L’ambiente al primo posto

ROMA – focus/ aise - Si è concluso il progetto "Tomato Sauce - Sustainable agriculture in central Europe", finanziato nell’ambito del programma Agrip-Simple-2022-IM-Sustainable del regolamento UE 1144/2014, condotto dall’OI Pomodoro da Industria Nord Italia per promuovere la conoscenza della sostenibilità dell’agricoltura europea, in particolare della filiera del pomodoro verso Francia e Germania, tra i principali paesi di destinazione delle conserve rosse italiane. Il progetto, dalla durata biennale (marzo 2023-marzo 2025) ha visto il coinvolgimento di giornalisti, buyer e operatori del settore dei due Paesi attraverso molteplici attività di comunicazione realizzate per raccontare i 5 pilastri della sostenibilità, che guidano le attività dei soci dell’OI Pomodoro da Industria Nord Italia.
Nella fase conclusiva del progetto, è stata condotta anche un’analisi di mercato sulle esportazioni di derivati del pomodoro italiani, con un focus su Francia e Germania. I risultati dell’analisi e del progetto Tomato SAUCE sono stati presentati alla conferenza stampa finale presso la sede dell’OI Pomodoro da Industria Nord Italia, a Parma, martedì 25 marzo.
I 5 pilastri del progetto
Il progetto Tomato SAUCE, con un budget complessivo di circa 200.000 euro, finanziato al 70% dall’UE, è stato costruito ascoltando direttamente le necessità comunicative degli operatori dell’OI Pomodoro da Industria Nord Italia, puntando su concetti trasversali e comuni a tutti i soci. Tomato SAUCE ha raccontato i 5 pilastri della sostenibilità ambientale e sociale alla base della produzione di concentrati, polpe e passate realizzati nel Nord Italia, dal campo alla trasformazione industriale: l’approccio olistico della filiera alla sostenibilità, che tiene conto dell’aspetto ambientale, economico e sociale; i metodi di produzione agricola integrata volontaria e biologica; la bassa impronta di carbonio, grazie alle ridotte emissioni durante il trasporto del pomodoro raccolto, data la distanza media di soli 60 km tra i campi e gli stabilimenti di trasformazione, e grazie all’uso sempre più diffuso di fonti rinnovabili energetiche nelle aziende; la riduzione della water footprint grazie a tecnologie per il risparmio idrico, tra cui l’irrigazione a goccia, l’uso di sonde in campo per il controllo dell’umidità e l’impiego di DSS e il riciclo delle acque nei sistemi industriali; la responsabilità sociale che passa attraverso il rispetto di tutti gli attori della filiera, in un territorio dove la norma è la buona occupazione. La filiera, infatti, non si concentra solo sulla sostenibilità ambientale, ma anche su quella sociale. La produzione in campo è interamente meccanizzata. Nella filiera i rapporti si svolgono nell’ambito dell’organizzazione interprofessionale, in cui le decisioni sono prese in modo paritetico tra parte agricola e industriale, con regole condivise di correttezza e trasparenza, che promuovono la ripartizione del valore lungo la filiera.
Comunicazione a 360°
Il progetto ha attuato un’articolata strategia di comunicazione, inviando newsletter e mailing list selezionate e comunicati stampa alle principali riviste di settore dei due Paesi target. La comunicazione digitale ha avuto un ruolo centrale con la realizzazione di un sito web dedicato (oipomodoronorditalia.it/en) e un’attività costante sui social media, in particolare su LinkedIn, con post e campagne pubblicitarie. Uno strumento innovativo è stata la produzione di una docuserie “Truemato”: cinque episodi pubblicati sul canale YouTube di OI Pomodoro, in cui gli operatori hanno raccontato i 5 pilastri della sostenibilità, attraverso testimonianze dirette. L’OI Pomodoro da Industria Nord Italia ha inoltre organizzato dei press tour, ospitando a settembre dello scorso anno due delegazioni di giornalisti di prestigiose testate del settore food e food blogger, provenienti da Francia e Germania, per un’esperienza diretta sul campo. L’iniziativa ha offerto un’opportunità unica per far conoscere da vicino l’intera filiera produttiva del pomodoro del Nord Italia, dalle fasi di raccolta nei campi fino alla trasformazione nelle industrie.
La partecipazione alle principali fiere di settore – Anuga a Colonia nell’ottobre 2023, Cibus a Parma a maggio 2024 e Sial a Parigi nell’ottobre 2024 –, poi, ha consentito un contatto diretto con gli operatori del mercato, avvenuto sia attraverso la presenza diretta di OI Pomodoro Nord Italia sia tramite le aziende associate, grazie anche alla distribuzione dei materiali informativi.
Export, Francia e Germania primi paesi di destinazione
Durante la conferenza stampa finale presso la sede dell’OI Pomodoro da Industria Nord Italia sono stati presentati i dati relativi alle esportazioni italiane 2024 di derivati del pomodoro, elaborati da Vsafe, lo spin off dell’Università Cattolica responsabile della valutazione degli effetti del progetto Tomato SAUCE.
Nonostante la difficile campagna produttiva, anche nel 2024 è proseguito il trend di crescita a valore delle esportazioni italiane di pomodoro trasformato: nel complesso le esportazioni sono passate dai 3,25 miliardi di euro del 2023 ai 3,39 miliardi del 2024 con un incremento del +4,2%. In particolare, l’aggregato costituito da pomodori interi o in pezzi (pelati, polpe e pomodorini) ha raggiunto il valore di 1,66 miliardi di euro, con un incremento del +1,5%. I prodotti a base di pomodori preparati o conservati diversi da quelli interi o in pezzi, ovvero le passate e i concentrati, hanno toccato il valore record di 1,31 miliardi di euro (contro 1,22 del 2023) con un incremento del +6,8%, mentre l’aggregato ketchup e altre salse, rappresentato dai sughi pronti, è salito fino a 425 milioni di euro, con un incremento del 7,4%. Le esportazioni italiane di derivati del pomodoro nel corso del 2024 sono aumentate anche in volume rispetto al 2023, con un incremento pari al +6,4%.
Nel 2024, Germania e Francia risultano rispettivamente il primo e il terzo paese di destinazione dei derivati di pomodoro italiani all’estero, rispettivamente per un valore di 556 e 338 milioni di euro. Le esportazioni in valore verso la Francia sono risultate in aumento nel corso del 2024, mentre quelle verso la Germania hanno registrato un rallentamento.
Non solo la Marmolada, il ghiacciaio simbolo delle Dolomiti. Nei prossimi decenni potrebbero ridursi, fino a sparire, anche gli altri ghiacciai di queste montagne. A sostenerlo per la prima volta uno studio realizzato dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e dall’Università Ca’ Foscari Venezia, appena pubblicato sulla rivista The Cryosphere. Hanno collaborato alla ricerca il Comitato Glaciologico Italiano, la Società Meteorologica Alpino-Adriatica, l’ARPA Veneto, il Servizio geologico di Danimarca e Groenlandia, l’Università tecnica della Danimarca, l’Università Roma Tre e l’Università del Quèbec a Montreal.
“Le Dolomiti sono state oggetto di numerosi studi in ambito geologico, geomorfologico e sulla biodiversità. Tuttavia, i ghiacciai di questa regione sono spesso rimasti ai margini dell’esplorazione scientifica, ad eccezione del ghiacciaio della Marmolada, il più esteso della zona”, spiega Renato R. Colucci, ricercatore del Cnr-Isp e coautore del paper. “Nonostante le informazioni sui ghiacciai delle Dolomiti fornite dalle due edizioni dei catasti dei ghiacciai italiani del 1962 e del 2015, i dati disponibili in merito alla loro evoluzione nel corso del tempo sono stati finora estremamente frammentari, e spesso sono stati solo qualitativi, soprattutto per quanto riguarda le loro variazioni di volume. Il nostro è il primo lavoro a presentare una stima pluridecennale (dagli anni '80 al 2023) della variazione topografica e del bilancio di massa degli attuali ghiacciai montani presenti nelle Dolomiti”.
Un risultato raggiunto in due step: per il periodo dagli anni ’80 al 2010 è stata impiegata la tecnica Structure from Motion (SfM) applicata ad immagini aeree storiche; dal 2010 al 2023 invece si è fatto uso anche di immagini con droni (UAV) e acquisizioni Light Detection and Ranging (LiDAR) da elicottero, che hanno permesso un’elevata risoluzione e accuratezza.
Al 2023, ultimo anno preso in esame dallo studio, si contavano 9 ghiacciai, anche se la frammentazione del ghiacciaio della Marmolada in 4 corpi glaciali distinti, porta il numero totale a 12. “L’area totale di questi ultimi 12 ghiacciai è passata da poco più di 4 km quadrati negli anni ’80 a poco meno di 2 km quadrati oggi, con una perdita del 56%, di cui il 33% dal 2010”, precisa Andrea Securo, dottorando dell’Università Ca’ Foscari Venezia e coautore dello studio. “Complessivamente abbiamo riscontrato una diminuzione della superficie topografica media dei ghiacciai di 28,7 metri dal 1980 al 2023, di cui il 33% tra il 2010 e il 2023. Il ghiacciaio che ha subito la riduzione maggiore è quello della Fradusta, che ha visto una diminuzione di spessore medio di 50 metri ed una riduzione areale del 90%”.
Interessanti anche i dati sulle temperature elaborati per lo studio assieme ad ARPA Veneto che ha quantificato un aumento di +2.0°C, circa +0.5°C per decade negli ultimi 40 anni. Al contempo i dati mostrano anche un certo aumento delle precipitazioni nevose ma solo in alta quota, fenomeno che, avvertono i ricercatori, non è stato sufficiente a colmare la maggiore fusione dovuta a estati sempre più lunghe e sempre più calde.
In conclusione, lo studio mette in luce che in tutta l’area, il 66% dell'intera perdita di volume è attribuibile al solo ghiacciaio della Marmolada. “Oggi le aree di accumulo dei ghiacciai delle Dolomiti si trovano al di sotto della linea di equilibrio glaciale alpina, un indicatore del fatto che, nel giro di pochi decenni, questi ghiacciai scompariranno o si frammenteranno in piccoli corpi glaciali senza dinamica. Il loro destino appare purtroppo inevitabile anche assumendo una stabilizzazione del clima sui valori medi degli ultimi 30 anni (1991-2020)”, concludono gli autori. (focus\aise)