Mattarella a Milano per i 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni

MILANO\ aise\ - “Un grande scrittore, un grande italiano, un grande milanese”. Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che oggi a Milano ha reso omaggio ad Alessandro Manzoni, a 150 anni dalla morte. Questa mattina, il Capo dello Stato ha deposto una corona al monumento funebre dello scrittore, sepolto al Famedio del Cimitero Monumentale. Quindi, nel pomeriggio Mattarella è intervenuto alla cerimonia a Casa Manzoni che ha concluso con il suo intervento.
“Con questa cerimonia – così raccolta e partecipata, per questo sarebbe piaciuta certamente a Manzoni – vogliamo rendere testimonianza di quanto l’Italia gli sia debitrice, in termini di pensiero, di produzione letteraria, di esempio morale, di evoluzione della lingua”, le parole del Presidente. “Manzoni, uno degli spiriti più nobili del nostro Ottocento, protagonista del Romanticismo e del Risorgimento italiano. Definito, a ragione, il padre del romanzo italiano e maestro indiscusso di tante generazioni di letterati e di patrioti”.
Nel suo intervento, Mattarella ha parlato non solo del Manzoni scrittore, ma anche di come lo scrittore - nonostante si sia “sempre sottratto, per la sua proverbiale riservatezza e anche per ragioni di salute, alla militanza politica in senso stretto” – possa essere giustamente “considerato un ispiratore e un propulsore del nostro Risorgimento e dell’Unità d’Italia. Ed è, a tutti gli effetti, un padre della nostra Patria”.
“Cattolico integrale, ma mai integralista”, ha aggiunto il Presidente “Manzoni ha affrontato la questione dell’ingresso e della presenza delle masse cattoliche all’interno del processo risorgimentale e di formazione nazionale, respingendo ogni tentazione di mantenimento di forme di potere temporale della Chiesa, da lui considerato storicamente superato, origine di corruzione e fonte di gravi mali”. Votò a favore di Roma capitale, “nonostante la minaccia di scomunica papale”, ha ricordato Mattarella, citando il “cattolicesimo liberale” di Manzoni.
Quanto al Romanticismo e al Risorgimento italiano, ha detto ancora il Presidente, “si cita spesso la triade Dio, Patria, Famiglia, quasi in contrapposizione alla triade della Rivoluzione Francese, Libertà, Eguaglianza, Fraternità. È una cesura eccessivamente schematica. Il romantico e cattolico Manzoni, in verità, non rinnega i valori della Rivoluzione Francese, anzi, li approva e li condivide, insistendo soprattutto sul quello più trascurato, la fraternità. La Rivoluzione Francese, secondo Manzoni, aveva tradito questi valori, perché, con il giacobinismo, si era trasformata nell’ideologia del Terrore e della violenza. Nulla, per l’autore dei Promessi Sposi, è più nefasto delle teorie politiche astratte che immolano sull’altare della ragion di Stato i diritti di uomini o di intere popolazioni. Nulla, per lui, è più sacro della vita umana. La verità deve prevalere sulla menzogna, la tolleranza sull’odio, la pietà sulla violenza, la morale sul calcolo di convenienza”.
In lui “non c’è alcun quietismo, alcuna rassegnazione: Manzoni sostiene i moti di indipendenza nazionale, incoraggia i venti di libertà che spirano in Italia e in tante altre parti del mondo – non a caso nella Pentecoste ricorda America Latina, Irlanda, Libano e Haiti – giungendo, davanti alle aggressioni e alle ingiustizie, a teorizzare la legittimità della resistenza. Ma - nella sua visione - è la persona, in quanto figlia di Dio, e non la stirpe, l’appartenenza a un gruppo etnico o a una comunità nazionale, a essere destinataria di diritti universali, di tutela e protezione. È l’uomo in quanto tale, non solo in quanto appartenente a una nazione, in quanto cittadino, a essere portatore di dignità e di diritti”.
Per Mattarella, dunque, “nell’idea manzoniana di libertà, giustizia, eguaglianza e solidarietà si può scorgere una anticipazione della visione di fondo della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo del 1948”.
Dai diritti dell’uomo, ha detto ancora il Capo dello Stato, “la concezione manzoniana si allarga a quella del diritto internazionale e dei rapporti tra gli Stati, dove si ritrova una critica lucida e serrata al nazionalismo esasperato. Perché la moralità, la fraternità e la giustizia devono prevalere sugli odi, sugli egoismi, sulle inutili e controproducenti rivalità”.
Quanto alla vicinanza dello scrittore alle masse popolari, che per la prima volta diventano protagoniste di un romanzo, Mattarella ha sostenuto che, “utilizzando una terminologia moderna, di oggi, possiamo parlare di un Manzoni certamente “popolare”, ma non “populista”. Il legame controverso che Manzoni stabilisce tra potere e opinione pubblica, tra giustizia e sentimenti diffusi, ci induce a riflettere - sia pure in tempi incommensurabilmente distanti - sui pericoli che oggi corrono le società democratiche di fronte alla diffusione del distorto e aggressivo uso dei social media, dell’accentramento dei mezzi di comunicazione nelle mani di pochi, della disinformazione organizzata e dei tentativi di sistematica manipolazione della realtà. E, anche, sulla tendenza, registrabile in tutto il mondo, di classi dirigenti a assecondare la propria base elettorale o di consenso e i suoi mutevoli umori, registrati di giorno in giorno tramite i sondaggi, piuttosto che dedicarsi a costruire politiche di ampio respiro, capaci di resistere agli anni e di definire, in tal modo, il futuro. Già nei Promessi Sposi, nei capitoli dedicati alla peste, Manzoni scriveva icasticamente a proposito di questi rischi: “Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”. La “Storia della Colonna infame” - un capolavoro di letteratura civile, compreso e rivalutato soltanto a partire dal secolo scorso - ci ammonisce di quanto siano perniciosi gli umori delle folle anonime, i pregiudizi, gli stereotipi; e di quali rischi si corrano quando i detentori del potere - politico, legislativo, giudiziario - si adoperino per compiacerli a ogni costo, cercando soltanto un consenso effimero. Un combinato micidiale, che invece di produrre giustizia, ordine e prosperità - che è il compito precipuo di chi è chiamato a dirigere - produce tragedie, lutti e rovine”.
Manzoni “ci ha regalato alcune delle pagine più belle e intense della nostra letteratura. Il suo altissimo senso morale, la sua ispirazione ideale, insieme umana e cristiana, ci è continuamente di riferimento e di sprone. Come tutti gli spiriti eletti e gli artisti universali, Manzoni parla tuttora all’uomo di oggi, alle sue inquietudini e alle sue ricerche di senso, con voce autorevole, ferma e appassionata. Anche per questo, - ha concluso – oggi, gli rendiamo omaggio”. (aise)