“Lingua oltre i confini”: la SLIM 2025 anticipa la Prima Conferenza Internazionale dell’Italofonia

ROMA\ aise\ - Una delle arie più toccanti dell’Ave Maria eseguita dai giovanissimi allievi dell’Accademia del Teatro alla Scala ha introdotto la presentazione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo 2025. A ospitare l’evento, come già l’ultima edizione degli Stati Generali della Lingua italiana nel mondo, la prestigiosa sede del MAXXI di Roma con la presidente Emanuela Bruni a dare il benvenuto ai presenti.
Giunta alla XXV edizione, la Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, principale appuntamento istituzionale sulla promozione della lingua italiana all’estero, si terrà dal 13 al 19 ottobre e sarà dedicata quest’anno al tema “Italofonia: lingua oltre i confini”. Una scelta, questa, come ha tenuto a sottolineare il ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani aprendo l’incontro, in qualche modo anticipatrice della Prima Conferenza Internazionale dell’Italofonia, in programma prossimo il 19 novembre.
La conferenza, organizzata, come la SLIM, in collaborazione con la Società Dante Alighieri e il governo elvetico, sarà un “momento di incontro” e di “sviluppo dei rapporti” tra Paesi che hanno l’italiano come lingua ufficiale, ma anche in cui vi è una forte presenza di comunità italiane. L’obiettivo è rendere la lingua italiana “ponte” tra questi Paese, confermando la volontà della Farnesina di usare sempre più la promozione di lingua e cultura come strumento strategico di “diplomazia della crescita”. Prima, però, ha osservato il ministro Tajani, occorre fare un passo indietro e iniziare a sposare una “scelta culturale”: quella di apprezzare, conoscere e promuovere la nostra lingua e cultura in Italia prima ancora che all’estero. Non si tratta di “malcelato nazionalismo”, ha voluto precisare Tajani, bensì di “affermazione della propria identità”, senza peccare di “provincialismo” e nella consapevolezza che “la nostra lingua è elemento di pace, dialogo e confronto”, non si è mai imposta e anche per questo è “amata e apprezzata nel mondo”. La lingua italiana e la cultura che rappresenta, ha proseguito il ministro, “non è soltanto specchio del nostro passato”, ma “guarda al futuro” accompagnando le nostre eccellenze nel mondo e accogliendo quelle straniere, come nel caso degli studenti e dei ricercatori palestinesi giunti ieri a Roma, ha ricordato Tajani. Ringraziando infine la rete diplomatico-consolare e degli Istituti Italiani di Cultura che organizzeranno numerosi eventi nel corso della SLIM, il ministro Tajani ha concluso augurandosi che “la lingua possa essere la bandiera della nostra presenza nel mondo”.
Che l’italiano e l’italianità che rappresenta vengano “da lontano”, ma non abbiano “paura di confrontarsi con la contemporaneità” lo ha sottolineato anche Andrea Riccardi, presidente della Società Dante Alighieri che da sempre affianca il Ministero degli Affari Esteri e l’Accademia della Crusca nella realizzazione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo. Riccardi ha espresso il proprio “convinto sostegno all’idea di una comunità globale dell’italofonia”, perché, ha ribadito, “esiste una comunità più grande della penisola che ama l’italiano e parla italiano”, grazie anche alla nostra storia migratoria all’estero. “L’italiano non è una lingua imperiale”, ma neanche “provinciale”, ha continuato il presidente della Dante, d’accordo con Tajani, “ha una sua forza non politica, ma intrinseca alla lingua stessa, storica, connessa a tanti patrimoni” come quello culturale e quello manifatturiero, ed è oggi “viva e creatrice”, “proiettata verso il futuro”. Andrea Riccardi si è detto lieto che sia stato oggi superato quel “timore di essere considerati nazionalisti” che per decenni ha penalizzato la nostra lingua. Oggi si assiste alla “volontà di recupero dell’identità e della lingua italiana” da parte dei discendenti degli italiani emigrati all’estero e, allo stesso tempo, ad un “aumento della domanda di apprendimento anche in ambienti non italiani”, interessati al modo di vivere e di essere italiano. “Il mondo è percorso da correnti di italsimpatia”, come dimostrano i 700 scrittori non italiani che hanno scelto la nostra lingua per esprimersi: tra loro il premio Pulitzer Juhmpa Lahiri e il premio Campiello Edith Bruck. A ciò si aggiunga la realtà degli immigrati in Italia, dove si assiste alla sempre maggiore “diffusione della lingua in famiglie binazionali”. Per Riccardi c’è ormai “consapevolezza” che “l’italiano non è solo una lingua domestica, ma vive fuori dai confini nazionali”: è tempo che la comunità globale dell’italofonia raccolga “questa sfida”.
È cresciuto vicino alla frontiera, che per lui però “non è mai stata tale”, è straniero, ma parla italiano come il suo ministro degli Affari Esteri Cassis. È l’ambasciatore della Svizzera in Italia, Roberto Balzaretti, per il quale la lingua italiana è un “pilastro essenziale” della ricchezza elvetica e della “convivenza tra diverse tradizioni”. Nonostante sia lingua ufficiale del Ticino e nonostante si parli anche in altri Grigioni grazie alla presenza di immigrati italiani, però, l’italiano è oggi “sotto pressione”: a parlarlo è circa l’8% della popolazione, parti a 1 milione di persone su 9, contro il 70% circa di tedesco e il 22% di francese. Anche per questa ragione, “la Settimana della Lingua Italiana nel Mondo è per noi un momento prezioso e utilissimo per rimettere al centro della politica l’importanza dell’italiano per il nostro essere svizzeri”, ha affermato Balzaretti, assicurando: “saremo sempre al fianco dell’Italia quando si tratterà di difendere la nostra lingua”.
Agli interventi istituzionali sono seguiti la proiezione del video promozionale della SLIM e due tavole rotonde di approfondimento.
La prima, dedicata alla promozione della cultura italiana all’estero, è stata moderata dalla giornalista Laura Pizzino, per la quale “la lingua è un essere vivo che riflette storia e identità di un Paese” e “un veicolo con cui esperire la cultura”. Ecco dunque alcuni dei protagonisti della vita culturale italiana portare il loro contributo al dibattito: lo scrittore e poeta Andrea Bajani, il direttore generale di Treccani Massimo Bray e l’artista visivo Pietro Ruffo.
Vincitore del Premio Strega 2005 con “L’anniversario”, i suoi romanzi tradotti in 17 Paesi del mondo, Andrea Bajani è attualmente insegnante di scrittura creativa presso l’università di Houston, in Texas, quindi è egli stesso “parte di una comunità linguistica”. Quando è negli Stati Uniti per Bajani “la lingua è casa”, quindi identità, quella stessa che lo scrittore cerca di trasmettere ai suoi studenti, trasmettendo loro registri linguistici e vocabolario, ma anche una “visione del mondo” che deve essere priva di “stereotipi”. Compito degli scrittori oggi, per Bajani, è proprio quello di “forzare gli stereotipi, essere un po’ insubordinati, mettere in discussione, creando anche qualche piccolo disagio”, ma “ampliando la capacità polmonare” di chi legge e dai libri apprende la nostra cultura.
Se si parla di cultura, “Treccani è la cultura italiana”. A 100 anni dalla sua fondazione, Treccani è l’ultimo “grande presidio della cultura” sopravvissuto ai tempi e questo perché, ha rivendicato Massimo Bray “l’Enciclopedia è stato uno strumento capace di raccontare il passato e il presente, ma anche di proiettarsi verso il futuro”. Non a caso è stata la prima a sbarcare on line nel 1995, dimostrando la propria “capacità di interpretare una cultura che cambia”. Come ha sottolineato Bray, “virtuose” sono ormai da tempo le collaborazione con la Farnesina, ma la cultura in Italia e all’estero ha bisogno oggi di fare ancor più “sistema”.
Con la Farnesina collabora da lungo tempo anche Pietro Ruffo, artista visivo le cui architetture di carta fanno oggi parte della Collezione Farnesina, oltre che di altre istituzioni museali italiane ed estere. Premio Cairo 2009, Premio New York 2010, Ruffo ha al suo attivo diversi progetti di ricerca, mostre e partecipazioni a Biennali d’arte nel mondo. “Spesso l’arte accompagna la politica” raccontando la storia, gli scambi, le migrazioni, le grandi questioni di attualità come quella ambientale, le guerre; i lavori di Ruffo però non esprimono giudizi. “I miei lavori”, ha spiegato l’artista, “vogliono essere un punto di domanda”, voglio “accendere delle scintille, dei momenti di discussione”. In questo senso l’arte può essere d’aiuto per aprire un confronto, capire come interpretare la contemporaneità e agire nel futuro. “Avamposti eccezionali” dell’arte italiana all’estero sono gli Istituti Italiani di Cultura, le Ambasciate e i Consolati, ha riconosciuto Ruffo, dicendosi grato per la “nuova formula” adottata dagli IIC che invitano sempre più spesso gli artisti a esporre fuori dalle sale dell’Istituto e dentro le istituzioni dei Paesi ospitanti. Resta da lavorare sulla “stratificazione”, ha chiosato Ruffo: “ogni artista del passato è stato un contemporaneo del suo tempo”, con le stesse paure, difficoltà e soddisfazioni che hanno gli artisti oggi. Sono questi ultimi i “nuovi custodi del passato” e, insieme, i “nuovi costruttori di cultura”, cui però è ancora riservata “poca attenzione”. La “scelta è anche politica”, ha concluso.
Un intermezzo della poetessa italo-somala Rahma Nur e si è aperta la seconda tavola rotonda, moderata dal giornalista Rai di origini marocchine Zouir Louassini. Vi hanno preso parte: la giornalista della Radio Nazionale Tunisina Nabila Abid, per la quale “la lingua italiana è storia di vita e di amore, che dura ben oltre una settimana”; Giuseppe Antonelli, docente di Storia della lingua italiana all’Università di Pavia; il presidente dell’AIE, Innocenzo Cipolletta; il presidente dell’Accademia della Crusca, Paolo D’Achille; e Cristina Di Giorgio, direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Santiago del Cile.
Se Nabila Abid ha sottolineato il “ruolo importantissimo” dei media nella diffusione della lingua italiana all’estero, Giuseppe Antonelli si è soffermato sulla forza dell’italiano: “la diffusione di una lingua segue motivi geopolitici”, ha detto, “ma la lingua italiana ha sempre avuto un prestigio culturale che non ha avuto confini”. Oggi come ieri, “l’italiano non è da proteggere, ma da diffondere”, avendo noi stessi “fiducia” nella nostra lingua. Antonelli ha ricordato infatti che già Manzoni lamentava nel 1600 il diffondersi di “spagnolismi”, seguiti nel 1700 dai “francesismi”; oggi si fa la guerra agli inglesismi, senza contare i linguaggi di internet e dei social: “la lingua italiana ha sempre superato queste prove, grazie a una tradizione culturale che dobbiamo rinnovare”, ha detto Antonelli, suggerendo anche l’uso di quegli strumenti dal “grande potenziale” che abbiamo a disposizione. Come è stato fatto con il MuLTI, il museo multimediale della lingua italiana, realizzato dalle tre Università italiane di Pavia, della Tuscia e L’Orientale di Napoli per “incuriosire e avvicinare la gente alla lingua italiana” in modo semplice e interattivo.
“La nostra è una cultura moderna, che cambia, che non ha paura di usare lingue straniere”, ha confermato, prendendo la parola, il presidente dell’AIE Cipolletta. “La lingua è fatta per comunicare, evolve e noi, come esportatori di libri, stiamo facendo un buon lavoro“, ha aggiunto ringraziando tutte le istituzioni che sostengono il libro italiano nel mondo: la Farnesina, con gli IIC e la rete diplomatico-consolare, il MiC con il Cepell e l’Agenzia Ice. Grazie alle risorse erogate in favore della traduzioni dei libri, in 25 anni i titoli italiani esportati all’estero sono passati da 1800 a 5.300 l’anno. La traduzione consente di conoscere una cultura e la alimenta: Cipolletta ha dunque invitato a coltivare le “infrastrutture culturali in Italia e all’estero” e a puntare sui nuovi autori contemporanei a cui è sempre riservata una “accoglienza calorosa”. Non a caso l’Italia è stata invitata come Ospite d’Onore nelle più prestigiose fiere del libro del mondo: da Parigi a Francoforte, da Taipei a Lima, aspettando il prossimo anno di approdare a Guadalajara.
L’Italia è un Paese piccolo, ma ha sempre avuto una grande influenza nel mondo: per Paolo D’Achille, a capo dell’Accademia che 25 anni fa ideò la SLIM, “il segreto è nella cultura italiana”. La nostra lingua “non si è mai diffusa in modo aggressivo, ma ha acquistato prestigio anche all’estero per la sua grande tradizione culturale” e perché si è dimostrata ideale “luogo di incontro”. Nonostante ciò “quello che manca in Italia è un po’ di fiducia”, ha lamentato D’Achille. “Pensiamo di avere una lingua di nicchia, ma ci vorrebbe un po’ più di convinzione e difesa dell’italiano all’interno del Paese”.
Intanto fuori dall’Italia a darsi da fare sono gli Istituti Italiani di Cultura, che, sfruttando tanto i fondi delle istituzioni pubbliche italiane quanto i contributi provenienti dalle realtà locali, “portano nei Paesi in cui operano la cultura italiana in tutti i suoi aspetti”: dalla “modernità” alla ricerca delle “proprie radici”. A rivendicare l’importantissimo ruolo degli IIC oggi in sala Cristina Di Giorgio, direttrice a Santiago del Cile la quale ha sottolineato la particolarità dell’America Latina, caratterizzata da una forte presenza migratoria per la quale l’italiano fu strumento di aggregazione identitaria. In America Latina, poi, come in tutto il mondo, è innegabile “il prestigio di cui gode l’Italia, giudicata nazione di cultura, bellezza e innovazione”. (r.aronica\aise)