IIC: cosa bolle in pentola

ROMA – focus/ aise - Nell’ambito delle sue residenze artistiche, l’Istituto Italiano di Cultura di Città del Messico il 29 settembre prossimo ospiterà il concerto del pianista jazz Emanuele Filippi.
Dopo una serie di presentazioni di successo nei più rinomati jazz clubs di Cittá del Messico, Filippi chiuderà il suo tour nell’Auditorium dell’Istituto, domenica 29 settembre alle 18:00.
Pianista e compositore friulano nato nel 1992, Emanuele Filippi ha pubblicato quattro album di musica originale, tra cui l’acclamato Musica Fragile, lodato da Fred Hersch nelle note di copertina come “deep and strong”.
Nel corso della sua carriera ha calcato importanti palchi a livello internazionale collaborando con artisti di spicco come Seamus Blake, Enrico Rava, Chris Morrissey, Ben Van Gelder, Francesco Bearzatti, Soweto Kinch, Fabrizio Bosso, Flavio Boltro, Jure Pukl, Francesco Ciniglio e molti altri.
La sua musica si caratterizza per una ricerca che unisce un profondo lirismo con sonorità cameristiche, mescolando atmosfere sognanti ed evocative, ad altre con energia vivace e tribale. Dopo anni trascorsi a Parigi, si è trasferito a New York, dove attualmente vive, suona ed insegna.
La scrittrice Olga Campofreda prenderà parte alla Long Night of Literatures 2024 che si terrà dal 23 al 30 settembre in diverse città dell’India, organizzata da EUNIC India in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di New Delhi.
Olga Campofreda vive a Londra, dove ha conseguito un PhD in Italian Studies presso lo University College di Londra, istituzione dove attualmente opera come ricercatrice.
Nel 2009 ha esordito con “La confraternita di Elvis” (ArpaNet). Ha pubblicato poi il saggio “Dalla generazione all’individuo. Giovinezza, identità, impegno nell’opera di Pier Vittorio Tondelli” (Mimesis 2020). Come ricercatrice, in ambito accademico, si occupa di rappresentazione della giovinezza, romanzo di formazione, contro cultura e culture giovanili. È autrice del reportage narrativo “A San Francisco con Lawrence Ferlinghetti. Viaggio oltre la Beat Generation” (Perrone, 2019), preceduto da “Caffè Trieste. Colazione con Lawrence Ferlinghetti” (Perrone, 2011).
Fresco di stampa il suo romanzo, con venature autobiografiche, “Ragazze perbene” (NN Editore, 2023) narra di una giovane che ha lasciato Caserta per Londra, inseguendo la libertà e la realizzazione di sé e poi torna nella provinciale città d’origine. Un realtà soffocante alla quale riuscirà comunque a sfuggire.
Suoi articoli sono apparsi su “Doppiozero”, “minima&moralia”, “Ultimo Uomo” “Zarina newsletter”, “La Balena Bianca” e “Dude Mag”. Collabora con il Festival of Italian Literature in London (FILL) ed è co-autrice del podcast “The Italian Files”. Infine, insieme a Eloisa Morra, cura “Elettra”, una serie antologica di racconti sul rapporto tra padri e figlie (effequ).
Olga Campofreda sarà ospite della Long Night of Literatures 2024 oggi a Calcutta, il 27 a Delhi presso l’Istituto Cervantes e il 30 a Varanasi nella sede dell’Alice Boner Institute.
È stato inaugurato il 7 settembre l’Italian Pavilion alla Biennale di Gwangju, in Corea del Sud, in programma sino all’1 dicembre presso il Dong-gok Museum of Art.
L’Italia è presente per la seconda volta alla biennale grazie all’organizzazione dell’Istituto Italiano di Cultura di Seoul, insieme a Biennale di Gwangju, Bomun Welfare Foundation e Dong-gok Art Museum, con il supporto della galleria Mazzoleni di Londra e Torino, la partnership istituzionale con il Seoul Institute of the Arts e la partnership tecnica per il suono di Bang&Olufsen.
Il Padiglione Italia alla 15ª Biennale di Gwangju, intitolato “Ministries of Loneliness”, si propone di esaminare la relazione tra l’individuo (Io) e l’ambiente sociale/collettivo (Noi), nel contesto delle moltitudini di “certezze” date per scontate e che ora stanno crollando. Mentre la mostra principale della Biennale di Gwangju, “Pansori – Un Paesaggio Sonoro del 21° Secolo”, curata da Nicolas Bourriaud, tratta questioni riguardanti il “grande esterno” - inteso come il mondo esterno nella sua vastità cosmologica - attraverso il suono, “Ministries of Loneliness” si concentra sulla relazione dell’Io con i suoi dintorni (Noi). Il crollo di entrambi è condizionato ed influenzato dal “grande esterno”. Il tema della solitudine, proposto dall’artista Rebecca Moccia in “Ministries of Loneliness”, come afferma la curatrice Soik Jung, è qui compreso come il crollo dell’Io, la cui esistenza e ubiquità deriva dall’isolamento fisico della persona e dalla relazione instabile tra Noi, Io e altri Io. Più fondamentalmente, è un effetto collaterale che appare dal disequilibrio e dalla disarmonia del “grande esterno”. “Ministries of Loneliness” continua ed esplora insistentemente questo punto attraverso la presentazione di Storie di Io, Luoghi di Io, Vita quotidiana di Io; intesi come il paesaggio della vita che Noi sperimentiamo ogni giorno attraverso la produzione culturale (musica, film, drammi). In tutte queste parti l’artista individua la solitudine di Io e Noi, con l’obiettivo di rivelare le strutture socioculturali e psicologiche che ne sono la causa.
“Ministries of Loneliness” è un nuovo capitolo di “Ministry of Loneliness”, un progetto contex-specific a cui Rebecca Moccia ha iniziato a lavorare dal 2021. Partendo dall’esplorazione del Ministry of Loneliness, un vero e proprio ministero nato nel 2018 nel Regno Unito, il progetto si sviluppa come una riflessione sulle strutture politiche e sociali che danno forma allo stato emotivo della solitudine e alla sua percezione nella società contemporanea.
La mostra di Gwangju presenta un corpo di lavori che raccontano il viaggio fisico e speculativo attraverso la solitudine e i suoi Ministeri – siano essi istituzioni formalizzate o meno - compiuto dall’artista tra Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone a partire dalle sue materialità: dalle parole che usiamo per descrivere questo stato emotivo, all’architettura e al suono degli spazi unipersonali in cui viviamo; dal rapporto tra i corpi e le strutture sociali che danno forma alla solitudine alle relazioni con il sistema economico-produttivo in cui questa emozione si è storicamente sviluppata.
Per la prima volta al Padiglione Italia alla 15a Biennale di Gwangju, il progetto viene presentato in una mostra internazionale in una forma ampliata e arricchita da un’esplorazione e ricerca site-specific della solitudine come intesa dai coreani, tramite una serie di residenze curate dall’Istituto Italiano di Cultura in collaborazione con il Seoul Institute of the Arts, partner istituzionale del padiglione Italia per il secondo anno consecutivo. In particolare, l’artista ha realizzato una serie di workshop coinvolgendo gli studenti del Seoul Institute of the Arts in un processo di ricerca partecipata. Gli studenti hanno contribuito non solo come soggetti di dialogo, ma anche come co-ricercatori per trovare e documentare luoghi, storie, situazioni e media che rivelano le radici e lo sviluppo della solitudine in Corea.
Volendo superare una presentazione stereotipata, la linea curatoriale della mostra, condivisa dall’artista e dalla curatrice, propone un’installazione spaziale totalizzante, transmediale e immersiva in cui lo spettatore può avere un’esperienza complessa della solitudine. Le opere diventano così un paesaggio da esplorare, attivando una ricezione multisensoriale tramite vista, udito, e tatto.
La mostra presso il Dong-gok Museum of Art, si divide in due macro-sezioni: una sezione d’archivio che presenta documenti, immagini testi relativi alla ricerca dell’artista sulla solitudine; e un’installazione ambientale realizzata per l’occasione con opere multimediali, incluse installazioni audio-video multi-channel, fotografie e ceramiche, prodotte ad-hoc per il Padiglione Italia, con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura a Seoul e della galleria Mazzoleni. (focus\aise)