I passi della ricerca

ROMA – focus/aise - Si chiama JANUS la camera ottica che viaggia da oltre un anno a bordo della sonda dell'ESA dal nome JUICE (Jupiter Icy Moon Explorer) e nei giorni scorsi - durante il primo flyby del sistema Luna-Terra della storia - ha acquisito immagini straordinarie del nostro satellite naturale e del nostro pianeta. La fionda gravitazionale doppia è avvenuta con successo la notte tra il 19 e 20 agosto scorsi: tale manovra, mai realizzata in precedenza anche per i notevoli rischi, ha permesso a JUICE di cambiare velocità e direzione di volo, preparando la sonda al successivo sorvolo ravvicinato di Venere previsto per agosto 2025. La camera JANUS è stata progettata per studiare la morfologia e i processi globali regionali e locali delle lune ghiacciate di Giove e per eseguire la mappatura delle nubi del gigante gassoso. Lo strumento è stato realizzato da un consorzio di industrie a guida Leonardo sotto la responsabilità dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). La camera JANUS è stata realizzata anche grazie alla collaborazione con l’agenzia tedesca DLR, il CSIC-IAA di Granada e il CEI-Open University di Milton Keynes. La responsabilità scientifica dello strumento è dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).
“Dopo oltre 12 anni di lavoro per proporre, realizzare e verificare lo strumento, questa è la prima occasione per toccare con mano dati simili a quelli che acquisiremo nel sistema di Giove a partire dal 2031”, commenta Pasquale Palumbo, ricercatore all’INAF di Roma e principal investigator del team che ha progettato, testato e calibrato la fotocamera JANUS. “Anche se il flyby è stato pianificato esclusivamente per facilitare il viaggio interplanetario fino a Giove, tutti gli strumenti a bordo della sonda hanno approfittato del passaggio in prossimità di Luna e Terra per acquisire dati, provare operazioni e tecniche di elaborazione con il vantaggio di conoscere già cosa stavamo osservando”, aggiunge. “L’insieme degli strumenti italiani a bordo della missione JUICE è quanto di più tecnologicamente avanzato sia stato mai realizzato e consentirà di ottenere dei risultati scientifici di assoluta rilevanza consolidando la posizione di leadership raggiunta dall’Italia nell’ambito dell’esplorazione del sistema solare”, dichiara Barbara Negri responsabile dell’ufficio Volo Umano e Sperimentazione Scientifica dell’ASI. Infatti, la nostra agenzia, ha coordinato e gestito, oltre alla realizzazione della camera JANUS, la realizzazione del radar sotto-superficiale RIME, la realizzazione dell’esperimento di radio scienza 3GM e la realizzazione della testa ottica dello spettrometro MAJIS a guida francese, prosegue.
"A poco più di un anno dal lancio di JUICE, questo doppio passaggio ravvicinato ha rappresentato una pietra miliare per il viaggio della sonda verso la sua destinazione finale, commenta Angelo Zinzi responsabile per l’ASI dello strumento JANUS.
“Oltre ad aver ottenuto l'assistenza gravitazionale richiesta, i vari strumenti sono stati accesi e hanno operato in modalità simili a quelle attese intorno a Giove e ai suoi satelliti: i dati sono stati ottenuti, inviati a terra e processati così come previsto, mostrando l'ottima preparazione dei team di strumento coinvolti. La camera nel visibile JANUS e lo spettrometro MAJIS hanno inoltre sfruttato la possibilità di acquisire immagini quasi contemporanee con il satellite multispettrale PRISMA dell’ASI. Dopo un lungo lavoro di preparazione tra i vari team coinvolti è stato infatti possibile ottenere una serie di osservazioni PRISMA da poter confrontare con quelle di JANUS e MAJIS: queste saranno molto utili per testare le procedure di calibrazione e l'accuratezza dei due strumenti di JUICE coinvolti, così da rendere più robusto il lavoro scientifico futuro”, prosegue Zinzi. “Mentre la Luna offre il vantaggio di conoscere quello che osserviamo - spiega Palumbo - il problema della Terra è la sua estrema variabilità temporale; si pensi alle nuvole che si muovono e cambiano nell’arco anche di minuti. Per ovviare a questo abbiamo pianificato osservazioni contemporanee con satelliti di osservazione della Terra: questo ci garantirà un termine di confronto.
Lo strumento italiano è equipaggiato con un sistema di 13 filtri (5 a banda larga e 8 a banda stretta) distribuiti nell’intervallo spettrale dal visibile al vicino infrarosso. Avere immagini della stessa zona in diversi filtri permette ai ricercatori di avere molto di più di semplici immagini a “colori”: le fotocamere che conosciamo acquisiscono le immagini con tre diversi filtri (rosso, verde e blu o RGB) depositati a scacchiera sullo stesso sensore, mentre JANUS ne posiziona ben 13 davanti al rivelatore coprendo un intervallo più ampio di quello percepibile dall’occhio umano.
Lo scopo primario dei dati raccolti da JANUS durante il doppio flyby è stato quello di valutare prestazioni e funzionalità dello strumento, non di eseguire misure scientifiche. Per questa ragione, le immagini (circa 200 della Luna e altrettante della Terra) sono state acquisite a diversi intervalli temporali, con diversi filtri, numerosi fattori di compressione e altrettanti tempi di integrazione. “In alcuni casi - sottolinea il ricercatore - abbiamo provocato volontariamente un peggioramento della qualità utilizzando tempi di integrazione lunghi, ottenendo immagini per così dire ‘mosse’, in modo da testare algoritmi di recupero della risoluzione. In altri casi abbiamo parzialmente saturato l’immagine per studiare gli effetti indotti sulle zone non saturate”. E aggiunge: “abbiamo anche misurato per la prima volta e meglio del millesimo di grado l’allineamento fra il laser altimetro e la camera. Questo è un dato essenziale per integrare le risposte dei due strumenti”, dice Palumbo. Le immagini pubblicate oggi sono preliminari e non elaborate per un utilizzo scientifico.
Palumbo conclude commentando le immagini della Terra raccolte all’alba del 20 agosto: “L’osservazione della superficie dei satelliti ghiacciati di Giove, come per la Luna, non è disturbata dall’atmosfera. Al contrario, Giove è una gigantesca, dinamica e turbolenta atmosfera. Le immagini di JANUS della Terra, con diversi filtri, possono simulare quello che potremo fare a Giove: osservare diversi strati e componenti dell’atmosfera semplicemente cambiando filtro”.
JANUS permetterà l’acquisizione di immagini multi spettrali dei satelliti ghiacciati di Giove a una risoluzione e con una estensione 50 volte migliore delle camere inviate nel sistema gioviano in passato. La camera include anche un computer con un software che controlla tutte le funzionalità dello strumento, riceve i comandi e invia telemetria e dati a terra attraverso la grande antenna parabolica di JUICE.
Tutte le operazioni si sono svolte secondo quanto programmato e, come confermato dalle telemetrie, completate con successo. Attualmente i dati che stanno piano piano arrivando a terra, anche da RIME, 3GM e MAJIS (gli altri strumenti italiani) sono al vaglio del team scientifico.
Dopo il lancio della missione nell’aprile del 2023, le manovre gravitazionali previste nella tabella di marcia di JUICE sono fondamentali per avvicinare sempre di più la sonda verso il sistema di lune gioviano, che dista in media 800 milioni di km dal nostro pianeta, con il minor dispendio di propellente. Il sorvolo di Venere nel 2025 spingerà JUICE di nuovo verso la Terra. Gli altri flyby sono previsti a settembre 2026 e a gennaio 2029; l’arrivo su Giove è invece in programma per luglio 2031.
In Valle D’Aosta i ghiacciai della Valpelline sono sempre più fragili ed esposti agli impatti degli eventi meteo estremi in aumento sull’arco alpino. Il risultato è che arretrano sempre di più. Dal 1850 la fronte dell’antico ghiacciaio della Valpelline che comprendeva gli attuali ghiacciai minori è arretrata di ben 7 km rispetto alle attuali fronti delle masse glaciali in cui il grande ghiacciaio sì e separato nel 1959. Da allora, il ritiro delle fronti glaciali è accelerato, sia in senso planimetrico che altimetrico, soprattutto dagli anni 2000.
A fare un punto è la Carovana dei ghiacciai 2024, la campagna nazionale di Legambiente in collaborazione con CIPRA Italia e in partnership con il Comitato Glaciologico Italiano, che oggi in occasione della tappa in Valle D’Aosta, la prima in Italia, presenta il bilancio sullo stato di salute dei ghiacciai della Valpelline. E lo fa partendo dai dati storici elaborati dagli operatori Laura Villa Vercella e Marco Tesauro del Comitato Glaciologico Italiano, che restituiscono una fotografia chiara su quanto l’antico ghiacciaio sia arretrato. In particolare, preoccupa l’accelerazione che si è registrata dagli anni 2000, con il ghiacciaio delle Grand Murrailes che ha perso 1,3 km di lunghezza dal 2005 e la sua fronte oggi si trova a circa 2900 m s.l.m., ben 500m più in alto. Analogamente, il ghiacciaio di Tza de Tzan ha perso 1,2 km di lunghezza dal 2002 e la sua fronte è “risalita” di ben 400m, attestandosi alla stessa quota del ghiacciaio delle Grand Murrailes.
A pesare sulla salute dei ghiacciai della Valpelline, oltre all’aumento delle temperature, sono anche gli impatti degli eventi meteorologici estremi. L’ultima ferita su questi ghiacciai della Valle d’Aosta è quella di fine giugno, con le piogge intense che in quota hanno favorito il collasso della morena laterale del ghiacciaio Tza de Tzan, vicina al rifugio Aosta, con effetti sulla piana proglaciale e su tutta l’Alta Valpelline. Fra gli studi in corso, quelli della ricercatrice Marta Chiarle del CNR IRPI, svolti attraverso analisi di immagini satellitari e riprese fotografiche da terra, che hanno consentito di stimare le dimensioni areali della nicchia di distacco della morena: lunghezza di 440 m, larghezza massima di circa 200 m, superficie complessiva pari a circa 70.000 m2. Successivamente al collasso della morena, la piana proglaciale del Ghiacciaio di Tza de Tzan è stata alluvionata e sovraincisa. Gli effetti si sono poi propagati, sotto forma di erosioni spondali e di fondo, colate detritiche e trasporto torrentizio, lungo tutto il corso del Torrente Buthier de Valpelline, fino all’imbocco della diga di Place Moulin, dove sono giunti circa 6 milioni di m3 di acqua e detrito (fonte CVA), pari al volume trasportabile da circa 300mila camion movimento terra.
I dati sui ghiacciai della Valpelline sono stati presentati oggi in conferenza stampa ad Aosta dove sono intervenuti: Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente CIPRA Italia, Marco Giardino Vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) e professore all’Università di Torino, Igor Rubbo, Direttore generale per la protezione Ambientale (ARPA) della Valle D’Aosta, Marco Tesoro operatore Glaciologico CG, Alessandra Piccioni, Legambiente Valle D’Aosta. La tappa di Carovana dei ghiacciai in Valle D’Aosta è stata realizzata in un’area montana esemplare per dimostrare gli effetti a breve e lungo termine del riscaldamento sulle aree glaciali e proglaciali, ma anche per riconoscere le buone pratiche di adattamento locale alla crisi climatica globale.
L’escursione in quota del team di Carovana dei ghiacciai, preceduta dal saluto al ghiacciaio dal gruppo musicale “Gli operai della parola” insieme ad Agnese Molinaro, è stata anche l’occasione per vedere lo stato attuale della montagna e della valle, a due mesi delle piogge intese che ha fine giugno ha colpito la Valpelline.
“In questa seconda tappa – dichiara Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di CIPRA Italia – abbiamo rincorso passo dopo passo i ghiacciai della Valpelline che si ritraggono sempre di più diventando piccoli e fragili. Abbiamo ripercorso quel fondovalle dove oggi, al posto del ghiaccio, ci sono prato e rocce, ma anche i segni degli eventi meteo estremi in aumento in Italia e nelle regioni dell’arco alpini. Segni e ferite che non possono passare inosservati e che ci ricordano l’urgenza di mettere in campo politiche e interventi di mitigazione e adattamento, ma anche campagne di sensibilizzazione e di convivenza con il rischio. L’Italia faccia la sua parte e ricordi che le montagne e i ghiacciai sono un campanello d’allarme importante degli effetti sempre più tangibili della crisi climatica che avanza. Tra poco più di 20 anni gran parte dei ghiacciai della Valpelline rischiano di essere solo un lontano ricordo”.
“I dati glaciologici storici e i risultati dei rilevamenti più recenti nell’alta Valpelline – dichiara Marco Giardino, Vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) - ci offrono un’immagine chiara e a forti contrasti sull’evoluzione delle aree proglaciali: morene e segnali glaciologici scandiscono l’accelerazione delle tappe della deglaciazione, frane e colate detritiche dimostrano l’attuale fragilità del paesaggio alpino. L’insieme dei dati dimostra pertanto che le aree proglaciali svolgono un importante servizio di regolazione dei flussi detritici e delle piene. Si tratta di luoghi da monitorare e gestire in maniera sostenibile, poiché sono la nostra assicurazione sui futuri fenomeni di instabilità. Testimonianza della scrittrice Dacia Maraini: In occasione della prima tappa in Italia di Carovana dei ghiacciai 2024, Legambiente pubblica anche la video testimonianza della scrittrice Dacia Maraini, prima testimonial di questa edizione. La Maraini nel video spiega come è nato il suo amore per la montagna e cosa rappresentano per lei, ricordano il padre Fosco. Poi lancia un appello in difesa dei giganti dei giganti bianchi sempre più minacciati dalla crisi climatica. “I ghiacciai - commenta la Maraini - sono il nutrimento delle cime più alte, renderle nude vuol dire ucciderle. Vogliamo davvero che muoiano le nostre cime innevate? Chi di fronte a queste notizie fa spallucce, non si rende conto che i ghiacciai sono preziosi non soltanto per la loro bellezza, ma anche per la conservazione dell’acqua e per il mantenimento dell’equilibro climatico”. Infine, la Marini conclude il suo video augurando buon viaggio al team di Carovana dei ghiacciai impegnato fino al 9 settembre nel monitoraggio dei ghiacciai alpini.
Prossime tappe Carovana dei ghiacciai 2024: Dopo la tappa in Francia e in Valle D’Aosta, Carovana dei ghiacciai dal 22 al 26 agosto arriverà in Piemonte per monitorare lo stato di salute del ghiacciaio di Flua. Poi proseguirà il suo viaggio Lombardia (28- 31 agosto), in Friuli/Slovenia (31 agosto- 5 settembre), Veneto (5-9 settembre) per osservare rispettivamente il ghiacciaio di Fellarìa, i ghiacciai delle Alpi Giulie, e il ghiacciaio della Marmolada.
Anche quest’anno saranno tanti i temi che Carovana dei ghiacciai 2024 porterà in primo piano: dagli effetti della crisi climatica e degli eventi meteo estremi in montagna alla tutela della biodiversità, dalle politiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici alle buone pratiche di sviluppo sostenibile al documentario sull’agonia dei ghiacciai alpini, realizzato da Carovana dei ghiacciai. (focus\aise)