DÜRER E IL RINASCIMENTO, TRA GERMANIA E ITALIA – di Concetta De Mauro

foto di Paolo Poce

BERLINO\ aise\ - ““Fra gli italiani ho molti buoni amici che mi avvertono di non familiarizzare troppo coi pittori locali. Molti di loro mi sono nemici e vanno copiando i miei lavori nelle chiese e dovunque li possono trovare (…) Giovanni Bellini invece mi ha lodato davanti a molti nobili e voleva avere qualche cosa di mio. (…) Tutti mi avevano detto che era un grand’uomo, e infatti lo è, e io mi sento veramente amico suo. È molto vecchio, ma certo è ancora il miglior pittore di tutti”. Sono le parole scritte da Albrecht Dürer durante il suo soggiorno a Venezia, in una lettera indirizzata il 7 febbraio 1506 al suo fedele amico, il giurista tedesco Willibald Pirckheimer. L’artista tedesco, ormai a quel tempo già incisore e pittore noto in tutta Europa, aveva intrapreso il suo secondo viaggio nell’Italia settentrionale per studiare l’arte del Rinascimento in piena fioritura. Questo fertile incontro tra Dürer e l’arte italiana è il tema della grande mostra “Dürer e il Rinascimento tra Germania e Italia”, ospitata presso Palazzo Reale di Milano, promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, curata da Bernard Aikema, professore di Storia dell’arte moderna all’Università di Verona, con la collaborazione di Andrew John Martin, ricercatore in Storia dell’arte e Rinascimento tedesco”. A scriverne è Concetta De Mauro su “il Deutsch-Italia”, quotidiano online diretto a Berlino da Alessandro Brogani.
“Sono più di 40 i prestatori italiani ed internazionali che hanno reso possibile l’allestimento dell’esposizione di circa 130 opere d’arte, tra dipinti, disegni, acquerelli, incisioni e libri, provenienti dai più importanti musei di Italia, Austria, Germania, Regno Unito, Spagna, Portogallo, Olanda e Stati Uniti D’America.
Nato nel 1471 a Norimberga, Albrecht Dürer cominciò a formarsi artisticamente come incisore nella bottega del padre, il noto orefice Albrecht Dürer il vecchio, ma ben presto cambiò disciplina divenendo allievo del pittore locale Michael Wolgemut. Dopo aver viaggiato, dal 1490 al 1494, tra Germania, Olanda, Francia e Svizzera, rientrato a Norimberga, sposò Agnes Frey, una ragazza proveniente da una famiglia ricca e potente, ma quasi subito dopo le nozze partì nuovamente per raggiungere l’Italia. Di questo primo viaggio italiano scarseggiano le fonti tanto da lasciare tutt’oggi il dubbio che sia davvero avvenuto. Ne seguì un altro, nel 1505, alla volta di Venezia, documentato da molti appunti e dalle missive inviate all’amico giurista Pirckheimer. La mostra allestita a Palazzo Reale di Milano segue le orme dell’artista tedesco nei suoi spostamenti tra le città dell’Oberdeutschland (l’antica denominazione della Germania meridionale) e l’Italia settentrionale, a cominciare proprio da Venezia.
Il visitatore con questa mostra ha la possibilità di ammirare 12 dipinti, 3 acquerelli e più di 60 disegni del pittore tedesco, tra cui le incisioni dell’Apocalisse e dei Cicli Cristologici, l’edizione originale dei suoi trattati sulla geometria, la prospettiva e l’architettura, e la sua più grande opera “Melancholia I”.
Albrecht Dürer era un genio dalle capacità sorprendenti non solo a livello artistico, avendo anche un’ottima attitudine alla matematica, e nonostante fosse già molto copiato dai suoi contemporanei (tanto da aver ideato il primo copyright della storia da apporre ai dipinti, un monogramma composto da una D annidata tra le gambe di una grande A) era alla costante ricerca del perfezionamento di sé e del proprio bagaglio culturale, anche attraverso lo studio di alcuni suoi contemporanei, come gli stimati artisti rinascimentali italiani. A testimonianza di ciò, la mostra milanese espone le sue opere del periodo veneziano, come la splendida pala “Cristo tra i dottori”, dove il suo pennello sembra aver citato, in diversi dettagli dei personaggi dipinti, sia Leonardo da Vinci che l’amatissimo Giovanni Bellini. Durante il suo viaggio italiano, egli ritrasse diversi volti, come il “Ritratto di giovane veneziana”, l’olio su tavola di una nobildonna che diventa l’esempio di come, venendo a contatto con il metodo italiano, avesse addolcito i tratti rispetto ai lavori precedenti. Perfezionò l’arte del ritratto dipingendo non solo i nobili italiani verso lauti compensi, ma anche i contadini alpini che probabilmente aveva incontrato durante il viaggio per raggiungere Venezia.
Se da un lato Albrecht Dürer è il perno centrale attorno a cui ruota l’intera mostra, dall’altro essa ha un proposito molto più ambizioso: quello di delineare le influenze del Rinascimento italiano sull’arte tedesca nell’epoca in cui l’Italia richiamava l’attenzione di molti stranieri che volevano studiare da vicino il ritorno del mito classico, il recupero della centralità dell’uomo in quanto essere e non in quanto derivante dal divino, la rottura con il passato a favore della rinascita artistica ed intellettuale. I ritratti, i paesaggi e i personaggi della mitologia classica dipinti dagli artisti rinascimentali italiani fecero scuola in tutta l’Europa e questa mostra ha il grande pregio di inserire, oltre al corpus più sostanzioso delle produzioni dell’artista di Norimberga tra il 1480 e il 1530, anche le opere di artisti tedeschi suoi contemporanei, poco noti in Italia, ma parimenti interessati allo studio dell’arte italiana, come Lucas Cranach, Albrecht Altdorfer, Hans Baldung Grien, Hans Burgkmair e Martin Schongauer.
Il fil rouge dell’esposizione è quindi il confronto tra l’arte tedesca e quella italiana, un confronto che vede, per esempio, il “Ritratto di un giovane uomo” di Dürer contendersi l’attenzione dello spettatore con il “Ritratto di giovane con pelliccia” di Andrea Previtali. Il pubblico può notare come l’arte tedesca rinascimentale fece propria la riscoperta della mitologia classica, osservando, tra gli altri, “Nemesis” di Dürer e “Ercole sostituisce Atlante nel reggere il globo terrestre” di Cranach. Non mancano le opere dei grandi esponenti rinascimentali italiani come “Cime innevate” e “San Girolamo nel deserto” di Leonardo da Vinci, e ancora “Orfeo e Euridice” di Tiziano, “Madonna con il bambino” di Giovanni Bellini, “Il trionfo di Cesare” di Andrea Mantegna e “Donna anziana” di Giorgione. C’è un continuo dialogo tra le opere italiane e le opere tedesche che guardavano all’Italia rinascimentale come fonte di ispirazione, come “Paesaggio con famiglia di satiri” di Albrecht Altdorfer e “Eva e il serpente” di Hans Baldung Grien.
La mostra sarà aperta al pubblico fino al 24 giugno”. (aise)