L’ambiente al primo posto

ROMA – focus\aise - Uno studio coordinato dall’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe) e dall’Istituto Luke di Helsinki (Finlandia), ha rivelato le elevate proprietà antiossidanti, antibatteriche e antivirali dell’estratto di corteccia di abete. I risultati della ricerca in vitro, a cui hanno partecipato altri partner italiani, finlandesi e statunitensi, sono stati pubblicati sulla rivista Separation and Purification Technology.
“In questa ricerca abbiamo impiegato la corteccia di abete rosso - una specie particolarmente diffusa sulle Alpi e anche sull’Appenino tosco-emiliano – un sottoprodotto della filiera forestale di norma non utilizzato oppure destinato alla combustione. Gli estratti, ottenuti mediante la tecnica di cavitazione idrodinamica, sono dotati di elevate proprietà antiossidanti e antivirali rispetto a due tipi di virus, e di attività antibatterica particolarmente efficace nei confronti di diversi ceppi. Questo metodo si è rilevato efficiente, veloce, in grado di operare a basse temperature e anche con altri sottoprodotti, quali i rametti”, sottolinea Francesco Meneguzzo, ricercatore del Cnr-Ibe e supervisore dello studio.
Questa tipologia di estrazione non era stata mai sfruttata prima, per la mancanza di una tecnica che fosse in grado di restituire un prodotto sicuro per l’organismo e in grado di assicurare un adeguato ritorno economico. “Abbiamo progettato un sistema tecnologico innovativo e completo, in grado di lavorare anche trentamila tonnellate di sottoprodotti in un anno. Dopo una lunga sperimentazione e analisi complesse, siamo riusciti a identificare nel dettaglio quali potessero essere gli aspetti tecnici e di mercato determinanti per la sostenibilità economica dell’applicazione industriale”, conclude Meneguzzo.
Lo studio, condotto nell’ambito del progetto ForestAntivirals dell’Accademia di Finlandia e dei progetti italiani Pnrr On Foods (finanziato da NextGenerationEU) e Nutrage (finanziato dal Cnr) potrà aprire la strada a una nuova bioeconomia forestale, non limitata alla produzione di combustibili o di materiali tecnici, ma focalizzata su prodotti potenzialmente importanti per la salute umana, utilizzabili per la funzionalizzazione di alimenti e per la realizzazione di integratori alimentari.
L’intelligenza artificiale verrà utilizzata per la prima volta in Antartide come strumento per contare e classificare i pinguini di Adelia che vivono nei pressi della Stazione italiana Mario Zucchelli. Lo prevede una metodologia messa a punto da ENEA che mette insieme droni, intelligenza artificiale (IA) e la potenza del supercomputer CRESCO dell’ENEA stessa.
“La precisione della conta è risultata pari al 97% per i pinguini adulti e 89% per i pulcini, valori ottimali in quanto molto attendibili”, spiega Riccardo Scipinotti, ricercatore ENEA attualmente capo spedizione presso la base italo-francese di Concordia sul plateau antartico, a oltre 3 mila metri di quota e a 1.200 chilometri dalla costa.
Questi risultati sono stati ottenuti analizzando le ortofoto acquisite nelle due pinguinaie più vicine alla base Zucchelli (Edmonson Point e Adelie Cove), che contano rispettivamente circa 4 mila e 10 mila esemplari. Per consentire ai ricercatori di effettuare una stima dell’efficacia riproduttiva della colonia - uno degli indicatori della salute degli animali e dei cambiamenti climatici - il conteggio è ripetuto in due periodi precisi dell’estate australe, metà novembre, periodo di cova, e metà gennaio quando i pulcini sono liberi di muoversi nella pinguinaia.
“Nello specifico, il conteggio è stato ottenuto attraverso speciali droni le cui caratteristiche tecniche li rendono adatti per volare alle basse temperature antartiche e sorvolare vaste aree remote. Per riprendere alcune colonie, senza disturbare gli animali, è stato necessario superare i 50m di quota” spiega Scipinotti.
Le immagini scattate vengono in prima battuta elaborate dal cluster di supercalcolo CRESCO, attivo dal 2017 presso la stazione Zucchelli, che restituisce una ortofoto georeferenziata ad alta risoluzione (circa 1cm/px) della pinguinaia direttamente in campo.
L’ottima risoluzione dell’immagine è infatti sufficiente a identificare sia i pinguini adulti, grandi circa 60cm, sia i pulcini, che a circa 2 mesi di vita raggiungono appena l’altezza di 30cm.
L’ortofoto elaborata viene successivamente processata da una rete neurale appositamente addestrata per riconoscere i pinguini presenti nell’immagine, distinguendoli tra adulti e pulcini. “Per l’addestramento della rete neurale è stato usato il supercalcolatore CRESCO di ENEA, installato presso il centro ENEA di Portici, a cui sono state fornite circa 400 immagini con più di 3 mila pinguini, ripresi sempre attraverso drone in diverse condizioni di esposizione e posizione nel corso delle ultime otto spedizioni di ricerca”, spiega Samuele Pierattini, della Divisione ENEA per lo Sviluppo di Sistemi per l’informatica e l’ICT.
“Rispetto al conteggio effettuato manualmente a campione da personale in campo, questa metodologia risulta più veloce e permette di monitorare aree remote difficilmente accessibili all’uomo, riducendo anche il disturbo per le specie animali”, precisa Scipinotti.
Il passo successivo sarà quello di affinare l’addestramento della rete con i dati acquisiti durante le spedizioni in modo da aumentare l’affidabilità della rete stessa e di specializzarla per rilevare e discriminare anche i pinguini Imperatore, altra specie che colonizza nei pressi della Stazione Mario Zucchelli.
Inoltre, le nuove tecnologie in ambito della AI saranno impiegate per realizzare una rete neurale ‘leggera’ dal punto di vista computazionale che possa essere installata all’interno dell’elettronica del drone e fornire, in tempo reale, il conteggio dei pinguini rilevati. “In questo modo, non sarebbe più necessario esportare dall’Antartide dati grezzi da elaborare nei laboratori, ma arriverebbe un’informazione già completa per effettuare valutazioni oggettive e studi sullo stato numerico della popolazione dei pinguini”, conclude Pierattini.
Attualmente è in corso la 40ª spedizione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) e gestito dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per il coordinamento scientifico, da ENEA per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) per la gestione tecnica e scientifica della nave rompighiaccio Laura Bassi. (focus/aise)