L’ambiente al primo posto

ROMA – focus\aise - La crescente produzione globale di olio d'oliva ha portato con sé sfide ambientali rilevanti. Gli scarti generati dai frantoi spesso non vengono smaltiti in modo controllato, causando danni al suolo e compromettendo la salute microbica a causa dell'alto contenuto di tannini e composti fenolici.
La gestione sostenibile dei rifiuti agricoli è fondamentale per la salvaguardia ambientale. In risposta a questa esigenza, il team di ricercatori coordinato da Vincenzo Lionetti del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin dell’Università La Sapienza di Roma ha sviluppato approcci innovativi di chimica verde per riciclare i residui dei frantoi, come la sansa d’olive, trasformandoli in agenti naturali di protezione delle piante.
Il progetto, esitato in due studi pubblicati sulle riviste Plant Stress e Plant Physiology and Biochemistry, ha visto il coinvolgimento anche dell’Istituto della protezione sostenibile delle piante del CNR di Bari, le aziende AGROLIO e BIOENUTRA, e università spagnole e danesi.
“Gli estratti ottenuti - spiega Lionetti - agiscono anche come attivatori naturali dell’immunità delle piante, stimolando i meccanismi di difesa innati e potenziando la capacità delle piante di affrontare le infezioni”.
Preparando il sistema immunitario, gli estratti naturali identificati si configurano come un’alternativa ecologica ai pesticidi chimici, contribuendo così a ridurre l’impatto ambientale delle soluzioni sintetiche e sostenendo pratiche agricole più rispettose della natura.
Alcuni di questi composti bioattivi hanno mostrato proprietà antimicrobiche significative, risultando particolarmente efficaci contro patogeni, come Xylella fastidiosa, Pseudomonas syringae e Botrytis cinerea. Questi patogeni attaccano diverse specie vegetali, causando sintomi come marciumi, appassimento e, in alcuni casi, gravi disseccamenti che minacciano colture di enorme valore, come gli ulivi.
“Questa innovazione offre quindi, nuove opportunità per utilizzare i sottoprodotti dei frantoi, trasformando i residui agricoli in strumenti preziosi per la gestione integrata di diversi parassiti – afferma Lionetti – inoltre, promuove un'economia circolare sostenibile nel settore agro-industriale, contribuendo a ridurre l'uso di pesticidi nocivi per la salute umana e per l'ambiente”.
Queste ricerche sono state sostenute da diversi progetti tra cui la Linea tematica 2- Bioenergy and Green Chemistry nell’ambito dell’ecosistema dell’innovazione Rome Technopole guidato da Sapienza in sinergia con REACH-XY finanziato dal MUR e MEF e altri progetti.
L’interazione tra robot e animali può offrire soluzioni innovative alla crisi climatica e ambientale. È questa la tesi proposta da due scienziati europei, Thomas Schmickl, professore presso l’University of Graz, e Donato Romano, ricercatore presso l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in un articolo pubblicato sulla rivista Science Robotics.
Non è più infatti il tempo di controllare e sfidare la natura: per rispondere ai cambiamenti climatici, alla perdita della biodiversità e a tutte le emergenze ambientali che attanagliano il pianeta, sono necessarie nuovi soluzioni in grado di integrare biologia e tecnologia.
“L’obiettivo è quello di sviluppare simbiosi tra organismi viventi e macchine in grado di generare proprietà collettive emergenti utili per la comprensione della complessità biologica, promuovere una gestione ambientale sostenibile, ispirare soluzioni in ingegneria, e fornire supporto in ambienti estremi” dichiara Donato Romano.
La collaborazione tra robot e animali per salvare il pianeta
Nell’articolo pubblicato su Science Robotics, Schmickl e Romano hanno raccolto gli esempi più rilevanti di nuovi sistemi di interazione tra animali e robot sviluppati negli ultimi anni. Il grande vantaggio dell’interazione robot-animale è quello di creare sistemi che sfruttano il comportamento naturale degli animali e le capacità tecnologiche dei robot per affrontare problemi complessi. I robot possono collaborare con le specie animali per monitorare e proteggere gli ecosistemi, sostenere la biodiversità e migliorare la resilienza ecologica. Collaborando, animali e robot sono in grado di svolgere compiti di cui né l’uno né l’altro sarebbero capaci da soli, come ripristinare habitat, controllare specie invasive o raccogliere dati ambientali in tempo reale in modo non invasivo. Queste sinergie possono inoltre contribuire a gestire risorse naturali in modo sostenibile e a mitigare gli effetti negativi delle attività umane sugli ecosistemi.
L’attività di ricerca del BioRobotic Ecosystems Lab
Donato Romano è responsabile scientifico del BioRobotic Ecosystems Lab, laboratorio di ricerca dell’Istituto di BioRobotica, il cui obiettivo è sviluppare nuove soluzioni di interazione robot-animali per monitorare, proteggere e gestire gli ecosistemi, affrontando le sfide ecologiche in modo innovativo.
Tra i suoi progetti, l’interazione tra api e alveari robot condotta nel progetto europeo ‘SensorBees’ per lo sviluppo di arnie robotiche in grado di supportare la stabilità degli ecosistemi e la protezione degli impollinatori; l’apprendimento sociale negli insetti che possono utilizzare informazioni sociali fornite da robot biomimetici per produrre specifiche risposte comportamentali; il monitoraggio ambientale con sensori biologici che ha permesso lo sviluppo di un sistema collaborativo tra alcuni esemplari di grillo domestico, l’Acheta domesticus, e l’intelligenza artificiale; lo sviluppo di un sistema bioibrido per il monitoraggio acquatico in risposta ai cambiamenti ambientali, all'inquinamento e al riscaldamento globale.
Una delegazione dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha recentemente preso parte a una visita ufficiale presso la Northeastern University (NEU) di Shenyang (provincia del Liaoning, Cina), frutto di una intensa collaborazione scientifica iniziata nel 2018 nell’ambito dei progetti DRAGON-4 e DRAGON-5, finanziati dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e dal National Remote Sensing Center cinese, con l’obiettivo di promuovere la collaborazione e lo scambio di conoscenze tra Europa e Cina sui rischi naturali e sulle possibili applicazioni basate su dati di Osservazione della Terra e in-situ.
Il team dell’INGV, composto da esperti di dati satellitari e vulcanologi, ha presentato le attività di ricerca e i principali risultati ottenuti in questi anni di collaborazione con NEU. La delegazione italiana, inoltre, ha avuto modo di introdurre l’INGV come Ente di Ricerca e descrivere i progetti multidisciplinari dell’Istituto negli ambiti del monitoraggio vulcanico, sismico e ambientale.
In questa occasione, riporta l’Istituto, sono state discusse anche le future collaborazioni di ricerca e il programma delle attività dei prossimi mesi, inaugurando ufficialmente il progetto DRAGON-6 con la visita a due delle aree di studio previste dal nascente programma: la miniera di carbone a cielo aperto più grande dell’Asia, situata nella città di Fushun, e il complesso dei vulcani monogenetici di Longgang. Sono stati inoltre valutati gli effetti delle deformazioni estese e localizzate che insistono su tali aree.
I rapporti tra INGV e NEU saranno consolidati dalla sigla di un Memorandum of Understanding, promosso dall’Istituto con l’obiettivo di facilitare lo scambio di conoscenze, dati e personale di ricerca, favorendo, quindi, il progresso della ricerca scientifica. (focus/aise)