L’Italoamericano/ Il viaggio fotografico dell’italo-americano Joe Vitone e il turismo delle radici come modo per riconnettere memoria e identità – di Simone Schiavinato

Photo courtesy of Joe VItone

SAN FRANCISCO\ aise\ - “La fotografia ha il pregio di mostrare dettagli che nel quotidiano solitamente sfuggono, aiuta a ricordare, consente di vedere come si era solo poco tempo fa. Mostra emozioni e pensieri, esplicita ciò che ha colpito il fotografo, il motivo per cui un’inquadratura, un soggetto, un momento è stato scelto tra i mille a disposizione e quell’istante diventa sublime perché esattamente lì, chi ha scattato la foto, ha visto, ha sentito, ha intuito qualcosa di speciale. Quando Joe Vitone è arrivato per la prima volta in Puglia lo ha fatto per tenere un seminario su una sua personale, per spiegare un lavoro fotografico che aveva fatto a casa sua, ad Akron, in Ohio. Un luogo molto diverso da quello che ha trovato nel sud dell’Italia da dove però, agli inizi del Novecento, erano partiti i suoi nonni paterni”. Così scrive Simone Schiavinato che a San Francisco dirige il magazine “l’ItaloAmericano”.
“Quando è arrivato in Puglia, è andato a cercare i luoghi della sua famiglia, “come in un pellegrinaggio” ha detto, come un perfetto “turista delle radici”. Ha cercato quel passato che nel frattempo era profondamente cambiato, fino ad accorgersi che i luoghi conservano molte tracce di quello che sono stati.
Così tante fotografie che alla Puglia mancano del suo passato, che Vitone stesso non aveva trovato nell’album dei ricordi della sua famiglia, le ha incredibilmente ritrovate nelle foto fatte in questi ultimi anni. Le immagini del passato cioè, sono identiche a quelle che ha scattato lui. Non perché ha fatto un viaggio nel tempo o perché in Puglia l’orologio si sia fermato. Tutt’altro! Anzi, con fastidio, Vitone ha trovato troppe cose del presente, della vita moderna nel paesaggio rurale lasciato agli inizi del secolo scorso dai nonni. Cose che hanno invaso malamente luoghi che ai tempi dovevano essere veramente belli. Poi però guardando bene, con l’occhio allenato ai particolari che ha un fotografo, si è accorto che alcune cose brillano sì con i colori vitali di oggi, ma sono identiche a momenti antichi. Un esempio su tutti: la salsa di pomodoro che in campagna si prepara abitualmente in casa è fatta oggi come allora, e il rosso succoso che ribolle nelle pentole prima di gocciolare nei barattoli, è lo stesso di ieri. La fatica del lavoro contadino che suo nonno a un certo punto decise di lasciarsi alle spalle perché non bastava mai per sfamare moglie e figli, è la stessa oggi. Così come le distese verdi di frumento mosse dal vento ieri come oggi: campi infiniti che ondeggiano e lasciano pregustare il profumo del pane. I girasoli, il bestiame da allevare, gli odori della stalla, la lanosità delle pecore. Eppure il mondo antico abbandonato dal nonno è scomparso, tra macchine agricole e pale eoliche.
Curiosamente, mentre le osservi, le fotografie di Vitone diventano memoria di ieri ma anche di oggi, che domani sarà un altro passato. La sua esperienza dei luoghi diventa a sua volta testimonianza. Il suo turismo delle radici diventa innesto di una nuova coscienza del tempo, della cultura, dell’identità.
Se invece di concentrarci così tanto sul presente e sulle immagini che scorriamo sugli smartphone, considerassimo un orizzonte un po’ più ampio ovvero capace di ricordarsi di ciò che siamo stati, ci accorgeremmo di quanto passato vive attorno a noi e coglieremmo tracce e somiglianze con eventi già accaduti. Ci accorgeremmo di essere più simili a ciò da cui spesso rifuggiamo, pensandoci più moderni, più intelligenti o smart di chi è venuto prima di noi.
Una mostra di fotografie ci dice anche questo: andrebbe recuperato il tema della memoria personale, familiare, sociale. Perché se perdiamo la memoria di ciò che si è stati, perdiamo un pezzo della nostra identità ma anche il nostro essere ingranaggi nella continuità nel tempo. Però è curioso che per ricostruire il senso della Puglia di oggi o di un qualsiasi altro pezzo di Italia, sia utile passare attraverso lo sguardo di chi a questo territorio non appartiene. Vitone ha una cultura italoamericana, un’esperienza internazionale, una formazione molto diversa da quella locale, eppure riesce a vedere meglio “da dove veniamo”. Ci trasmette la memoria del presente, che diventa strumento per capire le radici, il passato da cui veniamo.
Campi assolati, colori e frutti della terra, lavoro e normalità, cavalli, agnelli, bovini e pascoli, mandorli, ulivi e pomodori. Nelle sue foto si vede quello che non mettiamo in primo piano, quello che è assente nella percezione che abbiamo dell’oggi, ma quel mondo “antico”, contadino, fatto di terra, sole e fatica, non solo c’è da sempre ma è sempre lì a farci da base”. (aise)