Papa Leone: agire nella verità costa perché nel mondo c’è chi sceglie la menzogna

Vatican Media

ROMA\ aise\ - “Agire nella verità costa, perché nel mondo c’è chi sceglie la menzogna e perché il diavolo, approfittandone, spesso cerca di ostacolare l’agire dei buoni. Gesù, però, ci invita, con il suo aiuto, a non arrenderci e a non omologarci a questa mentalità, ma a continuare ad agire per il bene nostro e di tutti, anche di chi ci fa soffrire. Ci invita a non rispondere alla prepotenza con la vendetta, ma a rimanere fedeli alla verità nella carità”. Questo il messaggio che Papa Leone ha affidato a fedeli e pellegrini raccolti ieri, 17 agosto, in piazza della Libertà a Castel Gandolfo per assistere alla recita dell’Angelus.
“Oggi il Vangelo ci presenta un testo impegnativo (cfr Lc 12,49-53)”, ha esordito Prevost, “in cui Gesù, con immagini forti e grande franchezza, dice ai discepoli che la sua missione e anche quella di chi lo segue non è tutta “rose e fiori”, ma è “segno di contraddizione” (cfr Lc 2,34). Così dicendo, il Signore anticipa ciò che dovrà affrontare quando a Gerusalemme sarà osteggiato, arrestato, insultato, percosso, crocifisso; quando il suo messaggio, pur parlando d’amore e di giustizia, sarà rifiutato; quando i capi del popolo reagiranno con ferocia alla sua predicazione. Del resto, tante delle comunità a cui l’evangelista Luca si rivolgeva con i suoi scritti, vivevano la stessa esperienza. Erano, come ci dicono gli Atti degli Apostoli, comunità pacifiche che, pur con i loro limiti, cercavano di vivere al meglio il messaggio di carità del Maestro (cfr At 4,32-33). Eppure subivano persecuzioni”.
“Tutto questo ci ricorda che non sempre il bene trova, attorno a sé, una risposta positiva”, ha spiegato Leone. “Anzi a volte, proprio perché la sua bellezza infastidisce quelli che non lo accolgono, chi lo compie finisce coll’incontrare dure opposizioni, fino a subire prepotenze e soprusi. Agire nella verità costa, perché nel mondo c’è chi sceglie la menzogna e perché il diavolo, approfittandone, spesso cerca di ostacolare l’agire dei buoni. Gesù, però, ci invita, con il suo aiuto, a non arrenderci e a non omologarci a questa mentalità, ma a continuare ad agire per il bene nostro e di tutti, anche di chi ci fa soffrire. Ci invita a non rispondere alla prepotenza con la vendetta, ma a rimanere fedeli alla verità nella carità. I martiri ne danno testimonianza spargendo il sangue per la fede, ma anche noi, in circostanze e con modalità diverse, possiamo imitarli. Pensiamo, ad esempio, al prezzo che deve pagare un buon genitore, se vuole educare bene i suoi figli, secondo principi sani: prima o poi dovrà saper dire qualche “no”, fare qualche correzione e questo gli costerà sofferenza. Lo stesso vale per un insegnante che desideri formare correttamente i suoi alunni, per un professionista, un religioso, un politico, che si propongano di svolgere onestamente la loro missione, e per chiunque si sforzi di esercitare con coerenza, secondo gli insegnamenti del Vangelo, le proprie responsabilità”.
“Sant’Ignazio di Antiochia, in proposito, mentre era in viaggio verso Roma, dove avrebbe subito il martirio, scriveva ai cristiani di questa città: “Non voglio che voi siate accetti agli uomini, ma a Dio” (Lettera ai Romani, 2,1); e aggiungeva: “È bello per me morire in Gesù Cristo più che regnare sino ai confini della terra” (ibid., 6,1)”, ha ricordato il Papa, rivolgendo infine la sua preghiera a “Maria, Regina dei Martiri”, affinché ci aiuti “ad essere, in ogni circostanza, testimoni fedeli e coraggiosi del suo Figlio” e a “sostenere i fratelli e le sorelle che oggi soffrono per la fede”.
Al termine dell’Angelus il Santo Padre non ha mancato di rivolgere il proprio pensiero alle popolazioni del Pakistan, dell’India e del Nepal colpite da violente alluvioni: “prego per le vittime e i loro familiari e per quanti soffrono a causa di questa calamità”. Infine, ha concluso, “preghiamo perché vadano a buon fine gli sforzi per far cessare le guerre e promuovere la pace; affinché, nelle trattative, si ponga sempre al primo posto il bene comune dei popoli”. (p. di dionisio\aise)