33° strage di Capaci/ Mattarella: tenere alte memoria e vigilanza

ROMA\ aise\ - “Una ferita tra le più profonde della nostra storia repubblicana”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che, in occasione del 33° anniversario della strage di Capaci, ha invitato a “tenere sempre alta la vigilanza, coinvolgendo le nuove generazioni nella responsabilità di costruire un futuro libero da costrizioni criminali”.
Era il 23 maggio del 1992 quando un'enorme carica di esplosivo fece saltare in aria le auto del giudice Giovanni Falcone e della sua scorta. Con lui morirono la moglie Francesca Morvillo e gli agenti Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Un “attacco feroce e sanguinario” quello che la mafia compì trentatré anni fa a Capaci e che, ha ricordato Mattarella, “ripeté poche settimane più tardi in via D’Amelio a Palermo”.
Il capo dello Stato ha rivolto il suo “primo” e “commosso” pensiero “a chi perse la vita: Giovanni Falcone insieme a Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani. A loro è unito indissolubilmente il ricordo di Paolo Borsellino, di Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina. Servitori dello Stato, che la mafia uccise con eclatante violenza per piegare la comunità civile”.
“Quelle tragedie generarono una riscossa della società e delle istituzioni”, ha ricordato Mattarella.” L’azione stragista svelò la minaccia alla libertà di ogni cittadino. Il contrasto alla mafia si intensificò fino a scardinare le posizioni di comando dell’organizzazione criminale”.
“La mafia, come ogni fatto umano, ha avuto un inizio ed avrà anche una fine”, ripeteva Falcone, “sollecitando coerenza e impegno educativo, spronando chiunque nella società a fare la propria parte insieme alle istituzioni, a ogni livello”, ha sottolineato il presidente Mattarella.
“La mafia ha subìto colpi pesantissimi, ma all’opera di sradicamento va data continuità”, ha ammonito, “cogliendo le sue trasformazioni, i nuovi legami con attività economiche e finanziarie, le zone grigie che si formano dove l’impegno civico cede il passo all’indifferenza”.
“Nella memoria viva di Falcone e Borsellino”, ha quindi concluso Mattarella, “il 23 maggio è diventata la Giornata della legalità, perché occorre tenere sempre alta la vigilanza, coinvolgendo le nuove generazioni nella responsabilità di costruire un futuro libero da costrizioni criminali”. (aise)