Con oltre 600miliardi di euro l’anno Italia seconda in Europa per spesa sociale

SALERNO\ aise\ - Nel 2022 la spesa sociale ha raggiunto circa 620 miliardi di euro. L’incidenza sul prodotto interno lordo (30,5%) colloca il Paese al secondo posto nel Vecchio Continente. Ma molto si potrebbe fare per ottimizzare la spesa, soddisfare la domanda crescente dei cittadini e affrontare le sfide che i bassi tassi di natalità, l’allungamento della vita media e l’aumento degli anziani pongono nel prossimo futuro all’Italia. È quanto illustrato ieri, 2 luglio, in occasione della presentazione del Rapporto della Fondazione per la Sussidiarietà (FpS), “Sussidiarietà e… welfare territoriale” che si è tenuta presso la sede della Camera di Commercio di Salerno. Oltre ad Andrea Prete, Presidente Unioncamere e della Camera di commercio di Salerno, che ha introdotto i lavori hanno preso parte all’incontro Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà, Andrea Bellandi Arcivescovo metropolita di Salerno-Campagna-Acern, Vincenzo De Luca, Presidente Regione Campania, Nino Apreda Presidente UCID Campania, e Giuseppe Tripoli, Segretario Generale Unioncamere.
I DATI
Il Rapporto analizza il welfare italiano, in particolare quello territoriale, ovvero l’insieme dei servizi sociali di competenza dei Comuni che comprendono l’assistenza verso anziani, famiglie e soggetti minori in stato di bisogno, disabili, soggetti affetti da dipendenza, indigenti, persone emarginate dal lavoro.
Il Rapporto mostra che la spesa familiare privata degli italiani per il welfare (salute e assistenza ad anziani e disabili) nel 2024 è stata di circa 138 miliardi di euro, ovvero quasi 5.400 per ciascun nucleo. Un impegno consistente, che colma il vuoto lasciato in molti settori dall’intervento pubblico. Anche se la Penisola è al secondo posto in Europa per la spesa sociale, con circa 620 miliardi di euro, pari al 30% del prodotto interno lordo.
Povertà e disuguaglianza, che i servizi di welfare sono chiamati a limitare, stanno peggiorando: il 5% delle famiglie possiede il 46% della ricchezza, mentre quasi il 10% della popolazione è in difficoltà. Particolarmente grave la situazione delle famiglie con persone disabili: oltre un quarto (28,4%) è a rischio povertà o esclusione sociale. La ricerca segnala che negli ultimi tre anni una quota significativa (oltre il 67%) di chi ha richiesto assistenza ha incontrato difficoltà o impossibilità di accesso ai servizi del welfare territoriale. La ricerca segnala la disomogeneità della spesa, con una crescente disparità territoriale tra Nord e Sud, tra aree urbane e periferiche, e tra zone interne e non.
L’attuale sistema di welfare non è ben visto dagli italiani. Solo il 38% dei cittadini promuove le politiche per la lotta alla povertà e al disagio sociale.
Nel nostro Paese le prestazioni pensionistiche (vecchiaia, invalidità e reversibilità) assorbono quasi la metà delle risorse del welfare, mentre alle politiche sociali (famiglie e minori, disabilità e disoccupazione) è destinato meno del 20%.
La sostenibilità nel lungo periodo appare critica.
Il welfare territoriale in Italia è caratterizzato da un complesso reticolo istituzionale, con competenze distribuite tra Stato, Regioni e Comuni, carenza o assenza di coordinamento e potenziali conflitti. Una situazione che causa sovrapposizioni, sprechi e inefficienze.
Il sistema è sbilanciato verso il trasferimento monetario rispetto alla più efficace offerta di servizi; è incentrato sull’offerta di servizi parcellizzati e non sulla presa in carico della persona; il rapporto pubblico-privato sociale è troppo soggetto alle regole di mercato; manca un sistema di monitoraggio dei bisogni e di valutazione della qualità dei servizi.
Dal Rapporto emerge l’importanza di passare da una visione “amministrativa” dei bisogni a un approccio olistico che riconosca la complessità e la specificità delle esigenze individuali e comunitarie, mettendo al centro la persona.
Il Rapporto contiene alcune proposte per migliorare la situazione.
1. La presa in carico della persona, che parta dalla valutazione del complesso dei suoi bisogni per poi individuare il piano di servizi più appropriato.
2. La progettazione integrata dei servizi e un sistema di valutazione della loro qualità.
3. La creazione di centri territoriali per servizi integrati e accessibili.
4. Una regia centrale dei flussi di spesa, l’incremento delle risorse, con investimenti sul capitale umano.
5. Il rafforzamento della collaborazione tra pubblica amministrazione e Terzo settore che parta dell’analisi dei bisogni ed esca dalle logiche di mercato.
Il rapporto - realizzato da Fondazione per la Sussidiarietà in collaborazione con Aiccon, IFEL, Ipsos e Istat e con il contributo di Fondazione Cariplo – è disponibile online sul sito della Fondazione per la Sussidiarietà. (aise)