L’ambiente al primo posto

ROMA – focus/ aise – Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, getta nuova luce sulla nascita di quello che potrebbe essere il più giovane oceano del Pianeta: il Mar Rosso, oggi una delle aree geologicamente più attive del pianeta nonché un laboratorio naturale unico per comprendere come si formano gli oceani e i meccanismi che governano la deriva dei continenti.
La ricerca, condotta in collaborazione con il Servizio Geologico Saudita, ha visto la partecipazione di più istituzioni: il Consiglio nazionale delle ricerche con l’Istituto di scienze marine di Bologna (Cnr-Ismar) e l’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria di Roma Montelibretti (Cnr-Igag), il Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia, il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze e il Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università di Perugia.
Lo studio si è focalizzato su rocce magmatiche (gabbri e dicchi basaltici) provenienti dal complesso di Tihama Asir, nel settore meridionale dell’Arabia Saudita, formatosi durante le fasi iniziali dell’apertura del Mar Rosso, circa 25 milioni di anni fa: l’obiettivo era comprendere il ruolo del magmatismo profondo nei processi di rottura della crosta continentale e nella successiva formazione di un bacino oceanico.
I risultati rivelano che i magmi, generati dalla fusione parziale dell’astenosfera - quella porzione di mantello terrestre al di sotto della crosta che si comporta in modo plastico - hanno interagito con antiche porzioni della crosta inferiore prima di accumularsi in camere magmatiche più superficiali, con una contaminazione minima da parte della crosta superiore. Questo processo — innescato dalla combinazione tra la risalita del mantello profondo attraverso il “plume” caldo dell’Afar, e le spinte tettoniche estensionali indotte dalla subduzione lungo la catena degli Zagros in Iran — ha portato a un indebolimento termico della crosta inferiore, favorendone la deformazione profonda e permettendo la risalita dell’astenosfera al posto del mantello litosferico continentale.
Si è, così dimostrato che il magmatismo non solo può favorire la frammentazione dei continenti, ma può anche ostacolarla ritardando l’inizio della formazione di nuova crosta oceanica. In particolare, come nel caso studiato, il magma può ispessire temporaneamente la crosta continentale in fase di assottigliamento, contribuendo ad assorbire l’estensione attraverso continue intrusioni di dicchi. In altre parole, la nascita di un oceano può essere un processo più lento e complesso di quanto si pensasse.
“Il Mar Rosso è una finestra aperta sui processi che, milioni di anni fa, hanno dato origine agli altri oceani della Terra”, spiega Marco Ligi del Cnr-Ismar, che ha coordinato la ricerca assieme ai colleghi Alessio Sanfilippo dell’Università di Pavia e Sandro Conticelli dell’Università di Firenze. “Comprendere la sua evoluzione significa anche migliorare le nostre conoscenze su risorse geotermiche, dinamiche tettoniche e persino migrazioni faunistiche, inclusa quella degli ominidi fuori dall’Africa”.
Lo studio rappresenta un passo importante nella comprensione dei processi geologici profondi che modellano il nostro pianeta, offrendo un modello applicabile anche ad altri contesti di rifting continentale sul pianeta Terra e conseguentemente in altri contesti planetari simili.
Il nostro sguardo alla comprensione del funzionamento profondo del pianeta su cui viviamo, l’unico che possiamo osservare e analizzare direttamente, ci permette di gettare ponti verso la comprensione dell’Universo, dell’evoluzione dei pianeti e, soprattutto, dell’origine della vita e dei meccanismi con cui essa possa diffondersi e colonizzare altri mondi potenzialmente abitabili come la Terra.
Su designazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Assemblea dei Soci del CIRA – Centro Italiano Ricerche Aerospaziali nei giorni scorsi ha nominato Tommaso Edoardo Frosini nuovo Presidente per il triennio 2025–2028.
Professore Ordinario di Diritto Pubblico Comparato presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Frosini è figura di rilievo nel panorama giuridico e istituzionale italiano, e ha ricoperto l’incarico di Vicepresidente del CNR dal 2016 al 2021.
Frosini succede ad Antonio Blandini.
Il CIRA è una società pubblico-privata di interesse Nazionale, con sede a Capua, in Campania, partecipata dal CNR (socio di maggioranza), enti pubblici locali e industrie del settore. Il Centro ha il mandato del Governo di realizzare e gestire il Programma Nazionale di Ricerche Aerospaziali (PRO.R.A.), nell’ambito del quale è stata realizzata la più grande dotazione di infrastrutture di ricerca in campo aerospaziale in Italia con due impianti che vantano caratteristiche uniche al mondo come il PWT (Plasma Wind Tunnel) e l’IWT (Icing Wind Tunnel).
Il CIRA si è inoltre dotato di numerosi laboratori all'avanguardia per molteplici ambiti di ricerca. L’aggiornamento del PRO.R.A. del 2020 ha segnato l’avvio di un nuovo ciclo pluriennale focalizzato su progetti di ricerca applicata e sulla messa a punto di nuovi impianti sperimentali definiti con il concorso degli stakeholder industriali. Gli interventi in corso riguardano i settori dell’aviazione sostenibile e sicura, dell’advanced air mobility, dell’accesso allo spazio e dell’esplorazione spaziale, dei nuovi sistemi di propulsione aeronautica e spaziale, dell’osservazione della Terra e del volo suborbitale e stratosferico. (focus\aise)