Bellunesi nel mondo/ Da Sospirolo al mondo: Maria Lourdes Vedana, una bellunese a Toronto – di Marco Crepaz

BELLUNO\ aise\ - “Lasciare il proprio paese d’origine non è mai una decisione semplice, soprattutto quando quel paese si chiama Italia e le radici affondano in una terra come quella bellunese. Ma la sete di scoperta, l’apertura verso il mondo e il desiderio di mettersi in gioco possono portare lontano. In questa intervista, Maria Lourdes Vedana ci racconta la sua esperienza di vita in Canada, tra sfide, nostalgia, opportunità e scelte coraggiose”. Ad intervistarla è stato Marco Crepaz per “Bellunesi nel mondo”, mensile dell’omonima associazione.
D. Cosa ti ha portata a lasciare Sospirolo per trasferirti a Toronto?
R. Non ho trascorso l’infanzia interamente a Sospirolo: ho vissuto anche in altre regioni italiane per via del lavoro di mio padre. Per questo motivo non ho mai sentito Sospirolo come il mio paese. Quando ci sono tornata per frequentare le medie e le superiori, sentivo già dentro di me che non sarei rimasta lì. Dopo il diploma ho deciso di partire per l’estero facendo volontariato in Ecuador e in Africa, spinta dalla curiosità di conoscere altre culture e dalla volontà di aiutare. In seguito mi sono trasferita in Spagna, vicino a mia nonna materna, dove ho iniziato la mia carriera nel turismo e nell’aviazione. La spinta più forte a lasciare l’Europa è stata la crisi economica del 2008/2009. Ho puntato direttamente al Nord America. Inizialmente pensavo di fare un’esperienza di un paio d’anni e poi magari tornare in Spagna o comunque in Europa. Ho cercato lavoro come au-pair, che ritenevo il modo più semplice per avere casa e impiego insieme. In Canada però il programma non esisteva, quindi ho approfondito la ricerca e scoperto che serviva una sponsorizzazione per entrare come nanny. Mi sono iscritta a un’agenzia online e, dopo un po’ di tempo, ho trovato una famiglia disposta a sponsorizzarmi: mi hanno assunto per occuparmi del loro bambino e insegnargli l’italiano. Da lì è iniziato tutto.
D. Che ricordi conservi del tuo paese natale e quanto hanno influito sulla persona che sei oggi?
R. I ricordi sono sempre presenti. Lavorando per una compagnia aerea, ho il vantaggio di tornare spesso: questo mi aiuta a mantenere vivi i ricordi della mia infanzia e adolescenza. Ogni volta che rientro, apprezzo sempre di più ciò che un tempo davo per scontato. Rivedere la mia famiglia, i miei nipoti che crescono, assistere a un concerto del coro per vedere mio papà cantare… Sono emozioni preziose. E poi la pace, il silenzio del paese, la montagna, il rumore della moka al mattino, il gusto del caffè, la polenta, il formaggio alla piastra, il pastin, lo spritz, la pizza, il gelato… tutto questo fa parte di me e continuerò a tornare finché mi sarà possibile.
D. Quali sono state le sfide più grandi che hai affrontato nei primi tempi in Canada e come le hai superate?
R. La prima grande sfida è stata il freddo: sono arrivata a dicembre, e non ero affatto pronta per un inverno così lungo. Ho sperimentato subito quello che qui chiamano culture shock. Nonostante avessi alcune conoscenze, desideravo incontrare nuove persone con esperienze simili. Mi sono iscritta a vari gruppi di europei (italiani, spagnoli…) ma, essendo nanny e non studentessa, avevo poco in comune con loro. Il freddo qui isola le persone. Rimanevo in contatto con la mia famiglia su Skype, ma appena chiudevo il PC, mi sentivo sola. Ho passato varie festività in una caffetteria, chiedendomi “chi me l’ha fatto fare?”. Ma sapevo che in Italia non avrei avuto le stesse opportunità. Ho perso tanti momenti importanti in famiglia, ma sentivo che ne sarebbe valsa la pena. Mi piace la diversità culturale che si respira a Toronto, il rispetto verso le differenze. Questo rende la città speciale, interessante, viva.
D. C’è qualcosa della cultura bellunese che hai portato con te e che continui a coltivare nella tua vita a Toronto?
R. Il pane e gli gnocchi di zucca ogni autunno! Sono una costante a casa mia.
D. Hai mantenuto rapporti con la comunità bellunese o italiana in Canada? Se sì, in che modo?
R. Come dicevo, ho cercato di creare legami, ma non ho mai trovato connessioni profonde, forse perché la mia situazione era diversa da quella di molti altri. Tuttavia, ho diversi colleghi e amici italiani sul lavoro.
D. Guardando al futuro, quale messaggio vorresti lasciare ai giovani bellunesi che pensano di costruire la propria vita altrove?
R. Prima di tutto, bisogna avere un’idea chiara su dove andare e cosa fare. È fondamentale informarsi bene, preparare i documenti, conoscere il Paese e non lasciarsi influenzare troppo dalle esperienze altrui. Ognuno ha i propri tempi e il proprio percorso. Bisogna essere pronti non solo a lasciare il proprio Paese, ma anche ad affrontare critiche e commenti, spesso da chi meno te lo aspetti. È parte del prezzo da pagare. Una volta arrivati, serve tempo: non pretendete di avere tutto subito. Iniziare da zero è difficile, ma pian piano si costruiscono nuove relazioni che aiutano a resistere nei momenti più duri. Anche se ti senti solo, non lo sei davvero: c’è chi ha affrontato sfide ancora maggiori. Sorridi, chiudi le valigie e apri la mente. Sii disposto a metterti in gioco, a conoscere nuove culture, ad assaggiare nuovi sapori. Se vai all’estero cercando le stesse cose che hai in Italia, rischi di perdere ciò che di nuovo il mondo ha da offrirti.
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La storia di Maria Lourdes Vedana è un esempio concreto di come si possa partire da un piccolo paese delle Dolomiti e arrivare a costruirsi una nuova vita oltreoceano, senza mai perdere il contatto con le proprie radici. Un racconto sincero, fatto di difficoltà, nostalgia, ma anche crescita, libertà e apertura. E un invito a non aver paura di esplorare, cambiare, mettersi alla prova. Perché il mondo, se affrontato con cuore aperto e mente curiosa, può davvero diventare casa”. (aise)