Presenza/ Il tempo dello schiaffo e quello della carezza – di Nello Gargiulo

SANTIAGO\ aise\ - “Gli attuali più di 6.000.000 di connazionali che risultano iscritti nel registro degli italiani all’estero (AIRE) presso i nostri Consolati non potranno più trasmettere la cittadinanza ai figli e ai nipoti secondo i meccanismi che abbiamo conosciuto fino ad oggi. Le due leggi sulla cittadinanza del 1912 e quella del 1992 sono state modificate dalla nuova del 25 maggio del 2025 n 74. Bisogna attenersi alle nuove disposizioni, per le quali si è in attesa di chiarimenti regolamentari”. Si apre così l’articolo a firma di Nello Gargiulo, consigliere Cgie del Cile, pubblicato nell’ultimo numero del quindicinale della comunità italiana da lui stesso diretto “Presenza”.
“Le prime due leggi sono state dettate dal legislatore per chiamare a raccolta la grande diaspora che caratterizzava l’emigrazione italiana dall’Unità d’Italia in poi. Quest’ultima del 2025 va nella linea di ridurre l’esponenziale crescita dei cittadini italiani all’estero non solo per le problematiche logistiche dei Consolati ma anche per ridurre abusi e illegalità che si sono prodotti nel tempo. Un’altra giustificazione per il governo che ha proposto il decreto del 28 marzo 2025 è stata quella di voler assicurare maggiori vincoli del cittadino italiano nato all’estero con l’Italia.
Se tutto questo ha una ragione d’essere, sorprende soprattutto come prima del 28 marzo il mondo degli italiani all’estero veniva sempre indicato con gratificanti frasi: i veri ambasciatori del made in Italy; voi siete una immagine autentica dell’Italia fuori dai suoi confini; risorse preziose per il Paese…
In molte occasioni abbiamo ascoltato esponenti politici di rilievo e di governo manifestare l’orgoglio anche per l’unicità della circoscrizione estero come esempio di partecipazione ed espressione di democrazia con il sistema di voto e l’elezione dei propri rappresentanti.
Oggi per molti connazionali all’estero tutta questa situazione assume il volto dello smarrimento.
Le attuali restrizioni sono sia generazionali sia legate alla condizione di essere nati da genitori o nonni italiani; a queste poi si è aggiunto che non si potranno mantenere due cittadinanze. Questo segna una inversione di tendenza. Ne vanno studiati e valutati gli effetti a lungo termine. Quello che la nuova leggete vuole correggere potrebbe avere effetti a rovescio.
Le nuove condizione in realtà sembra aver messo un sipario tra il meglio della storia dell’emigrazione italiana nel mondo e quell’Italia di oggi che nella globalizzazione della sua economia ha trovato nelle comunità italiane all’estero un alleato di trincea.
I nati in Italia diminuiscono e questo influirà in futuro anche su quel legame che la legge nel fondo vorrebbero rinforzare. Il fenomeno va studiato anche rispetto a quella che è e sarà la nuova mobilità.
La strada della cittadinanza consapevole, che da più parti avevamo indicato di seguire per far correre in parallelo la strada giuridica con quella civico-culturale e linguistica, per ora è congelata. Questa si poteva implementare come un requisito che avrebbe intanto mitigato gli assalti ai Consolati e ai Comuni italiani per la ricostruzione di legami generazionali troppo lontani nel tempo.
Probabilmente arriveranno tempi migliori; ma per ora non rimane che fare autocritica a tutti i livelli coinvolti; in attesa che la Corte Costituzionale si pronunzi e porti luce su una situazione che sta provocando dolore e indignazione.
Questo non è sano: siamo figli della stessa lupa di Roma e ci riconosciamo anche parte di quella Roma, Caput Mundi, che molto ci ha insegnato con il funerale di un Papa e l’elezione del nuovo. Dobbiamo prendere esempio dalla capacità di ascolto dell’ultimo conclave che ha portato all’elezione di un Papa che in sé raccoglie origini, culture e anche cittadinanze diverse.
Se da più parti lo schiaffo è stato avvertito troppo forte, non dobbiamo disperare. Attendiamo il tempo della carezza!”. (aise)