I passi della ricerca (2)

ROMA – focus/ aise - Una nuova tomografia magnetotellurica tridimensionale ha fornito una immagine della struttura interna della caldera dei Campi Flegrei fino a 20 km di profondità, una soglia mai investigata prima. Questo studio, “3D magnetotelluric imaging of a transcrustal magma system beneath the Campi Flegrei caldera, southern Italy”, condotto da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in collaborazione con l’Università di Oxford, il Trinity College di Dublino e l’Università di Monaco di Baviera, fornisce informazioni dettagliate sull’intera struttura della caldera, compresa la sua parte sommersa, offrendo nuove informazioni cruciali sui processi magmatici che regolano il sistema vulcanico.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications Earth & Environment. I risultati della ricerca hanno fornito nuove immagini dettagliate del sistema magmatico presente al di sotto della caldera dei Campi Flegrei, il sistema vulcanico situato a Nord-ovest della città di Napoli.
"I Campi Flegrei possono rappresentare un rischio naturale a causa della potenziale capacità di generare eruzioni. Per questa ragione è fondamentale un'accurata e costante comprensione della loro dinamica interna. A tal fine, il nostro studio è stato condotto con l’obiettivo di ricostruire l'architettura interna del sistema magmatico del vulcano fino a 20 km di profondità, identificando la posizione e le caratteristiche delle zone di accumulo di magma per comprenderne meglio i meccanismi di trasferimento attraverso la crosta terrestre", spiega Roberto Isaia, ricercatore dell’INGV e primo autore dello studio.
Per raggiungere questi obiettivi, i ricercatori hanno utilizzato la magnetotellurica (MT), una metodologia geofisica che misura le variazioni naturali dei campi elettrici e magnetici per ricostruire la resistività elettrica, un parametro fisico del sottosuolo molto sensibile alla presenza di fluidi di diversa natura, inclusi quelli magmatici.
Grazie all’inversione 3D di dati elettromagnetici, il team è riuscito ad identificare zone di accumulo e trasferimento del magma. I risultati ottenuti mostrano zone compatibili con la presenza di materiale parzialmente fuso corrispondente a volumi con bassa resistività elettrica, e canali di risalita che potrebbero facilitare il trasferimento di magma e gas attraverso la crosta.
“L’immagine tomografica è stata ottenuta grazie a un’analisi avanzata dei dati, processati con tecniche di modellazione numerica all’avanguardia”, aggiunge Antonio Troiano, ricercatore INGV e co-autore dello studio. “La capacità di rilevare zone con caratteristiche fisiche differenti fino a 20 km di profondità è un significativo passo avanti nella definizione del sistema magmatico flegreo e delle possibili vie di risalita per il magma e per i fluidi vulcanici”.
“Indagare i Campi Flegrei non è stata solo una sfida scientifica, ma anche logistica e tecnologica. L’area è densamente abitata e soggetta a forti interferenze elettromagnetiche di origine antropica, che rendono l’acquisizione dei dati un’impresa complessa. Abbiamo sviluppato protocolli di acquisizione innovativi per garantire dati di alta qualità nonostante il contesto urbano”, sottolinea Maria Giulia Di Giuseppe, ricercatrice INGV e co-autrice dello studio.
L’attuale fase di unrest dei Campi Flegrei e le preoccupazioni connesse rendono questa ricerca di estrema attualità.
“Comprendere l’architettura interna del vulcano”, spiega Roberto Isaia, “è essenziale per valutare i processi in atto e fornire indicazioni utili alla comunità scientifica e alla gestione del rischio”.
I risultati ottenuti dal team di ricercatori rappresentano un passo in avanti per lo sviluppo di modelli predittivi più accurati e un tassello fondamentale in un quadro di monitoraggio sempre più raffinato.
Il Centro Italiano Ricerche Aerospaziali (CIRA) ha ospitato il 1° aprile una delegazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) per una giornata all’insegna del confronto scientifico e della cooperazione istituzionale, in un incontro volto a rafforzare il dialogo e la collaborazione tra due attori centrali della ricerca nazionale.
La visita si inserisce in un percorso di avvicinamento tra le due istituzioni, che negli ultimi anni hanno intensificato le collaborazioni in diversi ambiti progettuali e scientifici. Un rapporto reso ancora più significativo dal ruolo strategico del CNR nell’ambito della compagine societaria del CIRA in cui entra per oltre il 52%.
Dopo il benvenuto del presidente del CIRA, Antonio Blandini, la giornata si è aperta con i saluti istituzionali del CNR da parte di Nicola Fantini, membro del CdA, e di Emilio Fortunato Campana, direttore del Dipartimento Ingegneria, ICT e Tecnologie per l’Energia e i Trasporti (DIITET).
Nel corso della mattinata, la delegazione ha visitato alcuni tra i principali impianti e laboratori del Centro: il Plasma Wind Tunnel (PWT), con la più grande galleria al plasma al mondo per simulare le condizioni di rientro dallo spazio; l’Icing Wind Tunnel (IWT), dedicato allo studio della formazione del ghiaccio sugli aeromobili; la galleria transonica PT-1; il Laboratorio Prototipi in Materiale Composito; il Laboratorio di Qualifica Spaziale (LQS); l’area di Guida, Navigazione e Controllo; e la Clean Room del Medium Scale Vacuum Chamber (MSVC) in fase di allestimento, dove si svolgeranno attività di integrazione e test di piccoli satelliti in ambienti controllati.
Successivamente, si è svolta una sessione di presentazioni dedicate alle attività in corso e alle prospettive di collaborazione futura. Il CIRA ha illustrato le linee di ricerca delle sue cinque Direzioni scientifiche, mentre i 39 ricercatori del CNR, in rappresentanza di 23 Istituti, hanno presentato le rispettive competenze e progettualità applicabili nel settore aerospaziale.
Il CIRA è una società pubblico-privata, con sede a Capua, in Campania, partecipata dal CNR (socio di maggioranza), enti pubblici locali e da industrie del settore. Il Centro ha ricevuto dal Governo l’incarico di realizzare e gestire il Programma Nazionale di Ricerca Aerospaziale (PRO.R.A.), grazie al quale possiede ora la più grande dotazione di infrastrutture di ricerca in campo aerospaziale in Italia, con impianti di prova unici al mondo e laboratori all'avanguardia, e svolge attività in molteplici ambiti di ricerca. L’aggiornamento del PRO.R.A, nel 2020, ha segnato l’avvio di un nuovo ciclo pluriennale costituito da progetti strategici di ricerca e nuovi laboratori e impianti sperimentali nei settori dell’aviazione sostenibile e sicura, dell’advanced air mobility, dell’accesso allo spazio e dell’esplorazione spaziale, dei nuovi sistemi di propulsione aeronautica e spaziale, dell’osservazione della Terra e del volo suborbitale e stratosferico. (focus\aise)