Papa Francesco: lo sport forza sociale che può unire i popoli

ROMA\ aise\ - “Lo sport ha anche una grande forza sociale, capace di unire pacificamente persone di culture diverse”. Così Papa Francesco al termine della recita dell’Angelus di ieri, 21 luglio, alla vigilia dell’apertura dei Giochi Olimpici di Parigi. “Auspico che questo evento possa essere segno del mondo inclusivo che vogliamo costruire e che gli atleti, con la loro testimonianza sportiva, siano messaggeri di pace e validi modelli per i giovani. In particolare, secondo l’antica tradizione, le Olimpiadi siano occasione per stabilire una tregua nelle guerre, dimostrando una sincera volontà di pace”.
Questo il messaggio che Bergoglio ha affidato a fedeli e pellegrini raccolti in piazza San Pietro per ascoltare il Vangelo, che nella liturgia di ieri “(Mc 6,30-34) narra che gli apostoli, ritornati dalla missione, si radunano intorno a Gesù e gli raccontano quello che hanno fatto; allora Lui dice loro: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’” (v. 31). La gente però capisce i loro movimenti e, quando scendono dalla barca, Gesù trova la folla che lo aspetta, ne sente compassione e si mette a insegnare (cfr v. 34). Dunque, da una parte l’invito a riposare e, dall’altra, la compassione di Gesù per la folla – è molto bello fermarsi a riflettere sulla compassione di Gesù –. Sembrano due cose inconciliabili, l’invito a riposare e la compassione, e invece vanno insieme: riposo e compassione. Vediamo”, ha sollecitato il Santo Padre.
“Gesù si preoccupa della stanchezza dei discepoli. Forse”, ha spiegato, “sta cogliendo un pericolo che può riguardare anche la nostra vita e il nostro apostolato, quando ad esempio l’entusiasmo nel portare avanti la missione o il lavoro, così come il ruolo e i compiti che ci sono affidati, ci rendono vittime dell’attivismo e questa è una cosa brutta: troppo preoccupati delle cose da fare, troppo preoccupati dei risultati. E allora succede che ci agitiamo e perdiamo di vista l’essenziale, rischiando di esaurire le nostre energie e di cadere nella stanchezza del corpo e dello spirito. È un monito importante per la nostra vita, per la nostra società spesso prigioniera della fretta, ma anche per la Chiesa e per il servizio pastorale: fratelli e sorelle, stiamo attenti alla dittatura del fare!”, ha ammonito Bergoglio, sottolineando che “questo può succedere per necessità anche nelle famiglie, quando per esempio il papà per guadagnare il pane è costretto ad assentarsi per lavoro, dovendo così sacrificare il tempo da dedicare alla famiglia. Spesso escono al mattino presto, quando i bambini stanno ancora dormendo, e tornano tardi la sera, quando sono già a letto. E questa è un’ingiustizia sociale. Nelle famiglie, papà e mamma dovrebbero avere il tempo per condividere con i figli, per far crescere questo amore famigliare e non cadere nella dittatura del fare. Pensiamo a cosa possiamo fare per aiutare le persone che sono costrette a vivere così”.
“Nello stesso tempo”, ha proseguito il Papa, “il riposo proposto da Gesù non è una fuga dal mondo, un ritirarsi nel benessere personale; al contrario, di fronte alla gente smarrita Egli prova compassione. E allora dal Vangelo impariamo che queste due realtà – riposo e compassione – sono legate: solo se impariamo a riposare possiamo avere compassione. Infatti è possibile avere uno sguardo compassionevole, che sa cogliere i bisogni dell’altro, soltanto se il nostro cuore non è consumato dall’ansia del fare, se sappiamo fermarci e, nel silenzio dell’adorazione, ricevere la Grazia di Dio”.
Quindi ha invitato fratelli e sorelle a chiedersi: “io mi so fermare durante le mie giornate? So prendermi un momento per stare con me stesso e con il Signore, oppure sono sempre preso dalla fretta, la fretta per le cose da fare? Sappiamo trovare un po’ di “deserto” interiore in mezzo ai rumori e alle attività di ogni giorno?”. Infine Bergoglio ha invocato la Vergine Santa, affinché “ci aiuti a “riposare nello Spirito” anche in mezzo a tutte le attività quotidiane, e ad essere disponibili e compassionevoli verso gli altri”. (p. di dionisio\aise)