Il cittadino canadese/ La magia di Voices of Heritage incanta Montréal – di Vittorio Giordano

MONTRÉAL\ aise\ - “Il linguaggio universale della musica come ponte tra generi, generazioni e culture, strumento di valorizzazione dei giovani talenti e veicolo di promozione del Made in Italy nel mondo. Questo il senso profondo della missione a Montréal di Voices of Heritage, progetto finanziato nell’ambito del PNRR (M4C1, Inv. 3.4-T5) grazie al D.D. n. 135/2024 – Avviso n. 124/2023 per l’internazionalizzazione degli istituti AFAM. Capofila dell’iniziativa è il Conservatorio “Nicola Sala” di Benevento, in partenariato con il Conservatorio “Lorenzo Perosi” di Campobasso e l’Università Telematica Pegaso. L’obiettivo è rafforzare la strategia internazionale di due istituzioni AFAM (Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica) del Sud Italia, rinomate per il loro contributo al patrimonio musicale tricolore”. Così scrive Vittorio Giordano che firma questo lungo articolo per il “Cittadino canadese” che dirige a Montreal.
“Grazie anche al sostegno della Camera di Commercio Italiana in Canada, il 26 e 27 giugno Voices of Heritage ha fatto tappa in Canada – dopo New York e Philadelphia – con una Tavola Rotonda all’Istituto Italiano di Cultura ed un concerto sul palco del Festival International de Jazz de Montréal (FIJM), sotto la guida del Maestro Franco Piana. Circa 40 i componenti della delegazione giunta dall’Italia - tra dirigenti, accompagnatori, docenti e allievi - guidata da: Pietro Rivellini, membro del cda del Conservatorio di Benevento, in rappresentanza della Presidente Caterina Meglio e del direttore Giuseppe Ilario; Rita D’Addona, Presidente del Conservatorio di Campobasso; l’avv.Ivano Iai, Presidente nazionale della Conferenza dei Presidenti dei Conservatori d’Italia; e Daria D’Aloia, attrice e docente di Recitazione al Conservatorio di Benevento.
PIETRO RIVELLINI E IL VALORE FORMATIVO DEL JAZZ.
“Il progetto Voices of Heritage – ha affermato Pietro Rivellini - nasce con l’obiettivo di rendere la musica uno strumento di dialogo interculturale e valorizzazione delle radici italiane nel mondo, ponendo al centro la formazione degli studenti. Partecipare al Festival di Montréal non è solo un prestigioso momento performativo, ma un’occasione di crescita concreta, confronto e responsabilità artistica. Il Jazz, in particolare, rappresenta una delle chiavi più potenti di questa prospettiva formativa: non è solo un genere, ma un modo di ascoltare e di pensare. È libertà fondata sul rigore, improvvisazione basata sulla competenza”.
RITA D’ADDONA E L’OMAGGIO ALLA SOFFERENZA DEGLI ITALIANI EMIGRATI.
“Il jazz al centro di questo incontro tra Italia e Canada - ha dichiarato Rita D’Addona – affonda le sue radici nel canto spiritual afroamericano, nato dall’esperienza della sofferenza ma anche della speranza. In quelle stesse vibrazioni risuona la voce dei nostri padri, delle nostre madri e dei nostri nonni italiani che, con coraggio e sacrificio, sono arrivati fino in Canada, costruendo con dignità e onore nuove vite e nuove ricchezze, non solo materiali ma soprattutto umane e culturali. Oggi possiamo raccogliere le loro storie attraverso il canto e la musica, strumenti capaci di sintetizzare memorie ed emozioni e di trasmettere valori e formazione alle nuove generazioni, anche aiutandoci con l’intelligenza artificiale, affinché il presente sia più consapevole e il futuro più libero!”.
IVANO IAI E LA FORZA VITALE DELLA MUSICA.
Ivano Iai ha ricordato come la musica. rappresenti un ponte di pace e di amicizia tra i popoli. “Diffonde - ha spiegato – valori che riducono le distanze e promuovono la conoscenza delle arti e delle scienze umane”. Secondo Iai, la musica è disciplina e scienza, ma soprattutto emozione e rapimento, capace di elevare fino a Dio. “La musica intona la pace – ha aggiunto – costruisce amicizie vere”. Iai ha poi invitato a riflettere sul rischio di perdere l’umanità nell’era della tecnologia, osservando che “la macchina non conosce il silenzio, la persona sì. E nella musica il silenzio è essenziale per creare armonie e relazioni”.
DARIA D’ALOIA E IL LINGUAGGIO UNIVERSALE DELLA MUSICA.
Daria D’Aloia ha accompagnato la delegazione nel ruolo di moderatrice
della tavola rotonda. “Siamo giunti alla terza tappa di un progetto che unisce ricerca, innovazione e cultura”, ci ha detto. “Voices of Heritage ha preso il via nel maggio 2024, con la prima esibizione internazionale a novembre presso il Carnegie Hall di New York per celebrare il Canto Beneventano. La seconda tappa si è tenuta lo scorso aprile a Philadelphia, al Kimmel Center, con Cavalleria Rusticana e Grandi Amori, un concerto dedicato al Bel Canto”.
A Montréal il progetto ha scelto il jazz per raccontare l’Italia. “Per questo evento – ha aggiunto – il Maestro Piana ha saputo fondere le due anime che lo abitano, il jazz e la musica leggera italiana, creando un repertorio unico”.
La voglia, la pazzia, l’incoscienza, l’allegria – The Italian Songbook è il titolo del concerto, ispirato al celebre album di Ornella Vanoni realizzato con Vinicius de Moraes e Toquinho. Il progetto si concluderà il prossimo dicembre al Teatro San Carlo di Napoli con “uno spettacolo dedicato ai grandi musical internazionali e italiani, per chiudere un viaggio che, tappa dopo tappa, ha raccontato al mondo la ricchezza culturale e musicale dell’Italia”.
I RELATORI D’ECCEZIONE DELLA TAVOLA ROTONDA.
Il doppio evento ha preso il via giovedì 26 giugno, alle ore 10:30, nel salone dell’Istituto Italiano di Cultura di Montréal, con un convegno dal titolo Voci del Jazz: storia, identità e connessioni culturali tra Italia e Canada. Dopo i saluti del Direttore dell’Istituto, Sandro Cappelli, l’attrice e docente di recitazione Daria D’Aloia ha aperto i lavori definendo il jazz come una forma musicale che, più di ogni altra, ha saputo democratizzare la musica, rendendola accessibile a tutti. “Il jazz – ha detto – è una lingua che fonde origini locali e idiomi globali, una delle espressioni artistiche più potenti del dialogo interculturale. Oggi vogliamo esplorare questa lingua, non solo come genere musicale, ma come terreno fertile per l’incontro tra esperienze, identità e visioni diverse”.
Relatori d’eccezione hanno arricchito l’incontro: Franco Piana, Direttore e arrangiatore – Nicola Sala Benevento Jazz Orchestra; Stefania Tallini, pianista jazz e classica, compositrice e arrangiatrice – Nicola Sala Benevento Jazz Orchestra; Reno De Stefano, Ph.D., Professore ordinario, chitarrista Università di Montréal, Facoltà di Musica; Aldo Mazza, percussionista di fama mondiale, fondatore e direttore artistico della KoSa International; e André Ménard, co-fondatore e Vicepresidente di L’Équipe Spectra – ex Direttore artistico del FIJM.
Per Stefania Tallini, “il Maestro Piana ha avuto un’incredibile capacità di sintetizzare in un unico linguaggio due anime totalmente diverse, quella della musica leggera italiana e quella del jazz, senza far perdere identità a nessuna delle due. Il jazz è la musica più democratica che c’è, aperta al diverso e alla contaminazione”.
André Ménard ha sottolineato come, fin dall’inizio, l’obiettivo del Jazz Festival di Montréal fosse quello di creare un evento di musica mondiale. “Una delle esperienze più belle – ha raccontato – è stata quando, dopo averlo ascoltato all’Umbria Jazz Festival, abbiamo portato qui Paolo Conte: Conte non è strettamente jazz, ma l’impatto della sua musica ha dimostrato che anche il jazz italiano poteva esprimere un livello altissimo”.
Aldo Mazza, originario di San Roberto in Calabria ed emigrato in Canada a nove anni, ha spiegato come molti musicisti italo-americani siano originari del Sud Italia, come Chick Corea di Catanzaro, sottolineando: “È lì che nasce la creatività”. Ha descritto come la musica del Sud sia stata contaminata da sonorità africane, greche e balcaniche, e ha concluso: “La musica supera ogni barriera, è un linguaggio democratico che ci rende persone migliori”.
Reno De Stefano, chitarrista jazz di origini italiane, è cresciuto a Saint-Léonard ascoltando canzoni popolari italiane e suonando la fisarmonica. Da ragazzo si è appassionato alla chitarra, passando dal rock al jazz. Ha poi ricordato come la chitarra abbia un “DNA italiano” grazie ai liutai e mandolinisti, e come la prima incisione jazz “nel 1917 fu di Nick La Rocca, un siciliano leader della Original Dixieland Jazz Band”, segno dell’antico intreccio tra cultura italiana e afroamericana.
Il Maestro Franco Piana - trombettista, flicornista, compositore e arrangiatore - ha raccontato il suo percorso musicale, iniziato nel jazz e consolidato in 40 anni con l’orchestra della Rai. “Ho fatto arrangiamenti per maestri come Armando Trovajoli, Gianni Ferrio ed Ennio Morricone”. Questa doppia anima, jazz e musica leggera, “si è fusa nel progetto di Voices of Heritage”. Insieme al Maestro Ferruccio Corsi e all’insegnante Costanza Alegiani, Piana ha scelto alcune delle più importanti e conosciute canzoni italiane per riarrangiarle in chiave jazz. “Non è stato facile – ha ammesso - perché bisogna rispettare la melodia e il testo”. “Il Jazz – ha concluso – è un linguaggio universale che ci consente di improvvisare su schemi ben definiti. È la musica più bella”.
IL REPERTORIO DEL CONCERTO SPIEGATO DA CORSI E ALEGIANI.
Ferruccio Corsi, docente di sassofono classico e jazz, e Costanza Alegiani, docente di canto jazz, entrambi al Conservatorio di Benevento, sono i professori che hanno coordinato gli aspetti operativi e logistici dell’orchestra. “Abbiamo portato in Canada – ha spiegato Corsi – il nostro grande cantautorato degli anni ’60 e ’70 più Pino Daniele, patrimonio della Campania. Gli arrangiamenti jazzistici del maestro Franco Piana hanno valorizzato il repertorio senza snaturarlo”. Piana ha ricordato Corsi, “è figlio del celebre trombonista Dino Piana, che suonava nell’orchestra Rai con Gianni Ferrio, Bruno Canfora e Armando Trovajoli. Il patrimonio musicale americano – da Irving Berlin a George Gershwin e Cole Porter – ha influenzato anche i nostri maestri”.
Costanza Alegiani ha definito il progetto “un’antologia della Golden Age della canzone italiana, quando l’orchestra jazz era protagonista anche nel nostro Paese. Dagli anni ’50, il legame con gli Stati Uniti è stato fortissimo. E oggi che l’Unesco ha riconosciuto il canto lirico italiano come patrimonio immateriale dell’umanità, proporre un repertorio moderno aggiunge valore a una tradizione musicale conosciuta in tutto il mondo”.
LA BELLEZZA DEL CONCERTO SCACCIA VIA LA PIOGGIA.
Alle 19:30 di venerdì 27 giugno, Place des Festivals si illumina nonostante un cielo triste e uggioso. Sul palco della 45ª edizione del Festival Internazionale di Jazz salgono i 27 artisti di Voices of Heritage – 20 musicisti più i cantanti che si alternano, un mix di docenti e studenti – e bastano le prime note di Quando quando quando per farsi scivolare la pioggia addosso. Il pubblico, all’inizio incerto sotto gli ombrelli ai margini della piazza, si avvicina sempre di più, rapito da un’energia che riscalda l’aria umida della sera.
Ed è subito magia. La voglia, la pazzia, l’incoscienza, l’allegria – the Italian Songbook non è più solo il titolo del concerto, ma un invito ad abbracciare la vita con tutta la sua bellezza ed i suoi imprevisti. Sale il volume, il cuore batte forte, la pioggia si attenua come se la musica l’avesse intimidita. Davanti al palco, i volti si illuminano, le mani si alzano al cielo e le voci si uniscono per cantare insieme Caruso interpretata dal Maestro Marco Francini; Via con me con Emanuela Fabiano; Se telefonando con Simona Mitilini; Mi sono innamorato di te con il Maestro Costanza Alegiani.
La scaletta scorre via come un sogno di inizio estate: 7 uomini d’oro, Quando con Nina Cioff; Brava con Rachele Di Vaia; E penso a te con il Maestro Alegiani; La voglia, la pazzia con Emanuela Fabiano e il coro; Almeno tu nell’universo con Nina Cioff; Senza fine con Simona Mitilini; Io che amo solo te con Rachele Di Vaia. E poi il gran finale: Nel blu, dipinto di blu – Volare cantata da Marco Francini, che trasforma Place des Festivals in una piazza italiana: un’unica voce, un unico battito. Artisti, dirigenti, accompagnatori e pubblico esplodono all’unisono in un urlo gioioso e liberatorio. La pioggia non conta più, spazzata via dalla bellezza e dalla potenza di uno spettacolo che conferma una grande verità: dove c’è musica, c’è vita; e dove c’è vita, nessuna pioggia può spegnere la luce delle emozioni”. (aise)