L'ambiente al primo posto

ROMA – focus/ aise – Inizia in Antartide la 41a Spedizione di ricerca italiana che quest’anno coinvolgerà circa 200 tra tecnici, ricercatori e ricercatrici impegnati in progetti riguardanti diverse discipline, tra cui glaciologia, geologia, climatologia, biodiversità e oceanografia, che saranno realizzati tra la base Mario Zucchelli, quella di Concordia e a bordo della rompighiaccio Laura Bassi. Le missioni italiane in Antartide sono condotte nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) e gestito dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per il coordinamento scientifico, da ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) per la gestione tecnica e scientifica della nave rompighiaccio Laura Bassi.
Il primo contingente di tecnici atterrato in territorio antartico ha già ripristinato l’operatività della base costiera Mario Zucchelli, chiusa dallo scorso febbraio, e sta verificando le condizioni del ghiaccio marino dove sarà allestita la pista di atterraggio per i successivi voli, operati con il C130J della 46° Brigata Aerea dell’Aeronautica Militare Italiana, per il trasporto di materiale e del personale impegnato nella missione. “Nel corso della Spedizione saranno realizzati interventi di ammodernamento della stazione Mario Zucchelli, tra cui la riqualificazione della viabilità interna, la manutenzione del molo e saranno realizzate opere per ospitare nuovi impianti tecnici, con l’obiettivo di rendere la base sempre più efficiente e funzionale”, spiega Elena Campana, responsabile dell’Unità Tecnica Antartide ENEA che coordina le attività logistiche. “A Concordia, oltre alla manutenzione infrastrutturale delle due torri e degli shelter che compongono la stazione, saranno realizzati interventi per ridurre l’accumulo nevoso e per l’installazione di un nuovo modulo acqua nell’area Summer Camp”.
Il primo team di ricerca arriverà a Mario Zucchelli intorno al 6 novembre. La base vedrà impegnati circa 114 tra ricercatori, ricercatrici e tecnici in diverse attività scientifiche (14 tra progetti e osservatori permanenti). Tra queste, lo studio delle interazioni tra Terra, ghiaccio e clima, per la comprensione delle dinamiche ambientali globali; l’analisi dell’inquinamento e dell’impatto antropico sull’ecosistema; lo studio della biodiversità e degli adattamenti degli organismi viventi in condizioni estreme; osservazioni di geofisica per lo studio dei movimenti della crosta terrestre e le deformazioni del suolo. Si svolgeranno inoltre ricerche di astronomia, astrofisica e meteorologia spaziale. Anche in questa spedizione diversi progetti del PNRA si svolgeranno presso basi e navi di ricerca straniere.
Partirà invece a inizio novembre la campagna estiva nella stazione italo-francese Concordia a oltre 3 mila metri di altezza, dove saranno condotti circa 39 progetti di ricerca con il coinvolgimento di circa 80 partecipanti, tra cui il nuovo contingente invernale. Si tratta di un gruppo di 12 winterover composto da 5 italiani, 6 francesi e 1 britannico, che garantirà il funzionamento della base e il proseguimento delle attività di ricerca anche durante i nove mesi dell’inverno polare (da inizio febbraio a inizio novembre), quando la temperatura esterna raggiunge i -80 C° e la base resterà in completo isolamento. A Concordia si svolgeranno anche le attività di ricerca in carico all’Istituto polare francese Paul-Émile Victor (IPEV) e all’Agenzia Spaziale Europea (ESA).
Anche quest’anno, a metà novembre sarà aperto il campo di Little Dome C, a 35 chilometri da Concordia, per la stagione conclusiva del progetto internazionale “Beyond Epica Oldest Ice”, cofinanziato dalla Commissione europea e coordinato dall’Istituto di scienze polari del Cnr (Cnr-Isp). Nel campo si svolgeranno le operazioni di perforazione della roccia sottostante la calotta glaciale antartica e di estrazione di repliche dei campioni prelevati la scorsa stagione contenenti informazioni sul clima del passato fino a oltre 1,2 milioni di anni.
“Anche questa spedizione italiana in Antartide conferma l’impegno del Cnr nel coordinamento della ricerca di eccellenza. Quest’anno, accanto a progetti consolidati ne saranno avviati di nuovi che prevedono collaborazioni internazionali di altissimo livello”, afferma Giuliana Panieri, direttrice del Cnr-Isp. “Grazie a queste nuove ricerche, approfondiremo la conoscenza del clima di questo delicato e prezioso ecosistema e indagheremo l’impatto che le attività umane possono avere anche in luogo così remoto e isolato, contribuendo con dati fondamentali alla comprensione delle dinamiche che regolano l’evoluzione del nostro pianeta”.
Le attività di ricerca della campagna scientifica si svolgeranno anche a bordo della nave Laura Bassi salpata a inizio ottobre da Trieste e che arriverà in Nuova Zelanda a metà novembre, passando per il Canale di Panama, dopo circa 50 giorni di navigazione. La nave inizierà poi il suo viaggio verso l'Antartide il 25 novembre per fare ritorno a Lyttelton il 18 dicembre. A fine dicembre la rompighiaccio partirà nuovamente dalla Nuova Zelanda per la seconda parte della missione in Antartide che terminerà all’inizio di marzo 2026 e che vedrà la realizzazione delle attività di 5 progetti scientifici. A bordo sono previsti 28 fra ricercatori e tecnici, oltre a un equipaggio navigante di 23 membri. “Le attività terranno impegnata la nave per più di 190 giorni”, spiega Franco Coren, direttore del Centro Gestione Infrastrutture Navali dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS. “Grazie a un piano di ammodernamento e di manutenzione straordinaria supportato dal Ministero dell'Università e della Ricerca, la nave intraprende la sua sesta missione in Antartide con un nuovo assetto tecnico che permetterà di migliorare le condizioni a bordo, sia per quanto riguarda gli aspetti quotidiani di permanenza a bordo sia per quello che riguarda l’attività di ricerca scientifica”.
Le Forze Armate partecipano alla spedizione con 20 esperti militari di Esercito, Marina, Aeronautica e Arma dei Carabinieri. Affiancheranno sul campo i ricercatori e le ricercatrici durante tutto il corso della spedizione, rendendo possibili e sicure le campagne esterne e subacquee, ma anche le operazioni aeree grazie alle competenze dei meteo previsori e dei controllori di volo. Alle attività parteciperanno anche 3 componenti del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
L’Irpinia Near Fault Observatory (INFO), il sistema di osservazione per lo studio della sismicità in Irpinia nato dalla collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e l’Università degli Studi di Napoli Federico II, nell’ambito dell’infrastruttura di ricerca europea EPOS, diventa realtà operativa grazie al Progetto PNRR-MEET dell’INGV.
Da più di un anno l’osservatorio INFO è dotato di un dispositivo sperimentale di rilevamento sismico distribuito (DAS) implementato a Tito Scalo (PZ) e basato su 20 km di fibra ottica. Ad oggi, l’acquisizione del segnale sismico è estesa a un tratto di fibra ottica di 80 km, costituendo un sistema di monitoraggio continuo del sistema di faglie irpino-lucano che collega Sant’Angelo le Fratte a Castelgrande (PZ) e che è in grado di “fotografare” i movimenti del sottosuolo con altissima precisione.
“Se guardiamo alla sismicità irpina degli ultimi vent’anni”, afferma Giulio Selvaggi, sismologo dell’INGV e coordinatore scientifico del progetto MEET, “sono pochi gli eventi sismici di magnitudo rilevante. Per poter studiare il sistema di faglie e capire la dinamica della crosta terrestre nell’area abbiamo bisogno di una lente di ingrandimento che consenta di vedere i terremoti più piccoli e analizzarli nel dettaglio”.
Grazie alla collaborazione con le aziende Metis e Fastweb, la fibra ottica comunemente usata per le telecomunicazioni è ora impiegata come una fitta rete di sensori distribuiti lungo il tracciato.
“Le misure provengono da una sorgente laser che invia impulsi luminosi all’interno della fibra”, spiega Gilberto Saccorotti, sismologo dell’INGV. “Il passaggio dell’onda sismica deforma la fibra e, modificando il cammino ottico degli impulsi, consente di misurare con precisione la deformazione del terreno. È come avere un sismometro installato ogni 10 metri, lungo una distanza di 80 km”.
Il nuovo sistema, dedicato alla caratterizzazione della microsismicità nell’area, ha già registrato numerosi eventi di bassa magnitudo; tuttavia, monitorando in continuo il sistema di faglie irpino-lucano, è stato in grado di registrare anche il terremoto di magnitudo ML 4.0 avvenuto nella zona di Montefredane (AV) lo scorso 25 ottobre, a circa 15 km di profondità. La deformazione del terreno causata da questo evento è stata osservata lungo gli interi 80 km di fibra ottica, fornendo un’immagine dettagliata e continua della propagazione delle onde sismiche che, al momento, non ha precedenti su scala nazionale.
“Siamo di fronte a un vero e proprio nuovo sistema di monitoraggio che trasforma radicalmente il segnale che finora riuscivamo a rilevare con i sensori sismici tradizionali”, conclude Gaetano Festa, professore di Fisica presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. “Con 80 km di cavo integrati al DAS siamo in grado di caratterizzare nel dettaglio anche la microsismicità e di compiere un salto di qualità nella conoscenza dei processi che avvengono sul sistema di faglie dell’Irpinia e del rischio sismico”.
Un salto tecnologico che segna un progresso decisivo nella capacità di osservare da vicino la genesi e la dinamica dei terremoti, aprendo la strada a nuove applicazioni della fibra ottica nella geofisica italiana. (focus\aise)