I volti del Made in Italy (2)

ROMA – focus/ aise – I Consorzi di Tutela del Prosecco (Consorzio di Tutela Prosecco DOC, Consorzio di Tutela Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG e Consorzio Vini Asolo Montello) hanno annunciato in queste ore un’importante “vittoria” nell’ambito delle proprie attività tese a garantire, in Italia e all’estero, il corretto utilizzo del termine Prosecco e delle Denominazioni tutelate dai tre Consorzi membri.
Con una sentenza emessa l’11 giugno dalla Corte regionale di Varsavia, infatti, è stata riconosciuta la violazione della Denominazione Prosecco in Polonia su prodotti beauty di una nota multinazionale statunitense, attiva sul mercato locale tramite un distributore. Il giudizio di merito si è concluso in primo grado con una decisione favorevole ai Consorzi ma ancora appellabile dalla controparte. Questa sentenza conferma quindi il divieto d’uso della Denominazione per contraddistinguere e promuovere, anche sui relativi packaging e online, prodotti da corpo.
La Corte ha infatti dichiarato che tale utilizzo del termine “Prosecco” costituisce evocazione, sfruttamento della notorietà della Denominazione e comunicazione ingannevole per i consumatori. È la prima volta che in Polonia viene emessa una sentenza nel merito su un caso di violazione di un’indicazione geografica in ambito di prodotti non agroalimentari. Dopo questo successo, ottenuto con il supporto del team internazionale dello studio legale Bird & Bird, Sistema Prosecco dedicherà particolare attenzione anche al settore dei servizi, dove l’abuso del termine “Prosecco” è altrettanto diffuso.
La Corte ha peraltro confermato la piena legittimità ad agire del Consorzio per contestare, oltre alla violazione della Denominazione, anche illeciti di concorrenza sleale: tali poteri sono infatti insiti nella natura del Consorzio, quale portatore degli interessi dei produttori.
“Il Consorzio accoglie con soddisfazione la decisione della Corte, che conferma l’efficacia della strategia di tutela condivisa con Sistema Prosecco messa in atto negli anni – ha commentato Giancarlo Guidolin, Presidente del Consorzio di Tutela Prosecco DOC, supportato dai Presidenti Franco Adami del Consorzio di Tutela Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG e Michele Noal del Consorzio Vini Asolo Montello –. In particolare, questa azione segna un precedente significativo per la tutela delle IG a livello europeo. Infatti, il riconoscimento di una violazione della Denominazione Prosecco in una categoria merceologica lontana dal vino non è un esito scontato”.
Giancarlo Moretti Polegato, Presidente di Sistema Prosecco, ha dichiarato con fermezza: “Come ribadito dalla Corte, il termine Prosecco può essere utilizzato esclusivamente per prodotti conformi ai Disciplinari di produzione, in relazione a ciascuna Denominazione. Per questo i tre Consorzi continueranno a monitorare e ad agire in sinergia e con determinazione contro ogni forma di abuso e sfruttamento delle Denominazioni, in qualsiasi ambito merceologico, per proteggere e valorizzare l’operato di tutta la filiera produttiva”.
“Con i dazi al 15% il bicchiere rimarrà mezzo vuoto per almeno l’80% del vino italiano. Il danno che stimiamo per le nostre imprese è di circa 317 milioni di euro cumulati nei prossimi 12 mesi, mentre per i partner commerciali d’oltreoceano il mancato guadagno salirà fino a quasi 1,7 miliardi di dollari. Il danno salirebbe a 460 milioni di euro qualora il dollaro dovesse mantenere l’attuale livello di svalutazione. Facciamo sin d’ora appello al governo italiano e all’Ue per considerare adeguate misure per salvaguardare un settore che grazie al buyer statunitense era cresciuto molto”. Lo ha detto il presidente di Unione Italiana Vini (UIV), Lamberto Frescobaldi, in seguito all’accordo tra la Commissione europea e l’amministrazione Trump per l’applicazione di tariffe al 15% per le esportazioni di vini italiani, in vigore dal 1° agosto.
L’incontro in Scozia tra Trump e von der Leyen, commenta Frescobaldi, ha permesso almeno di “uscire da un’incertezza che stava bloccando il mercato; ora sarà necessario assumersi il mancato ricavo lungo la filiera per ridurre al minimo il ricarico allo scaffale. Secondo le nostre analisi, a inizio anno la bottiglia italiana che usciva dalla cantina a 5 euro veniva venduta in corsia a 11,5 dollari; ora, tra dazio e svalutazione della moneta statunitense, il prezzo della stessa bottiglia sarebbe vicino ai 15 dollari. Con la conseguenza che, se prima il prezzo finale rispetto al valore all’origine aumentava del 123%, da oggi lieviterà al 186%”.
Per l’Osservatorio UIV, il conto si fa molto più salato alla ristorazione, dove la stessa bottiglia da 5 euro rischierà di costare al tavolo – con un ricarico normale – circa 60 dollari.
“Non ci si può ritenere soddisfatti per questo accordo”, ha commentato il segretario generale di Unione italiana vini, Paolo Castelletti. “Un dazio al 15% è certamente inferiore all’ipotesi del 30%, ma è altrettanto vero che questa tariffa è enormemente superiore a quella, quasi nulla, del pre-dazio. Rispetto ai competitor europei, l’Italia rischia inoltre di subire un impatto maggiore, da una parte per la maggiore esposizione netta sul mercato statunitense, pari al 24% del valore totale dell’export contro il 20% della Francia e l’11% della Spagna; dall’altra per la tipologia dei prodotti del Belpaese che concentrano la propria forza sul rapporto qualità prezzo, con l’80% del prodotto che si concentra nelle fasce “popular” - quindi a un prezzo franco cantina di 4,2 euro al litro – e con solo il 2% delle bottiglie tricolori collocato in fascia superpremium”.
Secondo l’Osservatorio UIV, il rischio – qualora non si attivasse una riduzione dei ricavi lungo la filiera, che rappresenta comunque un danno - è di trovarsi, a fine 2026, vicino ai valori espressi nel 2019. Per UIV, ben il 76% (l’equivalente di 366 milioni di pezzi) delle 482 milioni di bottiglie tricolori spedite lo scorso anno verso gli Stati Uniti si trova in “zona rossa”, con una esposizione sul totale delle spedizioni superiore al 20%. Aree enologiche con picchi assoluti per il Moscato d’Asti (60%), il Pinot grigio (48%), il Chianti Classico (46%), i rossi toscani Dop al 35%, quelli piemontesi al 31% così come il Brunello di Montalcino, per chiudere con il Prosecco al 27% e il Lambrusco. In totale sono 364 milioni di bottiglie, per un valore di oltre 1.3 miliardi di euro, ovvero il 70% dell’export italiano verso gli Stati Uniti.
Come altre associazioni di categoria, anche Unione italiana vini attende il testo finale per una valutazione complessiva dell’accordo. (focus\aise)