I passi della ricerca

ROMA – focus/ aise – Un passo in avanti per la ricerca sull’olivo e per la valorizzazione del patrimonio agricolo italiano: per la prima volta è stato completato e pubblicato il sequenziamento completo del DNA delle varietà italiane “Frantoio” e “Leccino”, due tra le più importanti cultivar italiane di olivo.
Il lavoro, frutto della collaborazione tra l’Istituto di Produzioni Vegetali della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, la King Abdullah University of Science & Technology e l’Arizona Genomics Institute, è stato appena pubblicato sulla rivista Scientific Data del gruppo Springer-Nature.
Per la varietà Frantoio questo è il primo sequenziamento genomico mai pubblicato a livello mondiale. Anche per Leccino, i dati oggi disponibili sono più completi e accessibili rispetto a precedenti studi, pubblicati solo di recente da gruppi stranieri. Non solo: è la prima volta che si mettono a confronto in modo così dettagliato i genomi di queste due cultivar italiane, particolarmente interessanti per le loro differenze nella resistenza alla siccità e alla salinità.
Lo studio ha permesso di analizzare e confrontare le strutture genetiche delle due varietà. In particolare, è stato possibile scoprire come i genomi di "Frantoio" (1,18 Gb) e "Leccino" (1,43 Gb) siano in gran parte costituiti da sequenze ripetute di DNA (~67.5% in ‘Frantoio’ e ~70.8% in ‘Leccino) ed in particolare da quelli che in letteratura sono conosciuti come "Long Terminal Repeats" (LTRs). Interessanti sono le differenze strutturali tra i due genomi, con 22469 delezioni, 21218 inserzioni e solo 33 inversioni in Frantoio rispetto a Leccino. Studiando in dettaglio il genoma, in Frantoio sono stati individuati 59777 geni. Di questi, 47201 sono stati considerati altamente affidabili e 37061 geni sono stati annotati con successo dal punto di vista della loro funzione. In Leccino, sono stati identificati 67103 geni, di cui 53302 con un'alta qualità e 37606 geni annotati.
Lo studio permette di svelare i segreti del genoma di questi alberi millenari, aprendo nuove frontiere per la loro protezione e il miglioramento, anche alla luce dei cambiamenti climatici in corso. Nonostante l'enorme valore ambientale, culturale ed economico dell'olivo, infatti, l'avanzamento delle conoscenze scientifiche sul suo genoma è stato sorprendentemente lento rispetto ad altri alberi da frutto e per di più, le informazioni sui genomi delle cultivar italiane sono rimaste sempre assenti.
“Il problema è sempre stato la produzione di sequenze genomiche lunghe e di alta qualità, prerequisito fondamentale per assemblare con precisione genomi complessi come quelli dell'olivo" spiega Luca Sebastiani, professore ordinario di Arboricoltura generale e coltivazione arboree presso la Scuola Superiore Sant’Anna e coordinatore dello studio. “Questo studio dettagliato ci permetterà di capire in modo più approfondito l'evoluzione dell'olivo, di comprenderne il processo di domesticazione e di accelerare i programmi di miglioramento genetico. L'obiettivo? Sviluppare varietà più tolleranti agli stress ambientali, resistenti alle malattie e in grado di avere più qualità e quantità di frutti. Tutto questo potrà garantire un futuro più solido alla coltivazione di questa specie che è un simbolo della nostra terra e della nostra cultura”.
Il progetto è stato condotto da un team guidato da Luca Sebastiani e Andrea Zuccolo, con la partecipazione di Iqra Sarfraz e Alessandra Francini, rispettivamente PhD student e ricercatrice presso l’Istituto di Produzioni Vegetali. Hanno inoltre collaborato Mirko Celii della KAUST e Rod A. Wing dell’Arizona Genomics Institute.
Il lavoro è stato finanziato grazie al Centro Nazionale Agritech, nell’ambito del PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, e attraverso fondi europei per la ricerca su innovazione e sostenibilità.
Il Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Teodoro Valente, ha guidato la delegazione italiana durante la 68esima sessione del Comitato delle Nazioni Unite per l’uso pacifico dello Spazio extra-atmosferico (COPUOS), tenutasi a Vienna tra il 25 giguno e il 2 luglio scorsi. Valente ha quindi riconfermato l’impegno italiano nel promuovere un uso pacifico, sostenibile ed inclusivo dello spazio, in un momento di grandi sfide geopolitiche a livello globale.
L’Italia – come ha sottolineato Valente nel suo intervento in plenaria – è il primo Paese in Europa ad aver approvato una legge nazionale in materia di economia spaziale, con un focus su sostenibilità e innovazione. Evidenziato inoltre l’impegno italiano a sostegno di Paesi emergenti nel settore spaziale.
Nel corso dei lavori, l’Italia e il Marocco hanno facilitato il processo per la definizione degli obiettivi, l’agenda, il formato e gli aspetti organizzativi della quarta Conferenza UNISPACE (nel 2027), il summit onusiano su temi dell’uso pacifico dello spazio che si tiene circa ogni 25 anni.
La delegazione italiana è intervenuta nel corso dei lavori su temi di grande attualità, quali i più recenti progetti di esplorazione spaziale, il mantenimento dello spazio extra-atmosferico per scopi pacifici, il collegamento fra attività spaziali e sviluppo sostenibile, il contributo delle tecnologie spaziali nella gestione delle risorse idriche e nel contrasto al cambiamento climatico.
Al termine della sessione, l’Ambasciatrice Debora Lepre, Rappresentante Permanente d’Italia presso le Organizzazioni Internazionali a Vienna, ha incontrato Amina J. Mohammed, Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite in visita a Vienna nel corso del COPUOS, riaffermando l’impegno nazionale nella cooperazione internazionale in ambito spaziale e il rafforzamento della collaborazione con UNOOSA, anche in vista della presidenza italiana del COPUOS per il periodo 2026-2027. (focus\aise)