Meridianoitalia.tv/ Il 2025 delle crisi e il 2026 della pace possibile - di Gianni Lattanzio

ROMA\ aise\ - “Il 2025 si chiude come un anno denso di ombre e di luci, in cui le ferite del mondo si sono rese più evidenti ma, allo stesso tempo, sono emersi segni concreti di speranza e di rinascita. In questo scenario complesso si è collocato il Giubileo della Speranza, aperto da Papa Francesco e destinato a concludersi il 6 gennaio 2026 con Papa Leone XIV, configurandosi come un evento spirituale e storico unico, vissuto sotto il segno di due Papi e della continuità di un messaggio di misericordia, fraternità e pace”. Così scrive Gianni Lattanzio, Direttore editoriale di Meridianoitalia.tv, nell’ultimo editoriale dell’anno.
Giubileo della Speranza e scenari di guerra
Il Giubileo è stato celebrato mentre il mondo continuava a essere attraversato da conflitti che insanguinano intere regioni, dalla guerra in Ucraina alle violenze in Medio Oriente, dalle instabilità del Sahel fino alle tensioni nell’area del Mar Rosso. Questi focolai di guerra hanno aggravato crisi umanitarie, flussi migratori forzati e insicurezza globale, rendendo ancora più urgente una diplomazia che non si limiti a gestire le emergenze, ma sappia affrontare le radici delle ingiustizie e delle disuguaglianze.
E tuttavia, accanto alle tragedie, il 2025 ha visto anche segnali di dialogo, cessate il fuoco parziali, iniziative di mediazione regionale, uno sforzo rinnovato di cooperazione multilaterale su clima, sviluppo sostenibile e diritti umani. Il Giubileo della Speranza ha dato voce a quanti credono ancora nella possibilità di un ordine internazionale fondato sul diritto, sulla dignità di ogni persona e sulla responsabilità condivisa di costruire la pace, richiamando governanti e cittadini a un esame di coscienza collettivo.
Fragilità economiche globali e ferite sociali
Sul piano economico, il 2025 non è stato l’anno del crollo, ma quello di una stagnazione che pesa soprattutto sulle fasce più vulnerabili. La crescita mondiale si è mantenuta modesta, frenata da tensioni geopolitiche, alti livelli di debito e persistenti squilibri nei sistemi produttivi, mentre l’inflazione, pur in calo, continua a farsi sentire sui beni essenziali, in particolare cibo ed energia. Questa combinazione di crescita debole e prezzi ancora percepiti come alti ha alimentato in molti Paesi una diffusa insicurezza, la sensazione di vivere “sul filo”, senza la possibilità di progettare serenamente il futuro.
Le conseguenze sociali sono evidenti: aumento della povertà relativa, precarietà lavorativa, difficoltà di accesso all’abitazione, pressione sui sistemi sanitari e scolastici, logoramento del ceto medio. In troppi contesti, i giovani sperimentano un mercato del lavoro che non restituisce prospettive, mentre le disuguaglianze – territoriali, generazionali, di genere – scavano solchi profondi, minando la fiducia nelle istituzioni e nella stessa idea di bene comune. È proprio qui che il messaggio giubilare richiama a un’economia che non sia solo calcolo e profitto, ma servizio alla persona, attenzione ai poveri, tutela del creato.
Europa tra fatica e ricerca di coesione
L’Europa ha vissuto il 2025 come un anno di passaggio delicato. La crescita è rimasta debole, con un prodotto interno lordo solo lievemente positivo, mentre l’inflazione rientrava gradualmente ma senza cancellare l’erosione del potere d’acquisto degli anni precedenti. La transizione energetica e digitale, pur necessaria, non è ancora riuscita a trasformarsi stabilmente in motore di nuova occupazione di qualità, lasciando intere fasce sociali in una condizione di incertezza.
Le sfide migratorie, le tensioni ai confini dell’Unione, il dibattito sulla sicurezza e sugli investimenti in difesa hanno messo alla prova la coesione interna e la fedeltà ai valori fondanti del progetto europeo: pace, diritti, solidarietà. Eppure, anche qui non sono mancati passi in avanti, dagli sforzi per una politica energetica più coordinata all’attenzione crescente per la dimensione sociale del Green Deal, fino ai tentativi di rafforzare i meccanismi di sostegno ai Paesi e alle regioni più fragili. L’Europa resta chiamata a scegliere se ripiegarsi in logiche di paura o rilanciare una visione alta di integrazione politica e di responsabilità globale.
L’Italia tra crescita debole e risorse morali
Nel 2025 l’Italia ha registrato una crescita economica positiva ma modesta, insufficiente a sciogliere nodi strutturali che da anni frenano sviluppo e mobilità sociale. Il mercato del lavoro ha mostrato dati in parte incoraggianti sul piano quantitativo, ma spesso a costo di accettare lavori a bassa produttività e bassi salari, soprattutto per i giovani e per le donne, mentre permangono forti divari tra Nord e Sud, tra città e aree interne, tra chi è tutelato e chi vive nel lavoro povero o irregolare.
A fronte di queste fragilità, il Paese ha però confermato una straordinaria ricchezza di risorse morali: la rete del volontariato, il mondo cattolico e associativo, il terzo settore, le amministrazioni locali che si fanno carico delle periferie urbane ed esistenziali. In un contesto di costi della vita in aumento, difficoltà abitative, servizi pubblici sotto pressione, proprio queste energie diffuse hanno continuato a tessere legami, a prendersi cura dei più fragili, a costruire comunità. È qui che il Giubileo della Speranza ha trovato una delle sue radici più concrete: nella solidarietà quotidiana, spesso silenziosa, che tiene insieme l’Italia.
Verso il 2026: speranza impegnata
Guardando al 2026, l’auspicio è che la conclusione del Giubileo, con Papa Leone XIV il 6 gennaio, non sia semplicemente un atto liturgico, ma il passaggio di consegne di una responsabilità condivisa. Il mondo ha bisogno di politica alta, di diplomazia paziente, di economie capaci di includere, di società che non lascino indietro nessuno; l’Europa ha bisogno di riscoprire la sua anima, l’Italia la sua vocazione mediterranea di ponte tra popoli e culture.
Se il 2025 è stato l’anno della consapevolezza delle fragilità, il 2026 può e deve diventare l’anno di una speranza impegnata: una speranza che si traduce in scelte concrete di pace, di giustizia sociale, di cura del creato, di sostegno alle famiglie e alle nuove generazioni. La speranza annunciata da Papa Francesco e consegnata da Papa Leone XIV al mondo intero non è un sentimento vago, ma un invito esigente: costruire ogni giorno, con coraggio e responsabilità, i mattoni di una pace possibile”. (aise)