Corriere della Sera/ Harvard: cosa succede ora ai 280 studenti italiani dopo il bando di Trump? - di Giuliana Ferraino

MILANO\ aise\ - “Proprio come a casa tua o sul lavoro, non sei obbligato a rispondere alle domande né a firmare documenti se gli agenti dell’immigrazione ti fermano. Hai il diritto di rifiutare una perquisizione. Senza il tuo consenso, gli agenti possono soltanto frugarti superficialmente i vestiti (“pat down”) se sospettano che tu abbia un’arma”. Come riporta Giuliana Ferraino in un articolo pubblicato anche sulla versione on line del Corriere della Sera, questo “è il comportamento che Harvard suggerisce agli studenti stranieri se un agente dell’immigrazioni dovesse fermarli all’esterno del campus universitario”.
Di seguito il testo integrale dell’articolo.
Non rispondere alle domande
“Non sei tenuto a rispondere a domande sul tuo stato di immigrazione, su dove sei nato, né su quando o come sei arrivato negli Stati Uniti, e non sei obbligato a mostrare documenti d’identità del tuo paese d’origine”, aggiunge l’università nella sezione dedicata alle “Domande frequenti sull'immigrazione negli Stati Uniti per studenti e ricercatori internazionali”, dove si riportano le ultime disposizioni annunciate dall’amministrazione Trump.
Gli stranieri come ricchezza
L’Università è a conoscenza dell’ordine del Dipartimento della Sicurezza interna (Homeland Security degli Stati Uniti di revocare la certificazione SEVP, cioè lo “Student and Exchange Visitor Program” di Harvard per l’anno accademico 2025-26. Ma, sottolinea l’ateneo, Harvard è fermamente impegnata a mantenere la propria capacità di accogliere studenti e ricercatori internazionali, circa il 27% del totale e provenienti da oltre 140 Paesi, che arricchiscono l’Università e questa nazione.
Il vademecum su come comportarsi
Ecco perché l’università dedica una pagina con le istruzioni su che cosa fare dentro e fuori dal campus ai circa 10.000 studenti e ricercatori stranieri, di cui 280 italiani secondo le statistiche dell’anno accademico 2024-25 pubblicate dall’Harvard International Office sul sito dell’università.
L’accusa ad Harvard
Giovedì il Dipartimento per la Sicurezza interna (Dhs), guidato dalla segretaria Kristi Noem, ha giustificato la revoca accusando Harvard di fornire un ambiente favorevole a proteste anti-americane e pro-Hamas; di collaborare con il Partito comunista cinese e di mantenere un campus ostile agli studenti ebrei.
La difesa di Harvard
Harvard ha reagito al nuovo diktat, definendo l’azione “illegale” e “ritorsiva” e ha annunciato l'intenzione di intraprendere azioni legali per proteggere la sua comunità internazionale, dopo aver già fatto causa all’amministrazione Trump per il taglio dei fondi federali.
Il rischio espulsione
Gli studenti stranieri attualmente iscritti, secondo il nuovo diktat, devono trasferirsi in altre università per mantenere il loro status legale negli Stati Uniti. Coloro che non riescono a farlo rischiano la perdita del visto e l’espulsione.
Harvard ha ricevuto un ultimatum di 72 ore per soddisfare sei condizioni imposte dal Dhs, tra cui la consegna di registrazioni audio e video di attività di protesta degli studenti internazionali negli ultimi cinque anni.
Sui 10.158 studenti stranieri iscritti nel 2024-25 a Harvard, la quota maggiore proviene dall’Asia. Secondo i dati più recenti disponibili, 2.126 studenti vengono dalla Cina; 788 dall’India; 260 dal Giappone. Per quanto riguarda l’Europa, 402 studenti provengono dal Regno Unito, 549 dalla Germania, 305 dalla Francia, 203 dalla Spagna e 280 dall’Italia. Tra le altre comunità studentesche significative, si contano 769 studenti e ricercatori dal Canada, 173 dall’Australia e 151 studenti da Singapore.
“La minaccia di Trump di vietare i visti agli studenti stranieri è ancor più dannosa per l’istruzione superiore rispetto alla minaccia di tagliare miliardi di dollari in finanziamenti federali. Il 16% degli studenti universitari undergraduate di Harvard e un quarto del totale degli studenti dell’ateneo (inclusi quelli di laurea magistrale e scuole professionali) proviene dall’estero. La loro presenza arricchisce l’esperienza educativa per tutti. Rende il nostro sguardo meno provinciale; sfida le nostre certezze; allarga i nostri orizzonti intellettuali; ci collega al mondo”, aveva detto in un’intervista al Corriere in aprile il filosofo Michael Sandel.
Quanto costa studiare ad Harvard
Ma il blocco degli studenti internazionali è un danno anche alle casse dell’ateneo, visti i costi stratosferici per studiare in una delle università più prestigiose del mondo. La retta universitaria per l’anno accademico in corso a Harvard è infatti pari a 56.500 dollari, ma sale a 82.866 dollari se si includono vitto, alloggio e altre spese.
Chi può studiare gratis
Ecco perché Harvard aveva deciso di rendere gratuito l’accesso agli studenti provenienti da famiglie con un reddito annuo fino a 200 mila dollari, tagliando la retta scolastica e prevedendo borse di studio per coprire, vitto, alloggi e costi di viaggio per le famiglie con redditi fino a a100 mila dollari. La novità entrerà in vigore già dal prossimo settembre, con l’anno accademico 2025-26.
Ecco le regole di comportamento
Tra indicazioni pratiche agli studenti e ai ricercatori stranieri di Harvard, dopo la stretta di Trump, leggiamo che gli agenti federali dell’immigrazione (ICE) possono accedere al campus di Harvard solo previo avviso alla polizia universitaria (HUPD) e con un mandato giudiziario valido.
In caso di presenza di agenti ICE nel campus, gli studenti e i ricercatori sono invitati a contattare immediatamente il numero di emergenza della polizia universitaria (+1-617-495-1215).
Se gli agenti dell’immigrazione si presentano presso una residenza universitaria, come un dormitorio, possono entrare solo se in possesso di un mandato giudiziario valido o con il consenso esplicito dell’occupante. In questi casi, è consigliabile non aprire la porta, chiedere agli agenti di far scivolare il mandato sotto la porta e contattare sia la polizia universitaria sia l’ufficio legale dell’università per verificarne la validità.
Fuori dal campus, come in luoghi pubblici, gli studenti non sono obbligati a rispondere a domande sull’immigrazione, sul luogo di nascita o sulla cittadinanza, né a mostrare documenti del proprio paese. Si può rifiutare la perquisizione e chiedere di allontanarsi, tranne nel caso in cui gli agenti sospettino la presenza di armi, in cui possono effettuare una perquisizione superficiale dei vestiti (“pat down”).
L’università effettua controlli quotidiani sul sistema SEVIS per monitorare lo stato dei visti e notifica immediatamente eventuali revoche agli interessati, offrendo assistenza legale tramite la Harvard Representation Initiative (HRI). In aprile 2025, dodici studenti e neolaureati hanno avuto il visto F-1 revocato, ma tutti hanno visto il proprio status riattivato grazie all’intervento tempestivo dell’ateneo.
Harvard non condivide informazioni personali, accademiche o di ricerca con le autorità migratorie se non obbligata da un mandato, una citazione o altra procedura legale. In questi casi, la persona interessata viene informata, salvo divieto specifico.
Per quanto riguarda i viaggi, gli studenti devono essere consapevoli dei rischi di ritardi nel rientro negli Stati Uniti. È consigliato consultare l’Harvard International Office (HIO) prima della partenza. Al rientro, le autorità statunitensi possono esaminare i dispositivi elettronici. Chi teme complicazioni dovrebbe comunicare i propri piani di viaggio a un contatto fidato e fornire i recapiti dell’HIO.
In generale, è opportuno portare sempre con sé copie dei documenti durante gli spostamenti negli Usa e gli originali nei viaggi internazionali. In caso di emergenze migratorie fuori orario, Harvard mette a disposizione un numero di emergenza attivo 24 ore su 24 (+1-857-302-3772).
Infine, chi teme per il proprio status legale può rivolgersi all’Harvard International Office o all’Harvard Representation Initiative per ricevere supporto e consulenza, mentre chi desidera sostenere i colleghi internazionali è invitato a offrire ascolto privato e a indirizzarli alle risorse ufficiali dell’università, evitando domande non richieste sullo stato del visto”. (aise)