I passi della ricerca

ROMA – focus/ aise - Un team di ricercatori e ricercatrici del Consiglio nazionale delle ricerche, dell’Università di Firenze e del Laboratorio europeo di spettroscopie non lineare (Lens) ha osservato nel laboratorio di Miscele Quantistiche dell’Istituto nazionale di ottica del Cnr (Cnr-Ino) il fenomeno dell’instabilità capillare in un liquido non convenzionale: un gas quantistico ultra-diluito. Questo risultato ha importanti implicazioni per la comprensione e manipolazione di nuove forme di materia. Alla ricerca, pubblicata su Physical Review Letters, hanno collaborato anche ricercatori delle Università di Bologna, di Padova e dei Paesi Baschi (UPV/EHU).
Nella fisica dei fluidi è noto che la tensione superficiale di un liquido, dovuta alle forze di coesione intermolecolari, tende a minimizzare la superficie di interfaccia. Questo meccanismo è alla base di fenomeni macroscopici come la formazione delle gocce di pioggia o delle bolle di sapone. La tensione superficiale è anche all’origine del fenomeno dell’instabilità capillare, nota anche come instabilità di Plateau-Rayleigh, per cui un sottile getto di liquido si rompe formando una sequenza di goccioline. L’instabilità capillare è un meccanismo caratteristico dei liquidi con importanti applicazioni in campo industriale, biomedico e nelle nanotecnologie.
“In un gas atomico raffreddato a temperature prossime allo zero assoluto, gli atomi perdono la loro individualità e seguono le leggi della meccanica quantistica. In particolari condizioni questi sistemi, benché rimangano nella fase gassosa, si comportano come liquidi”, spiegano i ricercatori. Grazie alla capacità di controllare con grande precisione le interazioni fra gli atomi, i fisici sono capaci, già da alcuni anni, di formare gocce quantistiche (quantum droplet) da gas ultrafreddi. Questi piccoli cluster di atomi, stabilizzati da effetti puramente quantistici, hanno proprietà analoghe ai liquidi classici.
Il team sperimentale, guidato dalla ricercatrice del Cnr-Ino Alessia Burchianti, ha studiato, mediante tecniche di imaging e manipolazione ottica, l’evoluzione dinamica di una singola goccia quantistica formata a partire da una miscela ultrafredda di atomi di potassio e rubidio. La goccia rilasciata in una guida d’onda, realizzata con un fascio di luce laser, si allunga formando un filamento, il quale, superata una lunghezza critica, si rompe in gocce più piccole. Il numero di queste gocce secondarie è proporzionale alla lunghezza del filamento al momento della rottura.
“Combinando esperimento e simulazioni numeriche è stato possibile descrivere la dinamica di rottura di una goccia quantistica in termini di instabilità capillare. L'instabilità di Plateau–Rayleigh è un fenomeno comune nei liquidi classici e osservato anche nell'elio superfluido, ma mai finora nei gas atomici”, afferma Chiara Fort, ricercatrice dell’Università di Firenze che ha contribuito alla ricerca.
“Le misure condotte nel nostro laboratorio da un lato permettono una comprensione sempre più accurata di questa peculiare fase liquida dall’altro mostrano come sia possibile realizzare array di quantum droplet per future applicazioni nel campo delle tecnologie quantistiche” aggiunge Luca Cavicchioli, primo autore dell’articolo, e ricercatore Cnr-Ino.
La ricerca è stata possibile anche grazie al sostegno di tre iniziative finanziate dal Ministero dell’Università e della Ricerca con fondi dell’Unione Europea nell’ambito del programma #NextGenerationEU (PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza): il progetto “QUANTAMI” - PRIN 2022, il partenariato “National Quantum Science and Technology Institute” (NQSTI) e l’infrastruttura “Integrated Infrastructure Initiative in Photonic and Quantum Science” (IPHOQS).
Un’anteprima straordinaria di ciò che ci riserva l’Universo profondo. La missione Euclid dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), con un importante contributo dell’Italia attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e diverse università italiane, ha svelato i primi dati scientifici ottenuti dalle osservazioni dei campi profondi, regioni di cielo estremamente lontane.
Coprendo una vasta area del cielo in tre mosaici di immagini, i risultati ottenuti dalle osservazioni forniscono uno spunto unico per comprendere meglio la struttura su larga scala dell’Universo e la formazione delle galassie nel tempo.
In un lasso di tempo paragonabile a una sola settimana di osservazioni, il telescopio è riuscito a rilevare più di 26 milioni di galassie, molte delle quali si trovano a distanze impressionanti, fino a 10,5 miliardi di anni luce dalla Terra. Tra queste, sono più di 380.000 le galassie che sono già state classificate dal telescopio, basandosi sulla visione dettagliata della loro morfologia grazie all’utilizzo combinato di intelligenza artificiale e citizen science, che ha permesso di analizzare enormi quantità di dati in modo rapido ed efficiente. Un simile approccio ha permesso anche l’individuazione di 500 oggetti candidati come lenti gravitazionali.
I dati rilasciati includono anche numerosi ammassi di galassie, nuclei galattici attivi e fenomeni transitori, che sono fattori chiave per capire le forze invisibili che modellano il cosmo.
Queste prime immagini mostrano chiaramente come galassie di diverse forme e dimensioni si intrecciano raggruppandosi in filamenti giganteschi che formano una “rete cosmica”, ossia la vasta struttura che collega le galassie e gli ammassi galattici attraverso fili di materia visibile e invisibile, fornendo indizi fondamentali su come l’Universo si è evoluto nel tempo.
Il rilascio di questi dati è solo l’inizio. Euclid continuerà a osservare il cielo, raccogliendo dati fondamentali. Entro la fine della missione nel 2030, Euclid avrà mappato un terzo dell’intero cosmo, fornendo una vera e propria miniera di dati che cambierà per sempre la nostra visione dell'Universo.
“Euclid è una continua sorpresa. Con le sue eccezionali immagini sull’universo sta aprendo interessanti nuovi orizzonti per la scienza e per la conoscenza. Il programma rientra – ricorda il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Teodoro Valente - tra le missioni obbligatorie sottoscritte dagli Stati Membri in sede ministeriale ESA ed è la dimostrazione di come attraverso la cooperazione e condivisione si possano raggiungere elevati livelli di successo nel settore spaziale. Nel caso di Euclid, la quota investita dall’Italia nel programma e l’impegno diretto per gli strumenti e per l’analisi dei dati hanno condotto a importanti ritorni, sia per l’industria nazionale sia per la comunità scientifica del settore. Entrambe sono uscite rafforzate e pronte ad affrontare le nuove sfide, non solo a livello europeo, ma anche con missioni scientifiche nazionali e partecipazioni a programmi bilaterali. La collaborazione tra ASI, industria, enti e università, ognuno con le sue responsabilità, ha funzionato perfettamente e ha fatto sì che il ruolo italiano, all’interno della fondamentale cooperazione a livello europeo, sia visibile e riconosciuto”.
“Questi primi dati di Euclid ritraggono milioni di galassie e altri oggetti celesti in sole tre porzioni di cielo, osservate in grande profondità - commenta Roberto Ragazzoni, presidente INAF -. Ancor più grande è la mole di informazioni che sono state necessarie per creare i cataloghi delle sorgenti osservate e poi elaborate dal Segmento di Terra Scientifico, che raggruppa centinaia fra scienziate e scienziati, ingegneri e informatici da diversi paesi, sotto la guida italiana e in particolare dell'Istituto Nazionale di Astrofisica. Questo è un primo assaggio delle grandi potenzialità di questa missione, resa possibile grazie al lavoro della comunità di ricercatrici e ricercatori coinvolti nello studio della geometria dell'Universo e della natura di quelle sue proprietà che oggi definiamo “oscure”.
“Quando, un anno fa, sono iniziate le osservazioni, potevamo soltanto immaginare la portata e la ricchezza di ciò che Euclid ci avrebbe reso disponibile - commenta Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN -. Il catalogo pubblicato oggi rappresenta appena lo 0,4% delle galassie che prevediamo di osservare nel corso della vita di Euclid, e dimostra le eccezionali capacità di questo strumento che, siamo certi, porterà a importanti avanzamenti nei campi dell’astronomia e della cosmologia e contribuirà a svelare quel 95% del nostro universo che ancora ci rimane ignoto, ossia la natura della materia oscura e dell’energia oscura”.
La missione è uno dei programmi più ambiziosi a livello internazionale nel quale l’Italia, attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana, l’Istituto Nazionale di Astrofisica e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, gioca un ruolo di protagonista coinvolgendo oltre duecento scienziate e scienziati italiani, appartenenti anche a numerose università: Università di Bologna, Università Statale di Milano, Università di Genova, Università di Trieste, SISSA, Università di Ferrara, Università di Torino, CISAS dell’Università di Padova.
L’Italia ha progettato la strategia osservativa della missione e coordina tutte le attività a terra per la ricostruzione ed analisi dei dati. Il nostro Paese ha contribuito anche alla realizzazione dei due strumenti scientifici a bordo del satellite: il VIS (VISible Instrument) e il NISP (Near Infrared Spectrometer Photometer), che hanno l’obiettivo rispettivamente di ottenere immagini ad alta risoluzione del cielo profondo e di misurare gli spettri di milioni di galassie. (focus\aise)