Eunews/ Sì dei Paesi UE alla stretta su accoglienza e rimpatri. Fissate le cifre della solidarietà sui migranti – di Simone De La Feld

Foto d'archivio (credits: Federico Baccini)

BRUXELLES\ aise\ – “L’Unione europea avanza sull’implementazione del Patto per la migrazione e l’asilo e sulle nuove regole per stringere le maglie dell’accoglienza e dei rimpatri di persone migranti. Ieri, 8 dicembre, i ministri degli Interni dei 27 hanno dato il via libera alla riforma del concetto di Paese terzo sicuro, alla prima lista UE di Paesi d’origine sicuri e alle nuove procedure di rimpatrio, inclusa la controversa possibilità di istituire hubs al di fuori dell’Unione europea. Parallelamente, hanno deciso le cifre della solidarietà con i Paesi di primo arrivo per il 2026: a Italia, Spagna, Grecia e Cipro dovranno essere garantiti 21 mila ricollocamenti o 420 milioni di euro di contributi finanziari”. Ne scrive Simone de La Feld per “Eunews”, quotidiano online diretto a Bruxelles da Lorenzo Robustelli.
“Il regolamento che modifica il concetto di Paese terzo sicuro amplierà le circostanze in cui i Paesi membri potranno respingere una domanda d’asilo in quanto irricevibile. In linea con la proposta della Commissione europea, la posizione dei ministri consentirà agli Stati membri di concludere accordi bilaterali con Paesi terzi considerati sicuri per svolgere le procedure d’asilo al di fuori dell’Europa. In sostanza, una conferma della validità del progetto originale del governo italiano in Albania.
La modifica – che Bruxelles aveva descritto come “mirata” – avrà conseguenze enormi: gli Stati membri potranno respingere domande d’asilo come inammissibili, cioè senza esaminarne il merito, se riterrà che i richiedenti asilo avrebbero potuto chiedere e ottenere protezione internazionale in un Paese extra-UE considerato sicuro per loro. Le picconate al sistema d’asilo attuale, che “crea strutture di incentivazione malsane e un forte fattore di attrazione”, non finiscono qui: il criterio del legame tra il richiedente asilo e il Paese terzo non sarà più obbligatorio, aprendo dunque a trasferimenti di persone migranti in qualsiasi Paese terzo – anche a migliaia di chilometri di distanza – con cui esistono accordi per garantire l’asilo. Inoltre, i richiedenti asilo che si opporranno a tali decisioni non avranno più il diritto automatico di rimanere nell’UE per la durata del ricorso.
Il secondo tassello è l’elenco dei Paesi di origine sicuri, che snellirà i respingimenti delle procedure di asilo e i rimpatri. La lista, che resterà aperta a aggiunte o tagli, per ora include Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia. Gli Stati membri applicheranno una procedura accelerata per i richiedenti provenienti da tali Paesi, e potranno attuarla alla frontiera o nelle zone di transito. Anche i Paesi candidati all’adesione all’UE saranno designati automaticamente come sicuri, a meno che non vi sia un conflitto o che siano state adottate misure restrittive che incidono su diritti e libertà fondamentali (l’Ucraina nel primo caso, la Georgia nel secondo).
Gli Stati membri potranno disporre di propri elenchi nazionali, più folti di quelli UE – come per esempio già accade in Italia -, seguendo il principio che se le richieste d’asilo di cittadini provenienti da un determinato Paese vengono accolte in meno del 20 per cento dei casi, allora le loro richieste potranno finire nel calderone delle procedure accelerate.
A chiusura del sistema, c’è la revisione delle norme dei rimpatri, che apriranno definitivamente ai return hubs, centri di detenzione in Paesi terzi per migranti irregolari in attesa di essere effettivamente rimpatriati. In realtà, il Consiglio insiste perché tali centri “possano fungere sia da centri di transito verso i Paesi di rimpatrio finale, sia da destinazione finale”. I confini restano volutamente fumosi, tutto è delegato agli accordi bilaterali con i Paesi che accetteranno di ospitare i return hubs: le procedure per il rimpatrio, le condizioni di soggiorno delle persone migranti, le conseguenze in caso di mancato rispetto degli standard in materia di diritti umani obbligatori in tali accordi.
Sul nodo del riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio, il compromesso raggiunto dei ministri è che – almeno in un primo tempo – non sia obbligatorio. Il timore dei Paesi interessati da movimenti secondari è che si traduca in un costoso autogol, perché potrebbero dover effettuare rimpatri di cittadini lasciati fuggire – più o meno consapevolmente – dai Paesi di primo arrivo.
La diffidenza tra i Paesi di frontiera e quelli dell’Europa continentale è risultata ancora più evidente nel negoziato sul meccanismo di solidarietà, perno del Patto per la migrazione e l’Asilo. I ministri dei 27 hanno stabilito che nel 2026 i Paesi sotto pressione migratoria – Italia, Spagna, Grecia e Cipro – beneficeranno di 21 mila ricollocamenti, o di 420 milioni di contributi finanziari, o di altre iniziative di solidarietà. Spetta a ciascuno Stato membro decidere quale tipo di misura di solidarietà promettere, compresa la possibilità di una combinazione di misure diverse.
Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia e Polonia – indicati dalla Commissione come Paesi con una pressione migratoria significativa – hanno insistito per vedersi ridotti, in tutto o in parte, i loro contributi di solidarietà per il primo anno. I quattro di primo arrivo sono stati avvisati un po’ da tutti: non esiste solidarietà senza responsabilità. Tradotto, Italia, Spagna, Grecia e Cipro devono smettere di lasciar partire i “dublinanti”.
Se sul meccanismo di solidarietà è il Consiglio che, dopo l’accordo politico di ieri, dovrà adottare formalmente la decisione di attuazione, sulle tre proposte su Paesi d’origine sicuri, Paesi terzi sicuri e rimpatri bisogna aspettare ancora l’Eurocamera. I file sono già passati dalle commissioni parlamentari, in cui l’alleanza tra Partito popolare e gruppi di estrema destra ha sostanzialmente confermato la stretta proposta dalla Commissione. Il via libera è previsto durante l’ultima sessione plenaria dell’anno, a metà dicembre”. (aise)