Corriere dell’italianità/ Il “buon vicinato” fra Italia e Svizzera – di Fabio Lo Verso


ZURIGO\ aise\ - “Il romano Antonio Tajani e il ticinese Ignazio Cassis, italiano di nascita, vanno più che d’accordo. Sulle questioni multilaterali più scottanti, spesso l’uno e l’altro si esprimono quasi con le stesse parole. Sul piano bilaterale fra l’Italia e Svizzera, da quando sono loro a curarne le relazioni, prevalgono “fiducia e stabilità”, il marchio della solida amicizia ostentata, lo scorso 19 agosto, in una conferenza stampa in cui Tajani e Cassis si chiamavano per nome: Antonio attribuiva a Ignazio il merito dell’intesa, e viceversa. I ministri “gemelli” degli Esteri condividono la lingua madre e una linea politica omogenea a destra tutta”. Partono da qui le riflessioni che Fabio Lo Verso affida all’editoriale che firma per il nuovo numero del “Corriere dell’italianità” che dirige a Zurigo.
“Ormai il confine fra i due Paesi, stando a entrambi, “non divide più, ma unisce”. Appare lontano quel tempo in cui l’Italia era percepita “come un vicino distante e spesso problematico”. Parole di Cassis: “Negli ultimi anni abbiamo voltato pagina, abbiamo svuotato tutti i cassetti dalle questioni pendenti”.
C’è un luogo in cui il governo svizzero e italiano hanno lavorato molto: è l’area di frontiera attraversata nel 2023 da oltre 80mila lavoratori e lavoratrici, un record. Da allora il numero è in netto calo, per via di un effetto forse imprevisto, scaturito dal nuovo accordo fiscale siglato nel luglio dello stesso anno. Cambiate le regole, circa un migliaio di persone frontaliere, cifre alla mano, hanno scelto di trasferirsi definitivamente in Ticino. Per loro in Italia ora si pagano più imposte, lo statuto di frontaliere perde valore e la Svizzera diventa più attrattiva. Chi lo avrebbe immaginato?
L’evoluzione va studiata nei prossimi mesi e anni, ma è già in atto un fenomeno sociale che capovolge la visione del “buon vicinato” fra i due Paesi. Un rovesciamento che ha visto anche un paio di banchieri svizzeri multimilionari esiliarsi in Italia per motivi fiscali. È accaduto quest’anno, proprio mentre i frontalieri si stabiliscono in Svizzera per ridurre il peso tributario, i nababbi elvetici approfittano della flat tax italiana, un prodigio legale che trasforma il Belpaese in paradiso fiscale per i super ricchi. Il mondo alla rovescia sul quale nel settembre 2024 ha scritto il Corriere dell’italianità.
Per la prima volta quest’anno, la Svizzera ha trasmesso al fisco italiano i dati completi delle buste paga di oltre 20mila frontalieri: l’accordo fiscale del 2023 è ora operativo. Tutto questo si aggiunge a un quadro di insieme asimmetrico. In Svizzera il lavoro è tassato al 19%, il capitale al 35%, cioè chi lavora paga meno tasse di chi non lavora; in Italia invece il reddito da capitale è tassato al 26%, quello dell’impresa al 24%, mentre il reddito da lavoro dipendente dal 27% fino al 47%.
Vicini e sempre più amici, i due Paesi vivono una relazione contrastante. L’Italia esporta molto in Svizzera con un boom nei primi sei mesi del 2025, ma investe poco. Negli ultimi anni, se il totale degli investimenti svizzeri in Italia ha superato i 26 miliardi di franchi, gli investimenti italiani nella Confederazione erano pari a 3,7 miliardi. Fra amici strettti, questo punto non è stato eluso a Berna, dove Tajani ha lanciato un appello agli investitori italiani. Non era invece in agenda l’eterno spinoso tema dell’evasione fiscale, scaduto da tempo ad argomento marginale. In nome del “buon vicinato”?”. (aise)