I passi della ricerca (2)

ROMA – focus\aise - Ottenere carta idrofobica per il packaging e i dispositivi biomedicali sfruttando le proprietà meccaniche e la resistenza all’acqua delle nanofibre di cellulosa, realizzare così un materiale sostenibile e ad alte prestazioni. Questo grazie ad un approccio supramolecolare, cioè miscelando delle brevi sequenze di proteine (sequenze peptidiche) che non alterano chimicamente le nanofibre di cellulosa. La carta idrofobica sostenibile potrà sostituire un giorno i derivati del petrolio.
È stato pubblicato sulla copertina della prestigiosa rivista Journal of Materials Chemistry B lo studio dei ricercatori del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano in collaborazione con la Aalto University e il VTT-Technical Research Centre in Finlandia e l’Istituto SCITEC del CNR.
Le nanofibre di cellulosa (CNF) sono fibre naturali derivanti dalla cellulosa, una fonte rinnovabile e biodegradabile, ampiamente apprezzate per la loro resistenza e versatilità.
Nello studio, i ricercatori del SupraBioNanoLab del Dipartimento “Giulio Natta” del Politecnico di Milano hanno dimostrato come sia possibile migliorare significativamente le proprietà delle nanofibre di cellulosa senza alterarle chimicamente, ma introducendo peptidi (piccole proteine).
“Il nostro approccio supramolecolare si basa sull'integrazione di piccole sequenze peptidiche che si legano alle nanofibre migliorandone così le prestazioni meccaniche e la resistenza all'umidità”, spiega Elisa Marelli, prima autrice dello studio. “I risultati dello studio hanno mostrato che anche quantità minime di peptidi (meno dello 0,1%) possono aumentare notevolmente le proprietà meccaniche dei materiali ibridi ottenuti, dotandoli di una maggiore resistenza allo sforzo”.
I ricercatori hanno quindi valutato l’impatto dell’aggiunta di atomi di fluoro nelle sequenze peptidiche: ciò ha permesso di ottenere un film strutturato con superfici idrofobiche e quindi con ancor maggiore resistenza all’acqua pur rimanendo un nuovo materiale biocompatibile e sostenibile.
“Questa scoperta apre nuove opportunità nella creazione di biomateriali in grado di competere con le prestazioni dei materiali derivati dal petrolio, riducendo al contempo l’impatto ambientale senza compromettere qualità ed efficienza”, sottolinea Pierangelo Metrangolo, co-firmatario dello studio. “Questi materiali ibridi ben si adattano al packaging sostenibile, dove la resistenza all'umidità è essenziale, e ai dispositivi biomedicali grazie alla loro biocompatibilità”.
Mini robot morbidi, intelligenti e autonomi, di dimensioni microscopiche o millimetriche, in grado di essere introdotti nel corpo umano, senza bisturi e interventi chirurgici, e di raggiungere organi e parti del corpo dall’interno, per somministrare farmaci, come chemioterapici, in modo preciso e in dosi minime oppure per operare interventi e biopsie. A progettarli è stato un team di ricercatori della Facoltà di Ingegneria dell'Università di Bolzano, guidato dal professor Niko Münzenrieder, con il supporto del ricercatore Giuseppe Cantarella dell'Università di Modena e Reggio Emilia, nonché dal gruppo di robotica multiscala dell'ETH di Zurigo, guidato dal professor Bradley Nelson.
La ricerca si chiama “Flexibots”, progetto internazionale promosso dalla Fondazione Nazionale Svizzera per la Scienza e della Provincia autonoma di Bolzano, che ha combinato l'expertise del laboratorio di Elettronica flessibile della facoltà di Ingegneria di unibz nella progettazione e fabbricazione di elettronica impercettibile, con il know-how del team svizzero nella miniaturizzazione di robot capaci di navigare in micro-ambienti complessi.
Iniziata a febbraio del 2021, la ricerca si è appena conclusa e apre a avveniristiche possibili applicazioni in ambito medico, e non solo. I mini robot flessibili, infatti, potrebbero potenzialmente anche essere usati per ispezionare l'interno di macchinari, come turbine o motori, in spazi molto ristretti che uomini o endoscopi non possono facilmente raggiungere.
I DETTAGLI DELLA RICERCA
I micro robot progettati dai ricercatori altoatesini e svizzeri sono morbidi, flessibili, biocompatibili, riconfigurabili e senza fili, in grado di rispondere a stimoli ambientali, elaborare informazioni e comunicare in modalità wireless. Questi dispositivi sono inoltre molto piccoli: possono essere di pochi millimetri, o anche meno. E sono capaci di muoversi attraverso i liquidi, come il sangue, e di svolgere una serie di compiti. A seconda dei casi, possono essere anche biodegradabili, e dunque essere inseriti nel corpo umano, svolgere il proprio compito, e poi dissolversi nei liquidi umani.
Date le caratteristiche, offrono grandi possibilità per applicazioni biomediche come terapie minimamente invasive, manipolazione cellulare e ingegneria dei tessuti. Questi robot sono propulsi e diretti da campi magnetici, ma le loro dimensioni ridotte e le speciali proprietà chimiche, biologiche e magnetiche richiedono che siano costruiti in polimeri e compositi funzionali utilizzando tecniche avanzate di microfabbricazione 3D.
I SENSORI
I componenti elettronici tradizionali in commercio sono troppo grandi per questi micro dispositivi. Il team della Libera Università di Bolzano ha quindi integrato componenti elettronici a film sottile direttamente sui robot: tali componenti, che hanno uno spessore di soli nanometri, sono ultra-leggeri e possono adattarsi perfettamente alle loro forme uniche. Vengono fabbricati e caratterizzati nel laboratorio di elettronica flessibile della facoltà di Ingegneria di Unibz al NOI Techpark, e installati su micro robot semi-finiti. Successivamente, la fabbricazione viene completata all'ETH di Zurigo.
“La fabbricazione di elettronica su macchine così piccole e sensibili alla temperatura presenta le sue sfide”, spiega il professor Niko Münzenrieder, che ha guidato la ricerca a Bolzano. “Pertanto, abbiamo sviluppato una tecnologia specializzata per realizzare elettronica ad alte prestazioni basata su semiconduttori ossidici. Negli ultimi anni, abbiamo integrato con successo una varietà di dispositivi elettronici attivi - come sensori, transistor e antenne - direttamente sui micro robot. Queste innovazioni consentono ai robot di percepire l'ambiente circostante e comunicare, avvicinandoci sempre di più alla realizzazione potenziale dei micro robot nelle applicazioni mediche”.
“Questo progetto è un chiaro esempio della strategia della Facoltà di Ingegneria, volta a supportare lo sviluppo di tecnologie per il miglioramento della qualità della vita, della sicurezza e della salute degli utenti o degli operatori”, aggiunge il preside di Ingegneria dell’ateneo altoatesino, Andrea Gasparella. “Una strategia che si avvale del potenziale di competenze e eccellenze interne alla facoltà e di una rete di collegamenti con primarie istituzioni di ricerca a livello nazionale e internazionale”.
Un significativo avanzamento nel trattamento del cancro grazie all’uso dei marcatori fiduciali liquidi, in particolare per i tumori dell’addome superiore, fegato e pancreas. È l’ultima novità della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori che grazie ad un team multidisciplinare composto da radiologi interventisti, radioterapisti e fisici sanitari ha eseguito con successo l’impianto dei marcatori fiduciali liquidi in un paziente affetto da epatocarcinoma. Si tratta della prima volta in una realtà italiana con questo tipo di marcatori fluidi e per questo tipo di tumore. Un doppio primato per l’Ospedale San Gerardo.
L’uomo è stato accolto nella sala dedicata dove i radiologi interventisti, hanno proceduto all’impianto dei marcatori fiduciali fluidi, ossia piccoli dispositivi che sono stati posizionati con precisione millimetrica vicino al tumore epatico, utilizzando tecniche di imaging avanzate per garantire un posizionamento ottimale.
In seguito all’impianto dei marcatori, qualche giorno dopo, il paziente si è presentato nell’ambulatorio di Radioterapia dove il medico radioterapista, nello specifico la dott.ssa Rita Marina Niespolo, insieme ai colleghi della Fisica sanitaria, ha sottoposto l’uomo ad una TAC di centratura in 4D che tiene conto dell’atto respiratorio con mezzo di contrasto, perché i tumori, come quelli epatici, si muovono quando si respira.
Un esame fondamentale per la pianificazione del trattamento radioterapico, poiché permette di individuare con estrema precisione la posizione del tumore e degli organi sani circostanti. Durante la TAC, il paziente è stato posizionato in modo confortevole e immobilizzato per garantire la massima accuratezza delle immagini. I radioterapisti, insieme ai fisici medici, hanno lavorato per analizzare le immagini e pianificare il trattamento più efficace.
La procedura è stata completata con successo e le immagini ottenute dalla TAC di centratura hanno fornito dati cruciali per la pianificazione del trattamento radioterapico.
Il paziente sarà ora sottoposto a un ciclo di radioterapia altamente mirata, con l’obiettivo di ridurre il tumore e migliorare la sua qualità di vita.
“Grazie alla presenza di un team multidisciplinare di specialisti dedicati, tale metodologia sarà applicata all’ospedale San Gerardo anche nei tumori dell’addome superiore, con particolare riferimento ai tumori epatici e pancreatici, dove recenti studi clinici hanno dimostrato che l’uso dei marcatori fiduciali fluidi ha portato a un miglioramento significativo nei risultati del trattamento per i pazienti con tali tumori, tanto che chi è stato trattato con questa tecnologia ha registrato una riduzione del 30% nei tempi di trattamento e una diminuzione del 20% negli effetti collaterali rispetto ai metodi tradizionali. L’adozione dei marcatori fiduciali liquidi nella pratica clinica rappresenta un’innovazione significativa nel campo della radioterapia”, sottolinea la dott.ssa Niespolo. (focus/aise)