L’ambiente al primo posto

ROMA – focus\aise - Un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha fatto una rilevante scoperta che riguarda il Lago Enigma in Antartide.
Hanno collaborato allo studio l'Istituto di Scienze Polari del CNR (CNR-ISP), l’Istituto di ricerca sulle acque del CNR (CNR-IRSA), l'Istituto di Geoscienze e delle Georisorse del CNR, l'Istituto per le Applicazioni del Calcolo “Mauro Picone del CNR (IAC-CNR), il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università “La Sapienza” di Roma, l’Università di Firenze, la Southern Illinois University negli USA e la Queen's University di Belfast in Irlanda.
Lo studio, pubblicato recentemente sulla rivista Communications Earth & Environment, evidenzia come i ricercatori abbiano localizzato, contrariamente a quanto supposto fino ad oggi, uno strato di acqua dolce perennemente coperta da una spessa coltre di ghiaccio. Questo particolarissimo habitat è risultato da un ecosistema di microrganismi unico e insolitamente diversificato. Questa tipologia di laghi possono ospitare un'ampia varietà di vita microbica, che rappresenta la forma di vita dominante presente nei laghi Antartici.
Il progetto ENIGMA, progetto di ricerca finanziato dal Programma Nazionale di Ricerca in Antartide (PNRA) e coordinato da Stefano Urbini dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), prende infatti il nome dall’omonimo lago presente a circa 5 km dalla base italiana Mario Zucchelli.
Il lago ENIGMA è così denominato a causa dell’enigmatica presenza di un cono detritico sopraelevato nel suo centro e ritenuto dal 1989 a oggi come completamente ghiacciato.
I rilievi radar condotti dai ricercatori dell’INGV, nel periodo compreso tra novembre 2019 e gennaio 2020, hanno invece rilevato la presenza di acqua allo stato liquido sotto una coltre di ghiaccio che può superare i 14 metri di spessore. Il lago è stato quindi perforato ed esplorato in prima istanza con una telecamera subacquea che ha fornito immagini inedite ai ricercatori. I microbiologi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Istituto di Scienze Polari) che afferivano al progetto, hanno identificato diversi tipi di tappeti microbici, ovvero pellicole composte da colonie microbiche, alcuni alti fino a 40 centimetri e con un diametro di 60 centimetri. Analisi sul DNA effettuati nei campioni di acqua hanno permesso di identificare la composizione dell'ecosistema microbico rivelando un'elevata quantità di batteri Patescibacteria, che hanno un diametro medio di 200-350 milionesimi di millimetro. Fino ad oggi questo tipo di batteri non erano mai stati trovati in simili laghi antartici e anche il loro ruolo, simbiotico o predatorio, è ancora del tutto da chiarire.
Questo tipo di studio e scoperta offre nuovi spunti di conoscenza sia dal punto di vista “terrestre” sia “extra-terrestre”. Questa tipologia di habitat dove organismi “estremofili” possono sopravvivere o proliferare è infatti possibile anche in altri ambienti simili. Si pensi infatti a Europa, uno dei satelliti naturali di Giove, oppure a Enceladus, una luna di Saturno, dove, al di sotto delle loro calotta di ghiaccio, è ritenuta altamente probabile la presenza di habitat simili a quelli del lago Enigma e che potrebbero contenere quindi forme di vita microbica extraterrestre.
Per la prima volta, sulle piattaforme glaciali della baia Terra Nova in Antartide è stata rilevata la presenza della weathering crust - uno strato di ghiaccio noto come crosta di alterazione - grazie a una ricerca svolta dai ricercatori dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e pubblicata sulla rivista Communications Earth & Environnement di Nature. “Abbiamo constatato che particolari condizioni metereologiche, ovvero assenza di nuvole e vento e temperatura dell’aria prossima allo 0°C, determinano una maggiore penetrazione dei raggi solari nel ghiaccio, causando la formazione della crosta di alterazione”, spiega Giacomo Traversa, assegnista di ricerca presso il Cnr-Isp e autore della ricerca. “Questa superficie di ghiaccio bianco e poroso ha l’effetto di amplificare l’albedo, ovvero la capacità di riflessione dei raggi solari e, conseguentemente, di diminuire la radiazione solare assorbita all’interno delle piattaforme. Queste ultime sono enormi masse galleggianti che si estendono dalla calotta antartica al di sopra dell’oceano e che si caratterizzano per la presenza di ampie aree di ghiaccio blu”.
In Antartide la crosta di alterazione era stata precedentemente individuata soltanto sui ghiacciai dell’area delle Dry Valleys, 300 km più a sud della baia Terra Nova. In questa zona, dove gli studiosi hanno analizzato le piattaforme Nansen e Hells Gate attraverso misurazioni spettroscopiche, immagini da drone e satellitari e dati da stazioni meteorologiche, è presente anche la stazione di ricerca italiana Mario Zucchelli, che ha rappresentato la base operativa di questo studio.
I ricercatori ipotizzano che la presenza della crosta di alterazione possa contrastare i processi di fusione e sublimazione del ghiaccio. “La crosta di alterazione ha riguardato la quasi totalità delle piattaforme di ghiaccio della baia Terra Nova, mentre soltanto una piccola parte viene interessata dal darkening, un processo - per certi versi opposto - di scurimento della superficie dei ghiacciai causato dal deposito di polvere e detriti e dallo sviluppo di alghe, che comporta anche la formazione di laghi o specchi d’acqua supraglaciali”, conclude Biagio Di Mauro, ricercatore del Cnr-Isp e autore dello studio. “Visto il legame forte tra meteo, clima e sviluppo della crosta di alterazione, il contesto del cambiamento climatico globale e, più nello specifico, delle condizioni meteorologiche in Antartide, potrebbe determinare un aumento della weathering crust. Questo aspetto, visti i potenziali effetti di contrasto alla fusione dei ghiacci, sarà oggetto di prossimi studi da parte del nostro team di ricerca”.
La ricerca è stata realizzata grazie al Programma Nazione di Ricerche in Antartide (PNRA). Il PNRA è finanziato dal Mur (Ministero dell’università e della ricerca) e gestito dal Cnr per il coordinamento scientifico, dall’Enea per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - Ogs per la gestione tecnica e scientifica della nave rompighiaccio Laura Bassi. (focus/aise)