I progressi della ricerca italiana

ROMA – focus/ aise – Si è tenuta il 18 settembre, presso la Residenza dell’Ambasciatore d’Italia a Tokyo, Gianluigi Benedetti, la cerimonia per la firma del rinnovo dell’Accordo di Cooperazione tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e la Japan Society for the Promotion of Science (JSPS).
A firmare l’intesa, a nome del Presidente del Cnr Andrea Lenzi, è stata la Direttrice del Dipartimento Scienze Chimiche e Tecnologie dei Materiali, Lidia Armelao, alla guida della delegazione Cnr. Erano inoltre presenti il Direttore del Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente, Francesco Petracchini, con i suoi collaboratori, in Giappone per l’evento organizzato il giorno successivo presso il Padiglione Italia a Expo Osaka 2025, e l’Ufficio Relazioni Internazionali del CNR, che negli anni ha seguito il negoziato e la gestione congiunta delle call bilaterali.
La cerimonia è stata aperta dall’Addetto Scientifico dell’Ambasciata d’Italia a Tokyo, Gianluigi Serianni, che ha rivolto un breve saluto ai presenti prima di passare la parola all’Ambasciatore Gianluigi Benedetti, autore del discorso ufficiale di benvenuto. "È un grande onore ospitare la firma di un nuovo Memorandum of Cooperation tra la JSPS e il CNR, strumento efficace per promuovere scambi di ricerca tra i nostri Paesi e aprire nuove prospettive per il futuro", ha dichiarato l’Ambasciatore.
Nel suo intervento, la Direttrice Lidia Armelao ha portato i saluti del Presidente Lenzi e ricordato come "la cooperazione scientifica tra CNR e JSPS rappresenti un partenariato di riferimento, fondato su valori condivisi quali il rispetto reciproco, la formazione dei giovani ricercatori e la responsabilità nella promozione di reti internazionali".
Il Presidente della JSPS, Tsuyoshi Sugino, ha espresso grande apprezzamento per la lunga collaborazione con il CNR e, annunciando l’assegnazione del 41° International Prize for Biology all’italiano, il Professore dell’Università di Parma, Giacomo Rizzolatti, ha auspicato che "questa cooperazione possa espandersi ancora di più in futuro, rafforzando ulteriormente i legami tra le nostre comunità scientifiche".
Si è conclusa con successo la campagna di deposizione delle prime boe di mare profondo nello Ionio da parte dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Obiettivo dell’iniziativa è quello di monitorare gli tsunami nel Mar Mediterraneo per consentire la mitigazione del rischio maremoto.
Il Mare Nostrum, infatti, è stato spesso teatro di fenomeni importanti, principalmente di origine sismica o dovuti all’attività vulcanica, come nel caso di Santorini e Stromboli. Grazie alla deposizione delle boe e ai dati rilevati in tempo reale, in caso di forti terremoti tsunamigenici nelle isole ioniche o nell’arco ellenico si potrà valutare in modo più accurato il possibile impatto di uno tsunami sulle coste italiane.
La campagna di deposizione delle boe in mare si è svolta tra il 9 e il 17 settembre ed è stata realizzata grazie al Progetto MEET (Monitoring Earth’s Evolution and Tectonics), coordinato dall’INGV e finanziato dal PNRR, con la fondamentale partecipazione dell’expertise di ricercatori e tecnici dell’Istituto, da molti anni impegnati nello studio degli tsunami e nelle tecniche di monitoraggio marino.
La nave Christos LVII è salpata dal porto di Segunto, in Spagna, con a bordo tre tecnologi dell’INGV, Antonio Costanza, Andrea Di Benedetto e Francesco Macaluso, l’equipaggio dell’imbarcazione e della MSM (Mediterráneo Señales Marítimas), società spagnola costruttrice di boe.
La deposizione si è svolta in due fasi. La prima, avvenuta il 14 settembre, ha visto l’installazione di due sensori di pressione assoluta a una profondità di circa 3200 metri in un punto ubicato circa 100 km a est della costa della Sicilia orientale. Contestualmente, nella stessa area, è stata installata una boa fissata a un sistema di ancoraggio, in grado di ricevere i dati tramite un modem acustico e di trasmetterli via satellite al Centro Allerta Tsunami dell’INGV.
I sensori di pressione sono in grado di rilevare variazioni dell’altezza della colonna d’acqua soprastante di qualche centimetro, riuscendo a distinguere tra le onde provocate dal vento, le maree o i possibili tsunami.
Durante l’ultima fase, lo scorso 16 settembre, una seconda boa con le stesse caratteristiche tecniche è stata deposta più a nord, a circa 100 km dalla costa calabra ionica, a una profondità di 2600 metri.
In caso di tsunami, i sensori di pressione trasmettono i dati con una frequenza maggiore, al fine di permettere una misurazione fedele delle onde, di aiutare il sistema di previsione e analisi in tempo reale dell’INGV e di consentire una maggiore tempestività nella conferma dell’effettivo arrivo di uno tsunami sulle coste. (focus\aise)