Cibus compie 40 anni: un libro racconta l’industria alimentare italiana da 57 miliardi di export

PARMA\ aise\ - Quarant’anni di Cibus significano quarant’anni di impresa, di cultura produttiva e di visione industriale. Nato nel 1985 come salone dedicato all’alimentazione italiana, Cibus è diventato nel tempo la piattaforma di riferimento per l’intero sistema agroalimentare nazionale, uno spazio di confronto e di business che ha accompagnato — e spesso anticipato — l’evoluzione del made in Italy alimentare sui mercati internazionali.
Per celebrare questo percorso, Fiere di Parma pubblica il volume “Cibus40: 40 anni di storie, traiettorie e sfide per le filiere italiane dell’agrifood (1985-2025)” (Agra Editrice), con prefazione di Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, un progetto editoriale che ripercorre quattro decenni di trasformazioni dell’industria alimentare e delle bevande italiane attraverso dati, analisi e voci dirette dei protagonisti.
“Celebrare i quarant’anni di CIBUS - scrive il Ministro Francesco Lollobrigida nella prefazione - significa quindi rendere omaggio a un percorso di crescita collettiva, frutto della collaborazione tra imprese, istituzioni e associazioni, e proiettare questo spirito verso il futuro. Il Governo sarà sempre al fianco degli imprenditori, del loro coraggio e della loro capacità di raccontare nel mondo il valore delle produzioni italiane”.
Il libro - che sarà presentato questa sera in occasione della cena di gala per i 40 anni di Cibus - vedrà presenti circa 300 realtà tra consorzi, aziende alimentari, ordini professionali del mondo alimentare e associazioni di categoria.
Il volume accoglie i contributi scientifici del CERSI dell’Università Cattolica e il saggio di Paolo De Castro, presidente di Nomisma, accanto a una sezione dedicata alle testimonianze imprenditoriali raccolte dalla giornalista Eleonora Chioda, che ha raccontato, attraverso dei ritratti personali molto intimi, alcuni tra i brand commerciali e le realtà di spicco del panorama agroalimentare italiano: Acqua Sant’Anna, Balocco, Barilla, Caffè Borbone, Delicius Rizzoli, De Nigris 1889, Granterre, Igor, Inalca, La Doria, La Molisana, Lactalis, Medusa, Monini, Mutti.
Attraverso le loro voci, il volume racconta l’Italia del cibo e del beverage come un sistema vivo, capace di evolvere senza tradire le proprie origini: un mosaico di imprese che, pur diverse per dimensione e storia, condividono lo stesso DNA fatto di qualità, innovazione e legame quasi antropologico con il territorio.
Il volume si articola in più sezioni che affrontano temi chiave per comprendere l’evoluzione del comparto: la trasformazione dell’industria alimentare e delle bevande in Italia, l’analisi dell’export e della competitività internazionale, le dinamiche di crescita e redditività delle imprese, il ruolo della Politica Agricola Comune e delle Indicazioni Geografiche, fino alle prospettive legate alla transizione digitale e alla sostenibilità ambientale.
Ne emerge un ritratto di settore in profonda evoluzione: meno frammentato, più solido, capace di coniugare identità e competitività.
In quindici anni, il numero delle imprese attive si è ridotto del 17,8%, ma il sistema ha mantenuto stabile l’occupazione complessiva e ha accresciuto la dimensione media aziendale, segno di una razionalizzazione industriale che ha rafforzato il baricentro produttivo del Paese. Dentro questa trasformazione si afferma la traiettoria del beverage, oggi tra i motori più dinamici della manifattura agroalimentare. Birrifici e distillerie sono più che triplicati nell’ultimo decennio, mentre il vino, con oltre 17 mila addetti, si conferma protagonista assoluto del made in Italy nel mondo. È un comparto che ha saputo innovare senza perdere la propria identità territoriale, costruendo filiere diffuse, resilienti e ad alta specializzazione.
Come scrive nella prefazione del volume Paolo Mascarino, Presidente di Federalimentare, “l’industria alimentare italiana, con un fatturato che la pone ai vertici dei settori manifatturieri, si fonda su pilastri imprescindibili: la qualità delle materie prime, la sicurezza alimentare, il legame con il territorio e la straordinaria capacità di innovare. Cibus è il catalizzatore di questi valori e la sua storia è indissolubilmente legata al successo della nostra enogastronomia nel mondo, un successo che contribuisce in modo determinante alla bilancia commerciale del Paese”.
“Cibus - afferma Franco Mosconi, Presidente di Fiere di Parma - nasce da una visione semplice ma lungimirante: rappresentare nel mondo l’eccellenza e il saper fare dell’agroalimentare italiano. Dal 1985 a oggi, la manifestazione è cresciuta insieme al suo territorio, diventando parte integrante della Food Valley e del suo sistema di imprese, ricerca e formazione. Fiere di Parma ha costruito su questo legame la propria identità, aprendosi al mondo con alleanze internazionali e mantenendo saldo il rapporto con la comunità locale. Quarant’anni dopo, Cibus continua a dimostrare che le grandi storie nascono da visioni chiare e da uno sforzo condiviso nel perseguirle con tenacia”.
L’export conferma questa traiettoria. In tre decenni, le vendite all’estero di alimenti e bevande sono passate da 5,4 a quasi 57 miliardi di euro, con una crescita di oltre dieci volte. La composizione del paniere si è trasformata: accanto ai classici della dieta mediterranea avanzano i comparti dolciario, lattiero-caseario e dei coloniali, che oggi rappresentano la nuova frontiera del gusto globale.
Come evidenzia Paolo De Castro nel capitolo “Il sistema agroalimentare italiano nell’Unione Europea”, la solidità del modello italiano non nasce solo dai numeri, ma da una visione europea di lungo periodo che ha saputo coniugare qualità, sostenibilità e innovazione. Dalla Politica Agricola Comune al nuovo regolamento sulle Indicazioni Geografiche, l’Italia ha trasformato la propria frammentazione territoriale in un vantaggio competitivo e ha costruito un sistema nel quale la tutela dell’origine, la tracciabilità e la ricerca tecnologica convergono in una strategia di competitività sostenibile. È un paradigma che conferma il nostro Paese come laboratorio avanzato del food system europeo, dove il valore economico coincide con quello culturale e ambientale.
Sullo sfondo resta l’incognita dei dazi statunitensi, che potrebbe toccare prodotti simbolo come vino e pasta. Ma il comparto, oggi più strutturato e diversificato, appare pronto ad affrontare anche le nuove sfide internazionali, forte di una rete di imprese che ha fatto della resilienza industriale e dell’export la propria cifra distintiva.
Il valore economico complessivo dell’industria alimentare italiana supera i 150 miliardi di euro, pari all’80% del fatturato del comparto nazionale, con punte di eccellenza nei settori dell’olio, delle acque minerali e dei condimenti. Un traguardo che racconta non solo una crescita di scala, ma una trasformazione culturale e produttiva: dalla frammentazione artigianale all’industrializzazione evolutiva, capace di generare valore e occupazione stabile.
“Questo libro - conclude Antonio Cellie, amministratore delegato di Fiere di Parma - ci consegna il ritratto di un’Italia che non ha perso quella sua vocazione produttiva, ma l’ha resa più solida, incastrando in un modo unico al mondo il sapere artigiano col saper fare industriale. Oggi il nostro sistema produttivo è meno frammentato, più strategicamente coeso, baricentrico; e continua a crescere in valore e reputazione, mantenendo il legame con il territorio e con quella cultura del buono e ben fatto che, da quarant’anni, Cibus interpreta come leva industriale e identitaria dell'Authentic Italian Food & Beverage”. (aise)