I progressi della ricerca italiana

ROMA – focus/ aise – Un team composto da ricercatori italiani (Sapienza Università di Roma, Università degli Studi di Perugia, Università di Pisa) e spagnoli (IPHES e Università di Tarragona) ha studiato la cavità nasale del Neanderthal di Altamura (Puglia): uno scheletro che mostra uno stato di completezza unico, nel quale le strutture morfologiche del naso sono eccezionalmente conservate. La ricerca – comparsa sui "Proceedings of the National Academy of Sciences USA" (PNAS) – ha svelato dettagli inediti sulla morfologia facciale dei Neanderthal e sul loro adattamento al clima freddo.
I Neanderthal (Homo neanderthalensis) avevano una morfologia facciale unica, caratterizzata da grandi orbite, sormontate da possenti arcate, da una apertura nasale molto ampia e da una particolare forma di protrusione denominata “prognatismo medio-facciale”. Il naso dei Neanderthal, in particolare, è stato a lungo oggetto di controversie per una struttura che si può dire "inattesa", in quanto contrasta con quella che solitamente si ritrova in popolazioni della nostra specie adattate a climi freddi.
Sappiamo invece che altre caratteristiche morfologiche dei Neanderthal, incluse le loro proporzioni corporee, riflettono un complessivo adattamento alle condizioni climatiche delle ultime fasi del Pleistocene in Europa, ricorrentemente molto rigide; questo fino alla loro estinzione, avvenuta circa 40.000 anni fa. In passato, alcuni ricercatori hanno spiegato questo "paradosso" identificando possibili strutture interne del naso, che sarebbero peculiari dei Neanderthal, sulla base tuttavia dell'esame di resti spesso frammentari e sempre incompleti. A causa della loro fragilità, infatti, le strutture ossee interne del naso generalmente non si conservano nei reperti archeologici e (tanto meno) paleontologici.
Il nuovo articolo pubblicato su PNAS, a firma di Costantino Buzi (ora ricercatore all'Università degli Studi di Perugia e precedentemente all'IPHES di Tarragona, dove è stato condotto lo studio analitico) e colleghi, esplora in dettaglio e nella sua conformazione tridimensionale l'unica cavità nasale che sia nota per un Neanderthal, dove queste strutture si sono conservate pressoché intatte.
Si tratta dello scheletro rinvenuto nel 1993 in una cavità carsica vicino Altamura. Il reperto, datato nel 2015 a un intervallo compreso tra 130.000 e 172.000 anni dal presente, nell'ultimo decennio è stato oggetto di una serie di studi approfonditi, anche grazie a un progetto PRIN guidato dal professor Giorgio Manzi di Sapienza. Lo studio della cavità nasale di questo straordinario reperto è stato condotto con tecnologie endoscopiche utilizzate direttamente all’interno del sistema carsico dove lo scheletro si trova tuttora.
"Il contesto e le particolari condizioni di deposizione del Neanderthal di Altamura – spiega Giorgio Manzi, paleoantropologo al Dipartimento di Biologia Ambientale della Sapienza - lo rendono lo scheletro fossile umano più completo (a parte quelli più recenti di Homo sapiens) che sia mai stato scoperto. Nonostante rimanga ancora come intrappolato in un sistema carsico molto complesso, lo scheletro di Altamura continua a fornirci informazioni senza precedenti, anche grazie alle tecnologie innovative da noi utilizzate. È un reperto di formidabile interesse per lo studio dell'evoluzione dei Neanderthal e, più in generale, per quello delle nostre origini".
Questa ricerca ha così permesso di esaminare per la prima volta la morfologia interna della cavità nasale di un Neanderthal, escludendo l'esistenza di tratti del naso interno specifici della specie. Inoltre, grazie alla tecnologia endoscopica utilizzata, gli autori hanno potuto creare un modello 3D del naso dello scheletro di Altamura, che fornirà una base per futuri studi volti a valutare meglio le prestazioni respiratorie dei Neanderthal.
"In passato – aggiunge Antonio Profico, paleoantropologo dell'Università di Pisa – diversi autori avevano ipotizzato l'esistenza di caratteri del naso dei Neanderthal che erano considerati diagnostici, pur in assenza di prove fossili chiare. Altamura ha finalmente fornito la prova dell'assenza di queste presunte caratteristiche: d'altra parte, anche senza questi adattamenti, il naso dei Neanderthal – per i quali il caso di Altamura rappresenta l'unico proxy attualmente disponibile – mostra un modello efficiente per soddisfare le elevate esigenze energetiche di una specie adattata al freddo".
Su questo punto, concorda appieno Carlos Lorenzo, dell'IPHES e dell'Università Rovira i Virgili di Tarragona in Spagna: "una volta presa in considerazione la bioenergetica, il paradosso della grande apertura nasale nei Neanderthal non è più tale. È infatti ciò che ci si potrebbe aspettare da una specie adattata al freddo in presenza di una morfologia 'arcaica' del cranio. La struttura nasale che possiamo già vedere nei primi Neanderthal com'è quello di Altamura, anche se diversa da quella di Homo sapiens, potrebbe essere stata la soluzione morfologica ideale per il condizionamento dell'aria in un corpo massiccio".
Un altro aspetto di rilievo è che il prognatismo medio-facciale tipico dei Neanderthal non sarebbe dovuto direttamente ad aspetti funzionali del tratto respiratorio superiore e andrebbe ricondotto ad altri fattori evolutivi e una serie di cambiamenti morfologici "a cascata", come è stato recentemente suggerito da uno studio a carattere generale pubblicato su "Evolutionary Anthropology" (Boggioni et al. 2025).
Costantino Buzi così conclude: "quello che possiamo dedurre osservando la cavità nasale del Neanderthal di Altamura è che la sua parte funzionale non si discosta troppo da quella degli esseri umani moderni, mentre la morfologia esterna è completamente diversa. Questo ci suggerisce una causalità inversa: la cavità nasale accompagna il prognatismo solo nella sua parte anteriore, mentre questa rimane sostanzialmente invariata al suo interno. Ipotizziamo dunque che la funzione nasale non abbia 'modellato' il prognatismo medio-facciale, ma al contrario ne sia stata influenzata. Altre pressioni adattative e vincoli morfologici hanno agito sulla morfologia facciale dei Neanderthal, dando origine a un modello alternativo al nostro, ma funzionale al clima rigido del tardo Pleistocene europeo".
Il Museo del Violino di Cremona è partner associato del programma europeo PlaceMUS XR, progetto di ricerca promosso dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e inteso alla creazione di applicazioni digitali onde consentire agli utenti di esplorare significativi "luoghi della musica" attraverso regioni e città europee.
Le applicazioni mirano a fornire una narrazione intrecciata, che comprenda l'evento musicale in sé, il suo contesto culturale e storico, il contesto e gli oggetti museali fisici. Questo approccio di storytelling a più livelli attingerà a una gamma diversificata di fonti, tra cui partiture musicali, strumenti, cronache, diari, lettere, trattati filosofici e immagini.
La riunione preliminare che si è tenuta martedì e mercoledì scorsi al Museo del Violino ha visto confrontarsi quattordici partner provenienti da Italia, Francia, Inghilterra, Ungheria, Georgia e Polonia.
Il progetto prevede la mappatura geografica dei luoghi a destinazione musicale e la creazione di coinvolgenti itinerari tematici basati su ambienti, persone, temi e periodi storici, che comprendano una vasta ricchezza di patrimoni tangibili e intangibili.
Nella fase iniziale saranno realizzati, come "caso di studio", sette itinerari, ulteriormente adattabili ed estensibili in futuro. Il Museo del Violino è proprio uno di questi.
Il percorso espositivo e l’attività in Auditorium Giovanni Arvedi, infatti, affiancano forme sinestetiche di fruizione: fin d’allestimento iniziale, infatti, sono stati seguiti con particolare attenzione i temi della crossmedialità, della accessibilità e dell’innovazione, con postazioni di approfondimento sviluppate in collaborazione con i laboratori del Politecnico di Milano e dell’Università di Pavia, attivi all’interno di Palazzo dell’Arte.
Anche PlaceMUS XR si concentrerà sulla realizzazione di strumenti digitali innovativi per arricchire l'esperienza dei visitatori in questi luoghi della musica attraverso esperienze di realtà virtuale e aumentata, contenuti multimediali accessibili tramite diverse applicazioni e strumenti integrati nell'European Collaborative Cloud for Cultural Heritage, uno spazio digitale in cui professionisti e istituzioni potranno condividere e gestire i dati relativi al patrimonio culturale. Saranno sviluppati strumenti di progettazione e simulazione e condotte analisi e valutazioni dell'impatto della comunicazione audiovisiva nei musei.
Sarà infine posta particolare enfasi sulla ricostruzione di paesaggi sonori storici, nonché delle proprietà acustiche degli spazi per le performance musicali, esplorando l'interazione tra musica e architettura, anche sfruttando il potenziale delle tecnologie digitali.
“Spero che PlaceMUS XR possa contribuire ad accrescere la consapevolezza dell’importanza di integrare il patrimonio culturale musicale e degli historical Soundscapes nella ricerca nell’ambito del patrimonio culturale digitale in connessione con le altre arti con la storia e con le scienze sociali”, osserva Eva Pietroni, direttrice ricerca del CNR ISPC e coordinatrice del progetto europeo Digital Journey across Musical Places in Europe and Extended Realities. “Spero inoltre che possa offrire degli strumenti digitali accessibili, innovativi e aperti per creare sempre nuovi itinerari dei luoghi della musica in Europa ad uso della comunità scientifica, dei professionisti del settore culturale, degli educatori, degli studenti, dei turisti e dei cittadini”.
“La tecnologia può essere un importante abilitatore per una società inclusiva, pensata e sviluppata con lo scopo di valorizzare le differenze, eliminare ogni barriera e rendere il mondo alla portata di ogni individuo”, conclude Virginia Villa, direttrice generale del Museo del Violino. “I Musei, organismi vibranti di luoghi e comunità, di dati e azioni possono diventare, anche grazie a progetti come PlaceMUS XR, un paradigma emergente che percepisce e accoglie, attraverso nuovi percorsi di fruizione culturale, le richieste di una società in perenne evoluzione”. (focus\aise)