suo corpo umano, la carne, le ossa, tutto, e lì, in Dio, sarà per sempre. Possiamo dire che dal giorno dell’Ascensione Dio stesso è “cambiato”: da allora non è più solo spirito, ma per quanto ci ama reca in sé la nostra stessa carne, la nostra umanità! Il posto che ci spetta è dunque indicato, il nostro destino è lì. Così scriveva un antico Padre nella fede: “Splendida notizia! Colui che si è fatto per noi uomo […], per renderci suoi fratelli, si presenta come uomo davanti al Padre, per portare con sé tutti coloro che gli sono congiunti” (S. Gregorio di Nissa, Discorso sulla risurrezione di Cristo, 1). Oggi festeggiamo “la conquista del cielo”: Gesù che torna al Padre, ma con la nostra umanità. E così il cielo è già un po’ nostro. Gesù ha aperto la porta e il suo corpo è lì”.
“La seconda domanda: che cosa fa Gesù in cielo?”, ha proseguito Francesco. “Lui sta per noi davanti al Padre, gli mostra continuamente la nostra umanità, mostra le piaghe. A me piace pensare che Gesù, davanti il Padre, prega così, facendogli vedere le piaghe. “Questo è quello che ho sofferto per gli uomini: fai qualcosa!”. Gli fa vedere il prezzo della redenzione e il Padre si commuove. Questa è una cosa che mi piace pensare. Così prega Gesù. Lui non ci ha lasciati soli. Infatti, prima di ascendere ci ha detto, come riporta il Vangelo di oggi: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). È sempre con noi, ci guarda, è “sempre vivo per intercedere” (Eb 7,25) a nostro favore. Per far vedere le piaghe al Padre, per noi. In una parola, Gesù intercede; è nel “luogo” migliore, davanti al Padre suo e nostro, per intercedere a nostro vantaggio. L’intercessione è fondamentale. Anche per noi è di aiuto questa fede: ci aiuta a non perdere la speranza, a non scoraggiarsi. Davanti il Padre c’è qualcuno che gli fa vedere le piaghe e intercede. La Regina del cielo ci aiuti a intercedere con la forza della preghiera”.
Al termine del Regina Caeli, Bergoglio ha rivolto come di consueto il suo pensiero ai popoli in difficoltà. “È triste ma, a un mese dallo scoppio delle violenze in Sudan, la situazione continua ad essere grave”, ha osservato. “Nell’incoraggiare gli accordi parziali finora raggiunti, rinnovo un accorato appello affinché vengano deposte le armi e chiedo alla comunità internazionale di non risparmiare alcuno sforzo per far prevalere il dialogo e alleviare la sofferenza della popolazione. Per favore, non abituiamoci ai conflitti e alle violenze. Non abituiamoci alla guerra!”, l’appello del Papa. “E continuiamo a stare vicino al martoriato popolo ucraino”. (aise)