Ricordare e comprendere l’emigrazione: Di Benedetto (Comites Monaco di Baviera) al Convegno di Verona

MONACO DI BAVIERA\ aise\ - L'emigrazione come "memoria viva" e come tema "attuale e centrale per comprendere la nostra storia e il nostro futuro" pensandolo come un "fenomeno sociale, culturale e politico". Così, la Presidente del Comites di Monaco di Baviera, Daniela di Benedetto al convegno dal titolo "Da lavoratori migranti a cittadini europei", organizzato a Verona lo scorso 3 dicembre dal Comune assieme al Museo Nazionale dell'Emigrazione.
Dopo aver ringraziato il sindaco di Verona, Damiano Tommasi, il presidente della Fondazione MEI, Paolo Masini, la Presidente del Comites ha salutato le ragazze e i ragazzi e gli insegnanti del Liceo Artistico Statale di Verona, con i quali "abbiamo condiviso un'esperienza e un percorso che ha risvegliato vecchie energie ormai assopite e ne ha generate di nuove e fresche, dando un senso ad un lungo viaggio e a tanti sacrifici di molti emigrati: si tratta del percorso faticoso ed essenziale della memoria viva".
Di Benedetto si è quindi voluta soffermare su 3 date cardine per spiegare il rapporto fra le due città: "1945, finisce la Seconda guerra mondiale; 1955, la Germania impoverita dalla guerra, riconosce il proprio bisogno di aiuto nella ricostruzione del Paese a causa della mancanza di manodopera; l’Italia a propria volta impoverita dalla guerra, riconosce il bisogno di impiegare la manodopera disoccupata e la mancanza di carbone per riattivare la propria industria: nascono gli accordi bilaterali per lo scambio di manodopera. Verona e Monaco assumono rispettivamente il ruolo di città di partenza e città di arrivo di uno dei flussi migratori più importanti di quel tempo; 1965, Monaco di Baviera e Verona stringono un nuovo patto. Il gemellaggio: un ponte tra due città e due Nazioni, nato dalle macerie della Guerra e volute per gettare quelle che hanno volute essere le basi di nuove forme di collaborazione e di amicizia".
Passando al presente, la Presidente del Comites bavarese ha evidenziato il ruolo del programma "Ricordare l'emigrazione", patrocinato dalla sindaca, Verena Dietl, e fortemente voluto dal sindaco di Verona Tommasi e dagli assessori Jacopo Buffolo, Giacomo Cona e Antonio Benetti. "La natura stessa questo impegno dimostra come gli Italiani a Monaco siano oggi parte riconosciuta della città. Le città e le comunità di Monaco di Baviera e di Verona hanno voluto ripartire proprio da questi importanti anniversari, creando una lunga serie di iniziative di ogni natura, attivando i giovani di oggi, le associazioni, i giovani di allora e anziani di oggi, allora con una valigia piena di sogni ed oggi il cuore pieno di esperienze e ricordi, Istituzioni, Enti di ricerca, di formazione e presidi della Memoria. Un vero patrimonio civile che ci dimostra come da migrazione nasca cittadinanza, da migrazione nasca movimento, da migrazione nascano innovazione e futuro".
"Ricordare l’emigrazione" per la Presidente del Comites significa dunque "dare voce a milioni di uomini e donne che, a partire dagli anni ’50, hanno lasciato l’Italia per cercare in Germania un lavoro, una prospettiva, dignità riconosciuta. Molti di loro hanno affrontato sacrifici enormi: la lontananza dalle famiglie, le difficoltà linguistiche, condizioni di vita spesso dure. Eppure, con coraggio e determinazione, hanno contribuito alla crescita economica e sociale di questo Paese, diventando parte integrante della sua storia. Ricordare l’emigrazione è un atto di giustizia verso queste persone, ma è anche un modo per riconoscere che la memoria collettiva è la base su cui si costruisce la nostra identità europea. Una identità composita fatta di ogni tipo e forma di emigrazione: dai lavoratori più semplici ai ragazzi con la pagella cucita sulla giacca, da ricercatori, laureati, professionisti in cerca di fortuna a chi emigra per nome e conto di un’azienda internazionale o per tentare la fortuna di dare vita ad una propria azienda, dai padri di famiglia, alle madri, alle famiglie intere, ai nonni che seguono l’unica famiglia che hanno, persone sole in cerca di un qualunque futuro e con l’unica speranza di averne una possibilità. Sono solo alcune delle tante forme di emigrazione ed immigrazione che nel mio ruolo Istituzionale ho incontrato. Sono gli stessi volti che potevamo incontrare 70 anni fa come oggi, a Monaco, scesi da un treno al famoso binario 11, come a Verona".
"Quei migranti di 70 anni fa, questo lo so per averlo toccato con mano, sono stati a Monaco, in Baviera, in Germania, costruttori di diritti per tutti, mediatori culturali, portatori di bellezza, valori, cultura, arte che sono oggi parte integrante dell’immagine della città, della regione, del Paese - ha aggiunto ancora di Benedetto -. Gli italiani hanno portato un nuovo modo di vivere e gustare la vita, di mangiare, di organizzare il tempo libero, di fare impresa e ricerca. Esistono aziende apicali del mondo della scienza, della tecnologia e dell’innovazione a guida italiana. I migliori ristoranti sono italiani. Tanti lavoratori semplici ma creativi e produttivi sono italiani. La Germania, senza l’italianità che è riuscita ad assorbire, non sarebbe più la Germani che conosciamo. Eppure, 70 anni fa gli italiani era solo divoratori di spaghetti e cascamorti che minacciavano le ragazze alle quali fischiavano per strada, gente da rinchiudere in baracche nelle quali dovevano rientrare entro una certa ora la sera per potere poi uscire di nuovo solo l’indomani per andare a lavorare. Questi eravamo noi 70, 60, 50 anni fa. Questi sono oggi tanti migranti di Paesi extra-Europei che arrivano in Europa, ancora oggi".
"Gli Italiani che alla fine dell’800 e all’inizio del 900 migravano negli Stati Uniti erano considerati dei sottosviluppati, poco più che animali, gettando le basi per le teorie raziali - ha proseguito la Presidente del Comites -. Eppure, furono proprio quei sottosviluppati a rivoluzionare l’agricoltura statunitense introducendo lo sfruttamento di colture specializzate e intensive e tecniche tradizionali di irrigazione, furono proprio loro a dare vita alla Bank of Italy a San Francisco che presto divenne Bank of America. E così via con una sfilza ancora inconclusa di scoperte scientifiche e tecnologiche che hanno cambiato l’umanità".
E "comprendere l'emigrazione" per la Presidente di Benedetto "significa andare oltre la memoria, significa leggere l’emigrazione come fenomeno sociale, culturale e politico. L’esperienza italiana in Germania ci insegna che l’emigrazione non è mai solo movimento di persone: è scambio di culture, è trasformazione delle città, è costruzione di nuove comunità.
Oggi, gli italiani in Germania non sono più soltanto “lavoratori migranti”: sono cittadini europei, protagonisti della vita economica, culturale e politica. Comprendere questo percorso ci aiuta a guardare con lucidità alle sfide attuali: l’integrazione, la mobilità, la valorizzazione delle competenze, la tutela dei diritti. La storia dell’emigrazione italiana in Germania è un ponte che unisce passato e futuro. Dal 1955 al 2025, settant’anni di cammino ci mostrano come le comunità italiane abbiano saputo trasformare la fatica in opportunità, la nostalgia in legami, la distanza in nuove radici".
"Oggi ci troviamo troppo spesso a dovere difende l’emigrazione da chi la descrive come un fenomeno nuovo per dimensione e impatto. Chi lo sostiene mente o non è informato, oppure fa riferimento ad una definizione del fenomeno non chiara. Secondo la definizione che definisce come migrante internazionale un individuo che vive in un Paese diverso da quello delle proprie origini, per un periodo che va dai 6 ai 12 mesi, le Nazioni Unite contavano nel 1960 circa 93milioni di migranti, 170 milioni nel 2000 e una stima pari a 247 milioni nel 2017. Cifre sorprendenti: ancora più sorprendente è tuttavia ricordare che nello stesso periodo la popolazione mondiale sia cresciuta ad un ritmo approssimativamente uguale, dai 3 miliardi del 1960, ai 6 miliardi del 2000 ai 7.6 miliardi del 2017, mantenendo stabile la quota di emigrazione al 3% ca. Se consideriamo che le cifre del 1960 erano probabilmente sottostimate a causa della mancanza di registrazione di molti movimenti e fenomeni, potremmo addirittura dedurre una leggera flessione del fenomeno migratorio. Un ultimo dato: Tra il 1846 e il 1924 emigrano 48 milioni di Europei, il 12% della popolazione Europea nel 1.900. Tra il 1869 e il 1940 sono emigrati in Nord Europa e nelle Americhe, circa 16.4 milioni di italiani, ovvero la metà della popolazione italiana nel fatidico anno 1.900. Sono cifre impressionanti". "Si urla spesso al pericolo rifugiati, dimenticando che il numero totale dei rifugiati varia tra il 7 e il 12% di quel 3% totale". E oggi è "importante come mai sottolineare il fondamento razionale alle politiche migratorie perché troppi sono gli slogan che aleggiano alimentando paure e odio di cui non abbiamo bisogno e che rischiano di intimidirci, anche quando parliamo di immigrazione in Italia e in Germania, dimenticando chi siamo, chi siamo stati, il treno e la valigia piena di sogni con il quale siamo arrivati".
"L’emigrazione italiana in Germania non è soltanto una pagina di storia - ha concluso il suo intervento la Presidente di Benedetto -, ma un capitolo vivo della nostra identità europea, come ha detto il Presidente Mattarella,” l’emigrazione fa parte della nostra identità nazionale”. Ricordare e comprendere ci permette di rendere onore a chi ha aperto la strada e di dare strumenti a chi oggi continua a percorrerla". (aise)