Le vie del commercio estero

ROMA – focus/aise - “Effetto Brexit sul settore italiano DOP IGP”. Si intitola così il nuovo report realizzato e pubblicato da Origin Italia in collaborazione con Fondazione Qualivita per analizzare il quadro economico e normativo inerente il settore agroalimentare dei prodotti DOP IGP nel Regno Unito a quattro anni dalla sua uscita dall’Unione Europea.
Obiettivo della ricerca, realizzata con il contributo del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, è offrire una fotografia dell’attuale contesto di riferimento attraverso l’analisi di dati, normative, ricerche e un’indagine diretta ai Consorzi di tutela e alle imprese del settore DOP IGP italiano.
L’agroalimentare è la prima voce delle esportazioni italiane nel Regno Unito con 4,53 miliardi di euro (2023) e il comparto con la crescita più alta dell’export in valore (+35% sul 2017). Per il settore del cibo DOP IGP nazionale, il Regno Unito è il 4° mercato di destinazione, con una quota del 6% dell’export che coinvolge oltre 60 denominazioni made in Italy, in particolare formaggi (66%), prodotti a base di carne (16%) e aceti balsamici (17%). Numeri che testimoniano la rilevanza strategica della partnership commerciale anche nel post-Brexit.
Una fotografia che deriva da una molteplice serie di effetti conseguenti l’uscita del Regno Unito dall’UE. Tra gli aspetti positivi l’Accordo sugli scambi e la cooperazione UE-UK – che garantisce benefici per i produttori italiani (zero dazi, autocertificazioni, ecc) e la protezione delle DOP IGP nel Regno Unito – oltre alla percezione di qualità e al buon posizionamento dei prodotti made in Italy nel mercato britannico.
Fra gli elementi negativi l’inflazione dei prezzi alimentari che preoccupa oltre l’80% dei cittadini nel Regno Unito e le relative conseguenze sulla GDO (leva del prezzo, private label, ecc) e la ristorazione (disponibilità di spesa, carenza di personale, ecc). A questi si aggiungono nuove barriere per l’export agroalimentare dovute alla Brexit, con aumento di costi e di tempi legati alla maggiore burocrazia, come evidenziato dal 75% delle aziende DOP IGP italiane.
Un quadro complesso e con varie incertezze che non intacca la fiducia del sistema italiano, con l’86% delle aziende e dei Consorzi della Dop economy che prevede investimenti per mantenere o accrescere le quote di mercato. Per supportare questo impegno, lo studio fornisce le informazioni e le coordinate utili su quattro livelli principali: Scenario, Mercato, Normativa e Accordi, Impatto Brexit DOP IGP.
La sezione Scenario presenta il percorso Brexit e le nuove regole di accesso al mercato, oltre a un’analisi del sistema agroalimentare del Regno Unito con dati, informazioni e trend per gli ambiti di produzione, consumo, distribuzione, ristorazione, e-commerce, ecc.
Il capitolo Mercato analizza i dati relativi agli scambi commerciali del settore agroalimentare del Regno Unito nel periodo di transizione della Brexit, con particolare attenzione ai rapporti con l’Italia.
L’approfondimento su Normativa e accordi descrive l’attuale quadro giuridico per le DOP IGP nel Regno Unito oltre a una vera e propria “Guida per la registrazione delle nuove Indicazioni Geografiche in UK” per le denominazioni registrate dopo il 1 gennaio 2021.
La sezione Impatto Brexit DOP IGP offre il punto di vista del settore, attraverso i risultati di due indagini svolte presso i Consorzi di tutela e le imprese associate sugli effetti più avvertiti dagli operatori, le azioni messe in atto e le prospettive percepite dagli attori del settore.
L’export di beni italiani nel 2024 è atteso a una ripresa del 3,7% per consolidarsi nel prossimo anno al +4,5%. Lo evidenzia il Doing Export Report di SACE, la guida pratica dedicata alle imprese per evolversi, presidiare e intercettare le opportunità per l’export in un contesto internazionale complesso, ma relativamente positivo.
Il rapporto, presentato a fine giugno, sottolinea un approccio sempre più flessibile e dinamico da parte delle imprese italiane, che anticipa i cambiamenti, innova e cerca costantemente nuove soluzioni; in sintesi, un approccio SPARKLING, ovvero: Smart, Proactive, Agile, Revolutionary, Kinetic, Leader, Innovative, New e Green.
La buona performance delle vendite oltre confine passa anche attraverso l’innovazione tecnologica, trasversale a tutti i settori: dall’agricoltura ai macchinari, le maggiori occasioni di business arriveranno dall’evoluzione da settori tradizionali a industrie del futuro. Un traino di crescita arriverà dai piani di sviluppo in materia di transizione green e digitale, che stimoleranno soprattutto la domanda di beni d’investimento. In particolare, l’Italia è tra i leader dell’export di tecnologie low-carbon (LCT). L’export di beni LCT ha raggiunto un valore di 35 miliardi di euro lo scorso anno ed è previsto in crescita a doppia cifra nei prossimi anni (+11,1% quest’anno e +13,7% il prossimo).
L’adozione di nuove tecnologie sta spingendo l’evoluzione anche dei beni di consumo: dal settore della moda al legno-arredo che impiegano prodotti e processi innovativi, come per esempio la stampa 3D. Per i beni intermedi i segnali positivi arriveranno quest’anno da comparti come cosmetica e farmaceutica, mentre dal 2025 contribuirà la ripresa della chimica in senso stretto. L’agroalimentare si conferma uno dei settori di punta per le vendite estere del Made in Italy, ancora una volta grazie all’evoluzione digitale e sostenibile: sensori, dispositivi di irrigazione intelligente, piattaforme di monitoraggio e gestione delle colture sono solo esempi di come le imprese italiane stanno affrontando le sfide del futuro. Infatti, le imprese che nel tempo hanno investito in tecnologie digitali e adottato processi produttivi digitalizzati – e continuano ancora oggi a farlo – godono di vantaggi di produttività misurabili e durevoli.
Inoltre, le imprese che hanno investito sia nelle tecnologie digitali sia nella formazione prevedono per il prossimo anno aumenti di produzione in maniera più diffusa rispetto a quelle che pur adottando il 4.0 non hanno puntato sulla formazione (36% vs 29%). In particolare, le imprese che usano strumenti di intelligenza artificiale hanno una maggiore probabilità di quasi il 10% di registrare un aumento dell’export nei prossimi anni, probabilità che raddoppia nel caso delle imprese di piccole dimensioni.
Le previsioni SACE confermano la buona performance delle esportazioni italiane nei mercati più dinamici, soprattutto in Asia e Medio Oriente. Alcuni Paesi risultano particolarmente promettenti per il Made in Italy in virtù del loro alto potenziale in termini di crescita e sviluppo tanto da essere qualificati da SACE come Paesi GATE, porta per il futuro dell’export italiano. Si tratta di 14 Paesi verso cui lo scorso anno si sono diretti circa 80 miliardi di euro di beni, che cresceranno del 5,4% quest’anno e del 7% il prossimo: dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti a Singapore, passando per India, Vietnam e Cina; oltreoceano in Brasile, Colombia e Messico, per ritornare verso il Vecchio Continente con Serbia e Turchia e scendere in Marocco, Egitto e Sud Africa. (focus\aise)