L'ambiente al primo posto

ROMA – focus/ aise – Durante il convegno mondiale di vulcanologia svolto a Ginevra lo scorso luglio, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha presentato i risultati di cinque anni di osservazioni ravvicinate delle eruzioni dello Stromboli.
In particolare, negli ultimi tre anni i ricercatori si sono avvalsi di SKATE (Setup for the Kinematic Acquisition of Explosive Eruptions), un osservatorio portatile delle dimensioni di una valigia, dotato di tecnologie in grado di catturare centinaia di fotogrammi al secondo e di registrare in modo sincrono calore, suono e movimento del fenomeno osservato.
SKATE – spiega l’INGV – rivoluziona in modo significativo l’osservazione delle eruzioni esplosive, complesse e pericolose, rendendo il processo più sicuro. Il dispositivo registra autonomamente flussi sincronizzati di dati, riducendo al minimo il tempo che i ricercatori devono trascorrere sui pendii del vulcano.
Il sistema, alimentato da batterie sostituibili e pannelli solari, integra un PC impermeabile che coordina una termocamera capace di registrare 32 fotogrammi al secondo e una telecamera ad alta velocità che attiva le riprese quando rileva improvvisi picchi di temperatura, al fine di non saturare la memoria totale di 6 terabyte.
Grazie ai dati raccolti, è possibile valutare con maggiore precisione l’impatto delle eruzioni sulle persone, sulle infrastrutture e sull’ambiente circostante. SKATE è stato testato anche sull’Etna e sui vulcani Fuego e Santiaguito in Guatemala, e sarà impiegato prossimamente per il monitoraggio di altri siti fra cui il Monte Yasur a Vanuatu, noto come “Faro del Pacifico” per le sue eruzioni quasi continue di lava e gas incandescenti.
Alle Isole Svalbard, in Norvegia, un gruppo di ricerca coordinato dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Isp), con la collaborazione dell’Università degli studi di Perugia, ha rilevato la presenza di contaminanti organici nella neve e nel ghiaccio superficiale. I risultati di questi studi, svolti presso la Stazione artica “Dirigibile Italia” del Cnr, a Ny-Ålesund, sono stati pubblicati sulle riviste Environmental Research e Journal of Hazardous Materials. La ricerca è stata realizzata prendendo in analisi i campioni di neve e le carote di ghiaccio superficiali raccolti su tre ghiacciai dell’Isola di Spitsbergen (Austre Brøggerbreen, Midtre Løvenbreen e Kongsvegen) durante le campagne condotte nel 2022 e 2023.
“Farmaci, prodotti per la cura della persona e composti fenolici (elementi chimici che si generano nei processi di produzione di cosmetici e plastiche, capaci di interferire con il sistema endocrino degli organismi viventi), oltre a essere inquinanti emergenti, non ancora regolamentati a livello internazionale, sono presenti in concentrazioni fino a un ordine di grandezza superiore rispetto ai policlorobifenili e ai pesticidi, un dato quantitativamente inaspettato”, spiega Luisa Patrolecco, ricercatrice del Cnr-Isp e coordinatrice del gruppo di ricerca. “Queste ultime due classi di inquinanti, invece, sono sostanze persistenti che si decompongono lentamente e che sono state già bandite da molti anni. La presenza di contaminanti di vecchia e nuova generazione nella criosfera polare dimostra che il trasporto atmosferico a medio e a lungo raggio sta giocando un ruolo chiave nella diffusione degli stessi in diversi comparti ambientali”.
Secondo il team di ricerca la compresenza di contaminanti persistenti ed emergenti rivela che l’impatto delle attività umane è radicato anche negli ambienti più remoti e che le nuove sostanze di uso quotidiano stanno già entrando nei cicli naturali, con effetti in gran parte sconosciuti. “Sappiamo che la neve artica cattura nell’atmosfera i contaminanti che provengono dalle medie latitudini, mentre il ghiaccio agisce come memoria, conservando al suo interno gli inquinanti accumulatisi nel tempo”, prosegue Tanita Pescatore, ricercatrice del Cnr-Isp e autrice della ricerca. “Tuttavia, a causa del riscaldamento globale e della fusione accelerata dei ghiacci, queste sostanze possono essere nuovamente rilasciate nell’ambiente, generando nuovi impulsi di contaminazione negli ecosistemi polari”.
“L’obiettivo fondamentale di questo tipo di studi è non solo dare un quadro aggiornato dello stato di contaminazione degli ambienti artici, ma anche quello di raccogliere dati cruciali per lo sviluppo di strategie internazionali integrate volte alla riduzione delle emissioni”, concludono le ricercatrici. “Molti degli inquinanti rilevati, infatti, non sono ancora regolati da normative ambientali specifiche, rendendo urgente un coordinamento globale per proteggere la criosfera e, con essa, l’equilibrio climatico terrestre”. (focus\aise)