La voce degli eletti all’estero (3)

ROMA – focus/ aise – Nel corso della riunione della IX Commissione permanente del Senato (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare), il senatore eletto all’estero Francesco Giacobbe ha illustrato, a nome del Pd, un parere contrario al Documento Programmatico di Finanza Pubblica 2025 (DPFP), denunciandone la “totale inadeguatezza nel rispondere alle sfide economiche e commerciali che l’Italia sta affrontando”.
“Il DPFP 2025 è un documento vuoto, privo di visione e incapace di affrontare le questioni strutturali alla base della crisi economico-sociale”, ha dichiarato Giacobbe. “Non interviene per contrastare gli effetti devastanti delle nuove politiche protezionistiche statunitensi, né propone strumenti concreti per sostenere le imprese italiane, in particolare quelle del settore manifatturiero, oggi esposte a un rischio reale di delocalizzazione”.
Il senatore ha sottolineato che le nuove tariffe e i dazi introdotti dagli Stati Uniti hanno già prodotto una riduzione del 7,7% dell’export italiano e una caduta del 21,2% su base annua delle esportazioni verso gli USA, con effetti drammatici sulla produzione industriale nazionale, in particolare nei comparti della meccanica, della chimica, della moda e dell’agroalimentare.
Per Giacobbe dunque “il Governo non solo ignora le conseguenze delle scellerate politiche tariffarie di Trump, ma si mostra del tutto passivo di fronte a un mutamento profondo dei paradigmi e delle regole del commercio internazionale. L’Italia rischia di pagare un prezzo altissimo a questa miopia: siamo il Paese che ha introdotto la pasta nel mondo, ma se continua così, rischiamo di doverla importare”.
Nel suo intervento, il senatore Giacobbe ha evidenziato anche l’assenza di un piano di protezione per il settore manifatturiero, l’aumento della pressione fiscale – destinata a salire fino al 42,8% – e la mancanza di risorse dedicate alla crescita e alla competitività.
“Questo DPFP non è proattivo: non destina risorse per risolvere problemi strutturali e ignora completamente le conseguenze delle nuove dinamiche globali”, ha osservato Giacobbe. “Si limita a confermare l’immobilismo di un Governo che preferisce i tagli alla spesa agli investimenti produttivi, e che rischia di compromettere il futuro industriale e commerciale del Paese”.
Il senatore PD ha inoltre criticato la scelta dell’Esecutivo di aumentare le spese per la difesa “a scapito di settori strategici per la crescita”, come l’industria, l’energia e l’agricoltura, sottolineando che “mentre la produzione industriale arretra, il Governo non offre soluzioni ma tagli e promesse generiche”.
“L’Italia ha bisogno di una politica economica coraggiosa, che difenda le imprese, tuteli il lavoro e investa sull’innovazione”, ha concluso Giacobbe. “Il DPFP 2025, invece, conferma la mancanza di direzione e di strategia di questo Governo: un documento che guarda al passato mentre il mondo cambia”.
“Due anni dopo, arriva la conferma dei dati: il taglio delle agevolazioni per i lavoratori impatriati voluto da questo governo è stato un autogol clamoroso, come avevamo ampiamente denunciato anche presentando un'interrogazione parlamentare”. È quanto rilevato da Andrea Crisanti, senatore Pd eletto in Europa, in base ai dati di Controesodo, secondo cui il flusso di rimpatri quest’anno si è infatti più che dimezzato: 55% in meno rispetto al 2023.
“Un crollo in linea con la battuta d’arresto del 2024, quando si era registrato già il 40% di rientri in meno”, aggiunge il senatore dem. “Gli incentivi previsti per i lavoratori che rientrano in Italia dall’estero, prima del loro depotenziamento, stavano invece funzionando: il numero di rientri nel 2021 era raddoppiato, passando da una media di 2.000/3.000 all’anno ad oltre 6.500”.
“La responsabilità dell’esecutivo è chiara”, sottolinea Crisanti: “il pesante taglio di questi incentivi, che ha ridotto la percentuale di detassazione dal 70% al 50% e l’introduzione di requisiti più stringenti per accedere all’agevolazione, è infatti l’unica causa di questi dati preoccupanti. Il danno causato al nostro Paese dalla miopia di questo governo – conclude – rischia di essere inestimabile”.
Nessuna irregolarità nell’aggiudicazione dei lavori di ampliamento del Consolato italiano a Mendoza. Questo, in sintesi, il contenuto della risposta alla interrogazione del senatore Mario Borghese (Maie) affidata al sottosegretario Giorgio Silli.
Al senatore eletto in Sud America, che ipotizzava incompatibilità dell’azienda aggiudicatrice dei lavori perché vi lavorano parenti di un consigliere del Comites, il sottosegretario replica che non vi sono norme che escludono questa eventualità.
“Il consolato generale a Mendoza, ritenendo insufficienti gli spazi della sede per via del sensibile aumento del numero di connazionali residenti nella circoscrizione, ha indetto una procedura di gara per la costruzione di nuovi locali attigui all'edificio esistente”, si legge nella risposta di Silli. “L'importo stimato della gara è stato di 1.381.321,52 euro, utilizzando come criterio di aggiudicazione quello del minor prezzo, come previsto dall'art. 11 del decreto ministeriale n. 192/2017”.
“Il consolato generale, in quanto stazione appaltante autonoma, ha direttamente provveduto all'invio telematico delle lettere di invito a 10 operatori economici, ricevendo tre offerte, di cui – precisa il sottosegretario – solo due ammissibili. Ai fini dell'aggiudicazione, non vi è stata alcuna valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante: la proposta di aggiudicazione è stata infatti formulata in ragione del criterio del prezzo più basso. La stazione appaltante ha inoltre svolto i controlli prescritti dalla legge sui requisiti dell'operatore economico aggiudicatario, che hanno avuto esito positivo”.
“Il cognome di uno dei componenti del Com.It.Es. di Mendoza – continua il sottosegretario – potrebbe lasciare ipotizzare un legame di parentela con gli omonimi CEO, responsabile della comunicazione e impiegato amministrativo della società aggiudicataria. Gli artt. 5 e 9 del citato decreto (rubricati rispettivamente "Conflitti di interesse" e "Requisiti degli operatori economici") e l'art. 5, comma 4, della legge n. 286 del 2003, recante "Norme relative alla disciplina dei Comitati degli italiani all'estero", - sottolinea, concludendo – non configurano ad ogni modo cause di incompatibilità in questo caso”. (focus\aise)