Il Messaggero di Sant’Antonio/ L’identità si forma tra i banchi – di Marinellys Tremamunno

PADOVA\ aise\ - “Non sono semplici istituti scolastici, né mere succursali dell’istruzione italiana. Le scuole italiane all’estero sono, oggi più che mai, centri di costruzione dell’identità e incubatori di futuro. In esse si formano gli italiani all’estero. “I nostri studenti sono 300 cittadini italiani in più”. Ne è convinto Corrado Corradi con la fermezza di chi non parla per slogan, ma per esperienza. A Casablanca, in Marocco, dove coordina una delle sedi scolastiche italiane, l’integrazione si realizza ogni giorno nelle aule: “Riusciamo a fare quello che in Italia non si riesce ancora a fare per bene”. Le scuole italiane all’estero non solo insegnano in italiano, ma educano “all’italiana”. Con programmi ministeriali equivalenti a quelli delle scuole in patria, esse offrono agli studenti la possibilità concreta di accedere al sistema universitario italiano, senza rinunciare alla propria doppia appartenenza”. Ne scrive Marinellys Tremamunno sul “Messaggero di Sant’Antonio – edizione per l’estero” di giugno.
““Le nostre non sono solo scuole: sono un passaggio verso l’università”, ha sottolineato più di un docente tra quelli intervenuti alla Prima Conferenza delle Scuole italiane all’estero, tenutasi recentemente a Roma con il supporto del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale.
In molti Paesi dell’America Latina, come ha ricordato Augusto Bellon, dirigente della Scuola Raimondi di Lima, in Perù, gli studenti affrontano un doppio impegno: “Seguono il programma locale e anche quello italiano, otto ore al giorno, con un impegno enorme”. Eppure i genitori investono economicamente in questa fatica “perché la cultura è uno strumento potente per affrontare il mondo”. L’obiettivo è chiaro: offrire ai propri figli le migliori opportunità future, accedendo a percorsi universitari di qualità, in Italia o altrove.
Ma non è solo una questione di titoli. È un fatto di identità, di appartenenza, di costruzione della memoria collettiva. Emanuele Vadino, ex alunno e ora dirigente scolastico a Córdoba, in Argentina, lo ha detto chiaramente: “La scuola è comunità. I miei amici di oggi sono quelli con cui ho studiato. È un vincolo che resta”. L’identità italiana, per molti giovani nati e cresciuti lontano dalla penisola, si costruisce giorno dopo giorno grazie a queste scuole: tra la grammatica di Dante, la storia repubblicana, la musica di Laura Pausini e le attuali hit su Spotify. “La Tarantella è importante, ma bisogna far conoscere anche l’Italia di oggi”, ha insistito Vadino.
Cittadini del mondo
Le scuole italiane all’estero hanno il compito di formare cittadini italiani interculturali, capaci di dialogare con le culture locali. “Abbiamo studenti greci che scelgono la nostra scuola per tradizione familiare o per il desiderio di studiare in Europa”, ha raccontato Veronica Sole, dirigente dell’Istituto Onnicomprensivo Statale di Atene. “La nostra è una scuola pubblica italiana, ma arricchita dalla multiculturalità. Lavoriamo molto sulla transculturalità e sulla valorizzazione delle differenze”.
Dietro il grande valore educativo delle scuole italiane all’estero si nascondono ostacoli strutturali ancora irrisolti. Il reclutamento degli insegnanti è una delle difficoltà maggiori: “Trovare docenti disposti a lasciare l’Italia per lavorare in America Latina o in contesti complessi non è semplice”, ha spiegato Augusto Bellon. Oltre alla distanza geografica e culturale, pesa anche la mancanza di riconoscimento dei contributi previdenziali versati all’estero. “Molti docenti non vogliono lasciare il posto in Italia per paura di perdere anni contributivi per la pensione”, ha proseguito Bellon. Una questione che chiede soluzioni politiche concrete, come l’equiparazione contributiva.
Formazione online
Un altro nodo critico è la burocrazia. Molte scuole lamentano l’obbligo per i dirigenti e i docenti di viaggiare in Italia per sostenere concorsi o corsi di abilitazione, con costi elevati e impatto negativo sulla continuità didattica. La proposta di usare piattaforme digitali come le “Aule Agora” per svolgere formazione ed esami da remoto è già sul tavolo, ma resta in attesa di una reale applicazione.
“Non abbiamo tutti i docenti abilitati. Sarebbe opportuno se telematicamente potessimo fare corsi di aggiornamento o corsi di abilitazione, non solo in italiano, ma anche per le altre discipline: storia, geografia, cittadinanza, matematica, perché non è semplice trovare docenti”, ha osservato Leonardo Capaldo, coordinatore didattico della Scuola Agustin Codazzi di Caracas, in Venezuela, aggiungendo che nella scuola superiore hanno una professoressa di 94 anni che ancora oggi continua a fare lezioni per mancanza di docenti abilitati nel Paese.
Poi ci sono anche le problematiche del territorio di competenza. In Iran, ad esempio, le recenti restrizioni imposte dal governo hanno ridotto drasticamente la presenza di studenti italiani. Ma anche qui, l’impegno non arretra. Sara Bonardi lo ha sostenuto con dignità e fermezza: “Noi formiamo la classe dirigente del futuro. È un’occasione da non perdere”. E, nonostante gli ostacoli, gli insegnanti e le famiglie resistono, motivati da un’idea forte di scuola come spazio di libertà.
Un’altra questione irrisolta riguarda la disconnessione tra i calendari scolastici latinoamericani (australi) e quello italiano (boreale), che penalizza gli studenti che, diplomandosi a dicembre, devono attendere fino a nove mesi per potersi iscrivere a un’università italiana. “Servirebbe una sessione speciale di iscrizioni per chi viene dalle scuole italiane all’estero”, ha proposto Bellon. Ma, al di là dei programmi e delle sfide, queste scuole sono ambasciate culturali, presidi di civiltà, centri vivi di proiezione dell’Italia nel mondo. Sono luoghi in cui si impara a essere italiani anche fuori dall’Italia. E dove l’italianità, più che un’etichetta, diventa una competenza da portare nel mondo”. (aise)