ItaliaChiamaItalia/ Buenos Aires avrà il suo museo dell’immigrazione italiana: intervista a Dario Signorini - di Ricky Filosa


ROMA\ aise\ - “Dario Signorini è un nome che a Buenos Aires è conosciuto e rispettato da tutti. Punto di riferimento per la comunità italiana locale, quella di Signorini è una delle personalità più influenti: non solo a livello di tessuto sociale italiano, ma anche per quanto riguarda il rapporto con la politica e le istituzioni argentine. C’è lui dietro il progetto del Museo dell’immigrazione italiana a Buenos Aires; progetto che ha fortemente voluto e che presto diventerà realtà”. Ad intervistarlo è stato Ricky Filosa per ItaliachiamaItalia.
“D. Dario Signorini, Buenos Aires avrà il suo museo dell'immigrazione italiana. Come ha accolto la notizia la collettività italiana locale?
R. La notizia è stata accolta con grandissima emozione e orgoglio. La comunità italiana di Buenos Aires ha sempre avuto un legame profondo con la propria storia migratoria; sapere che finalmente avremo un Museo dedicato a questo capitolo fondamentale è motivo di gioia collettiva. È un riconoscimento tangibile del contributo che gli italiani hanno dato alla costruzione dell’Argentina. La reazione è stata immediata e calorosa: la notizia è stata condivisa e celebrata su numerosi social network, con messaggi di entusiasmo, gratitudine e partecipazione da parte di cittadini, associazioni e istituzioni. È evidente che questo progetto tocca corde profonde e rappresenta un sogno condiviso da generazioni. Inoltre il fatto che il Museo sorgerà accanto al Monumento a Cristoforo Colombo e in prossimità dell’Aeroparque Jorge Newbery ha un valore simbolico profondo: è un luogo che parla di partenze, di arrivi, di ponti tra mondi. Un punto di incontro tra la memoria storica e il presente urbano. Questo Museo onora la memoria di coloro che ci hanno preceduto nel cammino della vita.
D. Sei stato in prima fila come promotore del progetto, sia nella tua qualità di presidente Fediba che come presidente del Comites di Buenos Aires. Quanto impegno ci è voluto per raggiungere questo ambizioso obiettivo?
R. È stato un percorso lungo, complesso e a tratti faticoso, ma sempre animato da una profonda convinzione. Abbiamo lavorato instancabilmente per anni, tessendo relazioni, costruendo consenso, superando ostacoli burocratici e politici. Il sostegno di tante persone e istituzioni è stato fondamentale, ma posso dire che senza una visione chiara e una determinazione costante, non saremmo arrivati fin qui. L’ispirazione per creare questo Museo è nata da una disgrazia: lo spostamento del monumento a Cristoforo Colombo. Questa situazione, fuori dal paralizzarci, ci ha spinti a pensare in grande. Dimostra ancora una volta che l’intelligenza, unita alle convinzioni e al coraggio, può trasformare un fatto negativo in un’opportunità storica. Così è nata l’idea di creare un polo culturale che non solo renda omaggio alle nostre radici, ma che preservi per le nuove generazioni tutto il patrimonio che questa collettività ha donato a questa benedetta Argentina. Ci consideriamo soci fondatori di questo Paese e per questo sentiamo il dovere di custodire e proiettare quell’eredità con orgoglio e responsabilità.
D. Possiamo affermare che si tratta di un risultato storico?
R. Assolutamente sì. È un risultato storico non solo per la comunità italiana, ma per tutta Buenos Aires e per l’Argentina. Il Museo sarà un luogo di memoria, di cultura e di dialogo, che racconterà una parte essenziale della nostra identità nazionale. È anche un atto di giustizia verso milioni di italiani che hanno lasciato tutto per crearsi una nuova vita in questa terra, contribuendo con il loro lavoro, i loro valori e il loro spirito imprenditoriale alla costruzione di una società di pace e prosperità. Questo traguardo onora la memoria culturale e la proietta nel futuro, riaffermando l’impegno della nostra collettività per lo sviluppo culturale e sociale del Paese che abbiamo scelto come nostro.
D. Che ruolo hanno avuto le istituzioni diplomatiche italiane locali, in tutta la vicenda?
R. Le istituzioni diplomatiche italiane hanno avuto un ruolo prezioso e costante. L’Ambasciata e il Consolato Generale hanno accompagnato il progetto con attenzione e sensibilità, comprendendo l’importanza culturale e simbolica di questa iniziativa. Il loro appoggio ha dato forza e legittimità al nostro lavoro.
D. E la politica? Quanto ha accompagnato, se l'ha fatto?
R. La politica ha accompagnato con convinzione e in modo trasversale. Abbiamo avuto il sostegno praticamente di tutte le forze politiche, indipendentemente dalle appartenenze ideologiche. Questo dimostra che l’italianità è un valore condiviso da tutti gli argentini, al di là delle differenze. La presenza italiana è così radicata nella storia e nell’identità nazionale che il progetto del Museo è stato percepito come patrimonio comune. È stato davvero emozionante vedere come, attorno a questa iniziativa, si sia creata un’unanimità rara e significativa. Il sostegno del Capo del Governo della Città di Buenos Aires, Jorge Macri, è stato anch’esso determinante. Va sottolineato il ruolo fondamentale svolto dal deputato Franco Tirelli, dal senatore Mario Borghese, dal presidente del MAIE Ricardo Merlo e da altri deputati e senatori di diverse forze politiche italiane, che insieme al CGIE hanno elaborato un progetto di sostegno presentato alla Camera dei Deputati per promuovere la realizzazione del Museo. Abbiamo inoltre ricevuto il sostegno dei nove COMITES dell’Argentina, dell’Intercomites e di Feditalia, che si sono espressi in modo favorevole e deciso per offrire il loro appoggio alla concretizzazione e realizzazione del progetto. Questo accompagnamento politico riafferma che, quando c’è una causa nobile, profondamente legata all’identità e al lascito di una comunità, è possibile costruire consensi ampi e duraturi.
D. Che succede adesso, que sigue? Quali saranno i prossimi passi?
R. Ora inizia la fase di esecuzione. Siamo nella fase di costituzione di una fondazione, simile a quella del Teatro Coliseo di Buenos Aires, nella quale il presidente e il vicepresidente ad honorem saranno rispettivamente l’ambasciatore e il console generale di Buenos Aires in carica. Questo modello ci permetterà di avere lo strumento giuridico necessario per gestire le risorse economiche e finanziarie indispensabili per la costruzione del Museo. Una volta costituita la fondazione, sarà possibile aprire un conto bancario destinato a ricevere contributi volontari. Qualsiasi cittadino, di origine italiana o meno, discendente o no, potrà concretizzare il proprio contributo per portare avanti questo ambizioso progetto che ci coinvolge tutti. Il Museo avrà anche una funzione educativa: sarà uno spazio dove le nuove generazioni potranno conoscere le proprie radici, valorizzare il dialogo interculturale e riscoprire il coraggio di chi ha attraversato l’oceano per ricominciare. Sarà un laboratorio di idee per il futuro, un luogo dove la memoria si trasforma in azione. Stiamo inoltre lavorando alla pianificazione di attività culturali, accademiche e comunitarie che accompagneranno il processo di costruzione, affinché il Museo inizi a vivere anche prima della sua inaugurazione. Vogliamo che sia un progetto aperto, partecipativo e profondamente radicato nella comunità. Siamo molto ottimisti sul fatto che continueremo a ricevere il sostegno di tutta la collettività, come è avvenuto finora. L’energia, l’entusiasmo e l’impegno che abbiamo ricevuto ci confermano che questo sogno è condiviso, e che insieme lo realizzeremo.
D. Che tempi prevedi? Quando, insomma, il Museo potrà aprire le proprie porte al pubblico?
R. Se tutto procede come previsto, speriamo di inaugurare il Museo entro due anni. È un obiettivo ambizioso, ma assolutamente realistico. Vogliamo fare le cose per bene, con rigore, qualità e trasparenza, ma senza perdere tempo. La comunità lo merita e il momento storico lo richiede. Questa è un’opera di grande portata, forse la più significativa per la collettività italiana in Argentina negli ultimi 50 anni. La sua realizzazione rappresenta non solo un omaggio, ma anche un’affermazione di identità e appartenenza. Sappiamo che il cammino sarà impegnativo, ma non impossibile. Ci guidano i valori profondi dell’italianità: la fede, la famiglia, il lavoro e la passione.
D. Quanti sono, oggi, gli italiani residenti a Buenos Aires e in tutta la sua provincia e quanto influiscono nella vita culturale, sociale e politica della città?
R. Oggi si contano circa 420.000 cittadini italiani nella circoscrizione consolare di Buenos Aires. Ma se ampliamo lo sguardo a tutto il territorio argentino, parliamo di circa un milione e mezzo di persone. E se includiamo coloro che hanno un cognome italiano nella propria famiglia, la cifra supera i venti milioni. L’influenza italiana è presente in tutti gli ambiti: nella gastronomia, nell’architettura, nella lingua, nella musica, nel tango, nella politica e nella medicina, con figure emblematiche come il Dr. René Favaloro. Gli italiani hanno contribuito in modo decisivo allo sviluppo del Paese e continuano a farlo con vitalità e passione”. (aise)