L’ambiente al primo posto

ROMA – focus/ aise - L'Istituto Officina dei Materiali del Cnr, in collaborazione con AREA Science Park ed Elettra-Sincrotrone Trieste, coordinerà "I-Campus-H2", Infrastruttura di ricerca integrata per la caratterizzazione analitica di Materiali e processi ad uso strategico, uno dei cinque progetti presentati a Trieste nell'ambito della conferenza "EPHyC" tenutasi dall'8 all'11 aprile. L'Infrastruttura è finanziata dalla Regione Friuli Venezia Giulia con un contributo di 2,17 milioni di euro, ed è pensata per rafforzare le capacità di spettroscopia e microscopia presso i laboratori del campus di Basovizza, a Trieste.
Con un focus sullo studio delle reazioni fondamentali per la transizione verso l'economia dell'idrogeno, "I-Campus-H2" si dedica all'analisi avanzata di processi come il water splitting per la produzione di idrogeno e la combustione di idrogeno in celle a combustibile per generare elettricità. Grazie a queste attività, il progetto mira a potenziare lo sviluppo della "Hydrogen Valley", offrendo risorse innovative sia alla comunità scientifica che all'industria.
“Il progetto mira a sviluppare un largo portfolio di caratterizzazioni avanzate per i materiali che sono coinvolti nella transizione all'economia dell'idrogeno, da mettere a disposizione della comunità scientifica e delle realtà produttive in particolare del Friuli Venezia Giulia”, ha commentato Piero Torelli, responsabile scientifico del progetto per il Cnr.
“I-Campus-H2” si inserisce nel più ampio quadro della Strategia regionale per l'idrogeno, un pilastro della politica del Friuli Venezia Giulia per favorire la neutralità climatica entro il 2045. Durante la presentazione, l'assessore regionale alla Ricerca ha sottolineato l'importanza del progetto per rafforzare la leadership del territorio nel settore dell'idrogeno verde, posizionando il Friuli Venezia Giulia come un attore chiave anche a livello europeo.
La conferenza internazionale "EPHyC", rivolta a studenti di dottorato impegnati nel campo dell'idrogeno, ha accolto 160 partecipanti provenienti da 85 università e centri di ricerca di 22 paesi europei. Gli studenti hanno avuto l'opportunità di visitare le strutture del Cnr-Iom e di Elettra-Sincrotrone Trieste, situate all'interno del campus di Basovizza.
Un team di ricerca che ha coinvolto l’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Ismar) e la Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli (SZN) ha per la prima volta applicato un modello climatico a ricostruzioni 3D basate sulle osservazioni per comprendere lo stato di salute degli oceani negli ultimi 25 anni: l’obiettivo era quantificare e descrivere la dinamica dei cambiamenti avvenuti in tale arco temporale e il loro impatto su fitoplancton e altri organismi marini. I risultati sono pubblicati su Science Advances.
Lo studio ha portato a diverse evidenze. Una prima considerazione è che la risposta degli oceani al riscaldamento globale influisce non solo sulla temperatura superficiale delle acque, ma anche sul ciclo idrologico, sulle correnti, sul rimescolamento superficiale e, a cascata, sugli scambi tra gli strati superficiali e profondi. Per quanto riguarda la temperatura delle acque è emerso che il riscaldamento della superficie del mare appare globalmente più veloce (circa 0.022 °C/anno anziché 0.014 °C/anno) una volta isolate correttamente le oscillazioni naturali, in particolare quelle della fascia tropicale del Pacifico. Inoltre, alcuni dei principali sistemi di correnti marine si stanno spostando latitudinalmente e gli scambi verticali si stanno intensificando, modificando il rinnovo delle acque oceaniche profonde e l'immagazzinamento di calore da parte degli oceani. Anche il cambiamento a lungo termine del contenuto di calore e salinità lungo la colonna d’acqua rivela una risposta più complessa rispetto al semplice aumento della stratificazione associata al riscaldamento superficiale.
Per quanto riguarda le conseguenze dei cambiamenti osservati sull'abbondanza di fitoplancton, queste sono state analizzate attraverso una classificazione geografica che ha permesso di tenere in considerazione fattori fisici locali. “In questo modo, grazie a tecniche di machine learning, abbiamo offerto una base solida per studiare l’impatto del cambiamento climatico sugli ecosistemi marini, che permetterà in futuro di comprendere meglio la relazione tra la dinamica oceanica e la risposta del plancton, anche tramite l’uso di approcci innovativi quali lo studio del DNA e RNA degli organismi, un campo di ricerca nuovo per la comunità scientifica”, ha spiegato Daniele Iudicone, uno dei due scienziati a condurre lo studio. “Queste conoscenze potranno inoltre guidare lo sviluppo di strategie più efficaci per il monitoraggio degli oceani, come l'ottimizzazione di sistemi osservativi autonomi basati sulle caratteristiche di una determinata regione, la progettazione di campagne osservative mirate, lo sviluppo di strumenti di previsione innovativi e la definizione di misure più efficaci per la preservazione degli ecosistemi marini”.
Lo studio ha adottato una metodologia empirica innovativa per identificare i comportamenti emergenti a lungo termine della dinamica oceanica e i loro effetti sugli organismi marini: in particolare, sono state prese in esame sei componenti fisiche fondamentali per descrivere la dinamica degli strati oceanici superficiali – temperatura, salinità, profondità dello strato mescolato superficiale, energia associata alle correnti orizzontali e verticali, energia immessa negli oceani dal vento-, e un indicatore quantitativo dell'abbondanza degli organismi fitoplanctonici, le microalghe che costituiscono la base della catena alimentare e contribuiscono al sequestro della CO2 atmosferica.
“Il nostro approccio unisce dati oceanografici, modellazione climatica empirica e machine learning, si differenzia da precedenti lavori basati su singole variabili e permette di ottenere un’immagine più completa dei cambiamenti nello stato e nella dinamica degli oceani”, spiega Bruno Buongiorno Nardelli (Cnr-Ismar), che ha condotto lo studio assieme a Daniele Iudicone (SZN). “Anche se molta attenzione viene posta sull’analisi del riscaldamento globale, la risposta degli ecosistemi marini, e in particolare delle microalghe, è regolata da numerosi altri fattori, come l’apporto di nutrienti dagli strati profondi e la disponibilità di luce per la fotosintesi, entrambi modulati dai processi fisici che guidano l’evoluzione dinamica del sistema. Il cambiamento climatico, infatti, agisce sugli oceani attraverso processi complessi che non possono essere descritti né compresi appieno analizzando singole variabili separatamente. Ad esempio, un’alterazione delle precipitazioni o del vento può avere localmente un impatto maggiore del riscaldamento superficiale. Inoltre, è importante quantificare i cambiamenti sul lungo periodo separandoli delle oscillazioni naturali del sistema che avvengono su scale pluriannuali”. (focus\aise)