“Pascoli, la Valle del Serchio e l’emigrazione”: la conferenza di Ilaria Del Bianco (Lucchesi nel Mondo) all’Unitre

LUCCA\ aise\ - Si è svolta presso l’Unitre la conferenza di Ilaria Del Bianco dedicata a Giovanni Pascoli nel 170° anniversario della nascita del poeta, 1855. Un appuntamento che ha offerto al pubblico una lettura originale e profondamente radicata nel territorio, mettendo in luce il rapporto tra Pascoli, la Valle del Serchio e il mondo dell’emigrazione.
Del Bianco ha introdotto la conferenza ricordando come l’associazione Lucchesi nel Mondo abbia voluto dedicare a Pascoli il proprio convegno annuale, articolato tra Barga e Lucca, grazie alla collaborazione della Fondazione Ricci, dell’Istituto Storico di Barga e della Fondazione Pascoli. Per l’incontro con l’Unitre è stato scelto un taglio diverso dal consueto: affrontare Pascoli attraverso la sua relazione diretta con un territorio segnato profondamente dal fenomeno migratorio.
Al centro della relazione, il prezioso carteggio tra Pascoli e Alfredo Caselli, proprietario del Caffè Caselli (oggi Caffè di Simo). Nelle lettere, conservate e pubblicate grazie all’opera curata da Felice Del Beccaro, emerge un Pascoli intimo, reale, spesso fragile e bisognoso del sostegno pratico dei suoi amici lucchesi.
La conferenza ha ripercorso la scelta del poeta di stabilirsi a Castelvecchio nel 1895, letta alla luce della sua ricerca di un luogo ideale, un Eden personale dove ricostruire il proprio “nido” e ritrovare un rapporto autentico con la natura e con gli uomini. Ilaria Del Bianco ha ricordato le parole del poeta — dal primo viaggio con Mariù e Gulli alla descrizione del suo arrivo a Barga — che restituiscono il senso profondo di quella scelta: un approdo alla pace, alla bellezza, alla bontà del paesaggio umano e naturale della Valle del Serchio.
Da qui prende forma un altro elemento centrale della conferenza: il rapporto tra Pascoli e la gente di Barga e della Valle, con le loro storie di partenze, ritorni, lavoro stagionale, emigrazione permanente o temporanea. Nelle lettere e nei testi pascoliani, l’emigrazione è presente con naturalezza, come parte della vita quotidiana delle famiglie del territorio. Pascoli ne coglie il linguaggio, i sentimenti, la nostalgia e le speranze: una materia poetica che confluisce direttamente nelle sue opere.
Del Bianco ha illustrato come Pascoli abbia dato voce agli emigranti già nel 1904 con il poemetto Italy, ispirato a una storia reale legata alla famiglia dello Zi Meo, figura centrale nella vita barghigiana del poeta. Nel poemetto ritornano le contaminazioni linguistiche degli emigranti, i sentimenti contrastanti tra i luoghi dell’infanzia e il “nuovo mondo”, il dramma della distanza vissuto dal punto di vista delle donne rimaste a casa.
Il tema torna anche in altre opere, come nel poemetto Nannetto, nella poesia Lavandare e soprattutto nel celebre articolo pubblicato sul quotidiano argentino La Prensa nel 1908, Meditazioni d’un solitario italiano in un paese donde si emigra, nel quale Pascoli riflette sulla vita di chi parte e di chi resta, e sul senso della mobilità umana come tratto distintivo del suo tempo.
La conferenza si è conclusa con un approfondimento sul discorso barghigiano La grande proletaria si è mossa (1911), nel quale Pascoli rilegge l’emigrazione come destino storico di un popolo in cerca di dignità e lavoro, inserendo le vicende locali in un quadro più ampio di tensioni sociali e nazionali.
L’iniziativa ha offerto al pubblico una lettura ricca e innovativa del poeta, restituendone il legame intimo con il territorio e il suo sguardo attento verso gli emigranti della Valle del Serchio. Un patrimonio umano e culturale che continua a parlare anche alle generazioni di oggi. (aise)