I passi della ricerca

ROMA – focus/aise - Il presidente del Centro di Studi Avanzati per l’Intelligenza Artificiale (CSAIA), Pier Paolo Maria Menchetti, e il direttore generale dell'International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB – sede italiana di Trieste), Lawrence Banks, hanno sottoscritto un Memorandum d’Intesa per collaborare a innovazioni significative nel campo della biotecnologia e dell'intelligenza artificiale con applicazioni che interessano la ricerca genetica, la biologia molecolare e cellulare, la biomedicina, le malattie infettive, la biotecnologia delle piante, i biocarburanti.
“Il protocollo”, osserva il direttore del CSAIA Menchetti, “riguarda anche il tema dell'Etica e delle Normative, attraverso lo sviluppo di linee guida per l'applicazione dell'IA in biotecnologia e la conformità alle normative internazionali riguardanti la ricerca biotecnologica e l'uso dell'IA”.
Il Centro Studi Avanzati di Intelligenza Artificiale è nato a Roma: riunisce accademici, ricercatori, informatici, imprenditori, con l'obiettivo di sviluppare e applicare sistemi di intelligenza artificiale per migliorare il benessere umano. Il Centro è articolato in vari dipartimenti e osservatori, ciascuno con un proprio focus specifico.
L'ICGEB è un'organizzazione intergovernativa, finanziata anche dal MAECI, che gestisce oltre 45 laboratori all'avanguardia, a Trieste, in Italia, a Nuova Delhi, in India, e a Città del Capo, in Sud Africa, e forma una rete interattiva con quasi 70 Stati membri, con operazioni allineate a quelle del Sistema delle Nazioni Unite. Svolge un ruolo chiave nelle biotecnologie promuovendo l'eccellenza della ricerca, la formazione e il trasferimento tecnologico all'industria, per contribuire concretamente allo sviluppo globale sostenibile.
Metti dieci bambini che vivono in città a interagire liberamente per quindici giorni con i cavalli di una fattoria didattica. Il risultato? Migliora la salute del loro microbioma intestinale, aumenta la diversità microbica, emergono nuove componenti probiotiche antinfiammatorie. A mostrarlo è una ricerca pubblicata sulla rivista One Health e guidata da studiosi dell’Università di Bologna nell’ambito del progetto europeo Circles.
"Questo studio mostra l’importanza per la nostra salute dell’interazione con ecosistemi naturali, in particolare attraverso un impatto benefico sul microbiota intestinale", spiega Marco Candela, professore al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Alma Mater, che ha coordinato la ricerca. "Dai risultati emerge infatti che proprio a seguito dell’interazione con i complessi sistemi naturali, tra cui animali da fattoria in ambiente rurale, il microbiota dei bambini riacquisisce diversità, batteri promotori dalla salute e metaboliti antinfiammatori".
Il microbioma intestinale – l'insieme di microrganismi simbionti che a migliaia di miliardi abitano il nostro intestino – ha un ruolo fondamentale per la nostra salute. Oggi sappiamo però che nel microbioma di chi vive nelle aree urbane la diversità delle popolazioni microbiche è minore rispetto a chi vive nelle aree rurali. Questo fenomeno, noto come "modernizzazione del microbioma", è associato all'aumento di allergie, asma, obesità, sindromi metaboliche, diabete di tipo 2 e altre malattie infiammatorie. E nei bambini che vivono in città, in particolare, la "modernizzazione del microbioma" potrebbe essere responsabile di un aumento delle malattie allergiche.
Per cercare soluzioni a questo problema, gli studiosi hanno quindi pensato di sperimentare un approccio chiamato "rewilding del microbioma intestinale", che mira a ripristinare le caratteristiche del microbioma tipiche delle popolazioni rurali attraverso l'interazione con ambienti naturali.
Hanno quindi coinvolto dieci bambini tra i 9 e il 14 anni residenti in aree urbane del territorio bolognese per un "intervento di biodiversità". L’intervento si è svolto in una fattoria didattica: per quindici giorni, nel contesto di un campo estivo, i bambini hanno interagito per circa dieci ore al giorno con i cavalli della fattoria, accarezzandoli e giocando insieme a loro.
"Dopo l’intervento abbiamo osservato un aumento significativo della diversità del microbioma intestinale dei bambini e una maggiore produzione di butirrato, un acido grasso a catena corta con proprietà antinfiammatorie", dice Daniel Scicchitano, ricercatore dell'Università di Bologna e primo autore dello studio. "I cambiamenti osservati includono l'aumento di batteri benefici noti per il loro ruolo nella promozione della salute intestinale e nella bioconversione di polifenoli vegetali in metaboliti antinfiammatori, mentre non sono emerse evidenze di trasmissione di ceppi virulenti o produttori di tossine".
L’interazione con i cavalli nel contesto della fattoria didattica ha insomma portato i bambini coinvolti ad arricchire il loro microbioma, aumentando la diversità dei batteri benefici che lo animano: risultati che suggeriscono l’efficacia delle azioni di "rewilding".
"Sono ora in corso studi per confermare questi risultati in un contesto più ampio", aggiunge Simone Rampelli, ricercatore dell'Alma Mater, altro autore dello studio. "Per farlo andremo ad esplorare diversi ambiti di interazione con ecosistemi naturali in maniera sistematica e in collaborazione con associazioni ed enti del territorio regionale".
Restano ancora da chiarire, infatti, i meccanismi che permettono questo scambio di microbioma tra specie diverse, ma lo sguardo degli studiosi abbraccia ora un orizzonte ampio, che considera l’interazione tra uomo e natura nel suo complesso.
"L’idea è dimostrare l’importanza dell’interazione con ecosistemi naturali per la nostra salute, coerentemente con il quadro di riferimento One Health", conferma il professor Candela. "In questo modo potremo arrivare a promuovere una salute integrata, tra ambiente, animali e uomo, partendo dalla protezione e dal restauro degli ecosistemi naturali".
Pubblicato sulla rivista One Health con il titolo "A 15-day pilot biodiversity intervention with horses in a farm system leads to gut microbiome rewilding in 10 urban Italian children", lo studio è nato da una collaborazione internazionale tra l’Università di Bologna (con la partecipazione di Marco Candela, Silvia Turroni, Simone Rampelli, Federica D’Amico, Nicolò Cinti, Lucia Foresto, Giorgia Palladino e Daniel Scicchitano del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie, insieme a Rosalba Vitagliano e Jessica Fiori del Dipartimento di Chimica "Giacomo Ciamician") e l’Università del Lussemburgo (con la partecipazione di Cédric Christian Laczny, Rashi Halder e Paul Wilmes del Gruppo di Ecologia dei Sistemi). (focus\aise)