I passi della ricerca (2)

ROMA – focus\aise - La SLA è una malattia neurodegenerativa progressivamente invalidante, dovuta alla compromissione graduale dei neuroni motori, le cellule nervose che stimolano la contrazione muscolare permettendo il movimento e altre funzioni importanti. Quando nei pazienti i neuroni motori degenerano, i muscoli volontari non ricevono più stimoli dal cervello e si atrofizzano, portando così alla paralisi completa. Attualmente, si utilizzano trattamenti capaci di ridurre i sintomi della malattia ma non esiste una cura per fermarne la progressione.
I difetti della giunzione neuromuscolare – il punto di connessione tra i neuroni motori e il muscolo - sono tra i primi segni distintivi della SLA.
Da una ricerca condotta dal gruppo di Alessandro Rosa del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università La Sapienza di Roma, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e l’Università di Pittsburgh, emerge ora che ci sarebbe un legame tra la disregolazione di una specifica proteina, denominata HuD, e i disturbi della giunzione neuromuscolare nei pazienti affetti da SLA.
“I risultati ottenuti individuano in questa proteina un ruolo cruciale in un momento precoce della malattia suggerendola quindi come un possibile target in ambito terapeutico”, spiega Alessandro Rosa.
La ricerca ha mostrato come livelli elevati di proteina HuD possano portare a difetti alla giunzione neuromuscolare con conseguente degenerazione dei neuroni motori. Riducendo quindi, i livelli della proteina con terapie mirate si potrebbero limitare i disturbi della giunzione neuromuscolare nei pazienti.
Questa evidenza è stata confermata in vivo in un modello animale, il moscerino Drosophila melanogaster, in cui la sovraespressione della proteina causa difetti nella locomozione, mentre la sua riduzione migliora il fenotipo motorio.
Il progetto è stato finanziato dal PNRR nell’ambito del Centro Nazionale 3 - Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA. Per il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie hanno contribuito al lavoro anche Alessio Colantoni e Monica Ballarino.
È nata RettDb, la prima banca dati per l’analisi dei meccanismi molecolari che causano la sindrome di Rett. La risorsa web è accessibile a tutta la comunità scientifica e consente di fare sperimentazioni in silico, cioè attraverso l’analisi dei dati, consentendo così di ridurre il ricorso alla sperimentazione animale. Il risultato è frutto di una ricerca pubblicata sulla rivista Database di Oxford Academic e condotta dai dipartimenti di Biologia e Informatica dell’Università di Pisa.
“La sindrome di Rett – spiega il professore Ugo Borello autore delle studio – è un raro disturbo neuroevolutivo che si verifica quasi esclusivamente nelle femmine con una frequenza di 1 su 10.000 nascite, ed è la seconda causa di grave disabilità intellettiva nelle ragazze dopo la sindrome di Down. È noto che in oltre il 95% dei casi, la sindrome sia dovuta a mutazioni nel gene MECP2 legato al cromosoma X, ma i meccanismi molecolari che la determinano sono attualmente sconosciuti”.
RettDb nasce quindi proprio per svelare questi meccanismi e con l’obiettivo di farne uno strumento di riferimento per tutti i ricercatori che studiano questa patologia. La ricerca è partita dal laboratorio del professore Borello dove si studiano i meccanismi molecolari di sviluppo della corteccia cerebrale in diversi sistemi sperimentali e con tecniche diverse, che spaziano dalla bioinformatica, alla biologia molecolare, e alla neuroanatomia.
“Un grande lavoro è stato fatto da due studenti in tesi, Nico Cillari e Giuseppe Neri, che hanno accettato questa sfida che non era scontato avremmo portato a termine con successo - ha sottolineato Borello – ma la complessità in biologia richiede un approccio multidisciplinare, da qui la fruttuosa collaborazione con il professore Paolo Milazzo e la professoressa Nadia Pisanti del dipartimento di informatica, con l’ausilio della tesista Marta Scalisi che si è occupata dello sviluppo web, e grazie al fondamentale supporto di Fabio Pratelli e di Maurizio Davini, responsabile del Green Data Center dell’università di Pisa”.
Lo studio è stato finanziato dalla Commissione europea con i fondi del PNRR NextGeneration Program nell’ambito dello Spoke 6 del THE, Tuscany Health Ecosystem, Precision medicine & personalized healthcare.
Scienza e Design si alleano al servizio della divulgazione scientifica, offrendo un viaggio inedito ed esperienziale nelle nano-dimensioni: quelle dei virus, entità biologiche che convivono con le specie viventi da miliardi di anni. Noti come causa di malattie, i virus sono perlopiù innocui e alcuni di essi hanno avuto un ruolo nell’evoluzione: basti pensare che è probabilmente grazie a un virus se alcuni primati (compresi gli umani) hanno perso la coda e se, durante la gestazione, si cresce all’interno dell’organismo materno, nella placenta. Oggi i virus sono anche usati come strumenti di cura.
Al Museo di Storia Naturale di Milano dal 3 dicembre al 7 febbraio i virus diventano protagonisti della mostra Grande come un Virus, promossa dall’Istituto di Biofisica di Milano del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBF-CNR), dal Comune di Milano - Cultura e da IED - Istituto Europeo di Design.
La mostra, che inaugura nella Giornata Mondiale contro l’AIDS, accompagnerà il pubblico alla scoperta del mondo dei virus con lo scopo di conoscerli e capire che non sono nemici da sconfiggere, ma entità biologiche antiche, affascinanti e, in parte, ancora da esplorare. Un mondo che il CNR studia da anni e che, con il contributo progettuale e creativo di IED, si avvicina ora al grande pubblico. Durante la visita, vestendo i panni di scienziate e scienziati, si potranno osservare da vicino questi organismi invisibili di grande interesse scientifico, medico ed ecologico.
La collaborazione tra Istituto di Biofisica e IED è stata avviata più di un anno fa quando, in occasione dei 100 anni del Consiglio Nazionale delle Ricerche, fu presentato un inedito modello interattivo di HIV in scala 1 a dieci milioni realizzato, seguendo le indicazioni delle scienziate e degli scienziati del CNR, dalle e dai designer IED. Oggi, con questa mostra, il contributo scientifico e di contenuto del CNR incontra quello progettuale e creativo di IED, tra graphic e visual design, illustrazione, product design, sound e interaction design.
L’ESPOSIZIONE
L’accesso al mondo nanoscopico dei virus avviene attraverso un corridoio in cui i visitatori faranno un viaggio nelle dimensioni: ad ogni passo ci si immagina 10 volte più piccole e più piccoli, fino a ritrovarsi grandi come virus. Una volta in questo mondo, potranno osservare il grande modello interattivo dell’HIV. Le componenti del modello, protagonista della mostra, rappresentano le macromolecole biologiche del virus e a ciascuna di esse è associato un suono, a creare una polifonia del virus, una EnzimiÓrchestra. L’aspetto sonoro offre una versione poetica e metaforica del concetto di contagio virale: se toccato da una persona, il virus emette un suono; se chi lo tocca prende per mano un’altra persona, il suono si amplifica, propagandosi dunque nel momento in cui si crea una catena di persone in contatto tra loro (la catena del contagio).
Lo spazio adiacente racconta la varietà del mondo virale, con una collezione di modelli di virus ingranditi 1 milione di volte in modo da poter apprezzare le differenti forme e dimensioni di alcune delle specie più note: Papilloma, Zika, Ebola, Virus del Mosaico del Tabacco, Virus dell’Influenza, Batteriofago T4, Polio-virus e Virus Adeno-Associato. Il ruolo dei virus nell’evoluzione dei viventi sarà illustrato attraverso curiosità ed esempi, basati su letteratura e dati scientifici: dai “salti di specie” (spillover) alle ricombinazioni genomiche che a lungo andare contribuiscono alla diversificazione delle specie.
La parte successiva del percorso racconta la riproduzione dei virus attraverso il processo di replicazione all'interno di una cellula ospite. Attraverso modelli di proteine virali viene illustrato il lavoro di ricerca svolto nei laboratori IBF del CNR: studiare i dettagli di tali proteine per comprenderne il funzionamento al fine di identificare molecole capaci di bloccarne l’azione. Questi studi mirano a sviluppare farmaci innovativi per controllare le infezioni virali. Si potrà comprendere il tutto attraverso giochi interattivi adatti anche ai bambini, manipolando i modelli di proteine, per disporli secondo un’organizzazione simmetrica, e identificando le molecole che riescono ad interferire con la loro attività. La mostra si chiude con un video, in cui si illustrano i passaggi biotecnologici che permettono l’utilizzo dei virus come vaccini e come vettori per la terapia genica. (focus/aise)