La voce degli eletti all’estero (3)

ROMA – focus/ aise – “Da luglio gli italiani che in passato sono stati costretti a rinunciare alla cittadinanza italiana potranno finalmente riacquistarla”. Per il senatore PD eletto in Australia, Francesco Giacobbe, “si tratta di un traguardo raggiunto dopo un lungo percorso di lavoro parlamentare”.
Come ricorda il parlamentare nella sua ultima newsletter, “fin dal mio primo mandato in Senato ho presentato due disegni di legge per affrontare questa ingiustizia, affiancati da numerose interrogazioni parlamentari, lettere indirizzate ai diversi ministri dell’Interno e degli Esteri che si sono succeduti nel tempo, e numerosi interventi in Aula. Non è mai venuto meno il mio impegno affinché a questi italiani venisse restituito un diritto che non avrebbero mai dovuto perdere”.
“Questo importante riconoscimento è stato infine inserito ai margini della nuova legge sulla cittadinanza, approvata di recente”, prosegue Giacobbe. “Una legge che, voglio essere chiaro, non condivido nella sua impostazione generale e contro la quale mi sono battuto con fermezza. Ho lavorato in ogni modo per cercare di bloccarne l’approvazione o almeno migliorarla, riuscendo a ottenere che chi aveva già fissato un appuntamento al consolato possa completare il proprio percorso per ottenere la cittadinanza secondo le regole precedenti”.
“Anche in questo contesto, esponenti della stessa maggioranza hanno riconosciuto pubblicamente, nei loro interventi, il contributo determinante del mio lavoro e di altri colleghi di minoranza per il raggiungimento di questo specifico obiettivo”, tiene a sottolineare il senatore italoaustraliano.
“Restituire la cittadinanza italiana a chi l’aveva persa per imposizione normativa e non per scelta libera è una questione di giustizia, di rispetto e di dignità”, evidenzia Giacobbe. “È un atto che rafforza il legame con le nostre comunità all’estero, riconoscendo il valore dell’identità italiana che queste persone non hanno mai dimenticato”. Per questo il senatore invita i connazionali a “presentare la richiesta di riacquisto della cittadinanza a partire da luglio, secondo le modalità che saranno comunicate attraverso i consolati e i canali ufficiali”.
“Questa possibilità”, ricorda infine Giacobbe, “è limitata ai prossimi due anni e mezzo. Dopo questo periodo non si potrà richiedere il riacquisto della cittadinanza italiana per chi l'ha persa. Quindi non perdete tempo e sfruttate questa opportunità! Intanto”, conclude, “io continuerò a battermi per una cittadinanza più giusta, inclusiva e rispettosa delle nostre comunità nel mondo”.
“Archiviato l’appuntamento referendario, è possibile leggere e interpretare alcuni dati, che secondo noi ci dicono molto circa la volontà degli italiani nel mondo di partecipare alla vita politica e sociale del Paese”. Partono da qui le riflessioni di Vincenzo Odoguardi, Vicepresidente del Movimento Associativo Italiani all’Estero, secondo cui se “è vero che, in occasione dei referendum su cittadinanza e lavoro, gli elettori all’estero, in media, hanno votato meno (un’affluenza del 23,8 per cento, inferiore alla media nazionale del 30,6 per cento)” è vero anche che “bisogna considerare che il meccanismo elettorale che regola il voto degli italiani nel mondo è spesso farraginoso e complicato, sia per l’elettore sia per le autorità e le istituzioni preposte all’organizzazione delle elezioni. Non solo: le recenti novità in tema di cittadinanza approvate dal Parlamento, con una legge che taglia pesantemente lo ius sanguinis, di sicuro hanno influito sul desiderio di partecipazione”.
“In America Meridionale – prosegue -, dove la botta alla trasmissione della cittadinanza inflitta da governo e Parlamento è stata accusata in maniera maggiore, ha votato il 34,6% degli aventi diritto (circa 1,6 milioni di elettori), mentre in Nord America, per esempio, su 465mila elettori ha votato il 16,5%. Gli italiani dell’America Latina, dunque, hanno voluto farsi sentire con forza, lanciando all’Italia un messaggio chiaro: siamo italiani anche noi che viviamo oltre confine e, a dispetto di quanto possano pensare i governanti, sentiamo la necessità di partecipare. In America Settentrionale, invece, dove la questione cittadinanza probabilmente non è così sentita come in alcuni Paesi latinoamericani (pensiamo al Brasile e all’Argentina), sono stati molti di meno coloro che hanno deciso di partecipare al voto”.
“Resta il fatto – commenta Odoguardi – che anche questa volta, come ad ogni tornata elettorale, da tutto il mondo sono arrivate segnalazioni di irregolarità e difficoltà nella gestione del processo elettorale: schede mai arrivate oppure giunte a destinazioni sbagliate, connazionali obbligati a percorrere enormi distanze per poter ritirare il plico perché non l’avevano ricevuto a domicilio, poste e corrieri privati non in grado di garantire una corretta e puntuale distribuzione delle schede elettorali”.
Per l’esponente del Maie “è importante sottolineare che la stragrande maggioranza degli italiani nel mondo, pur vivendo lontano dalla Madre Patria, è ancora attaccata al proprio Paese, con un cordone ombelicale fatto di lingua, cultura, tradizioni. Votare, per un cittadino italiano, dovunque sia nel mondo, è un diritto. Certo, deve essere messo nelle condizioni di farlo, senza il rischio che il suo voto possa venire a mancare non per colpa sua, ma a causa di un meccanismo che non garantisce sicurezza né trasparenza. Ci auguriamo che in occasione dell’Assemblea Plenaria del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, che si terrà a Roma a partire dalla prossima settimana, venga messa sul tavolo dei lavori la questione del voto all’estero e di una ormai sua improcrastinabile riforma. L’esercizio democratico deve essere garantito a tutti, agli italiani d’Italia come ai connazionali nel mondo. Tocca alla politica e al governo – conclude – prendere il toro per le corna una volta per tutte e modificare, in meglio, un voto all’estero che nel corso degli anni ha sempre dimostrato di fare acqua da tutte le parti”. (focus\aise)