L'Italia oltre confine nel “Messaggero di sant’Antonio” di gennaio

PADOVA\ aise\ - Sono soprattutto giovani e continuano a partire. Per l’Aire sono ben 6,4 milioni i connazionali all’estero: la 21ªregione dello Stivale. Dalle colonne del “Messaggero di sant'Antonio” edizione italiana per l’estero di gennaio Alessandro Bettero in “Talenti in mobilità” intervista Delfina Licata, la curatrice dell’ultimo Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, approfondendo le dinamiche che portano all’estero o fanno rientrare in patria i nostri connazionali. In vent’anni si sono registrati 1.600.000 espatri di cittadine e cittadini italiani a fronte di 826mila rimpatri. Sono per lo più giovani provenienti da Lombardia, Nordest e Mezzogiorno d’Italia che hanno scelto principalmente l’Europa. È uno dei dati più eclatanti della XX edizione del rapporto della Fondazione Migrantes, organismo della Conferenza episcopale italiana. Perché la questione della mobilità, da e verso l’Italia, impone anche sfide pastorali e non solo politiche.
Nel suggestivo Museo Fortuny, a Venezia, con la mostra “Antonio Beato. Ritorno a Venezia - Fotografie tra viaggio, architettura e paesaggio” (fino al 12 gennaio), si intrecceranno arte, viaggio e sperimentazione. La città lagunare riscopre infatti uno dei suoi figli più inquieti e curiosi: quell’Antonio Beato che è stato un pioniere della fotografia del secondo Ottocento fino ad abbracciare l’alba del XX secolo. Insieme al fratello Felice e al cognato James Robertson, è stato reporter documentaristico e di guerra, esploratore instancabile del Mediterraneo, dell’Egitto e dell’Asia, capace di costruire un immaginario visivo che ancora oggi modella e nutre quell’idea esotica che l’Occidente ha dell’Oriente.
Con “Il fotografo del Nilo” Alessandro Bettero rende omaggio ad Antonio Beato ricostruendone la storia, i percorsi di vita, gli intrecci familiari e professionali e, soprattutto, il ruolo nella definizione della fotografia di viaggio.
A cento anni dalla nascita, la rivista antoniana con “Della Costa, star delle scene” di Giorgia Miazzo ripercorre la vita di Maria Della Costa, icona nazionale del teatro brasiliano di origini italiane. Nata il 1° gennaio 1926 a Flores da Cunha (Rio Grande do Sul) da una famiglia di migranti di Feltre (Belluno), dopo un’infanzia di indigenza e difficoltà, esordì come modella e si appassionò alla recitazione, perfezionandosi in Portogallo. Nel tempo l’attrice rivoluzionò il teatro brasiliano, rappresentandolo in tutte le epoche, forme e luoghi. Rimase profondamente legata alla cultura contadina delle sue origini venete, che le trasmisero passione e spirito di sacrificio, facendo del lavoro uno dei suoi principali valori etici. Di sé stessa disse: «La mia origine italiana è molto forte. Il Veneto è la mia terra. […] Sono veneta nell’anima e nel cuore».
Dall’Argentina arriva l’articolo di Marinellys Tremamunno intitolato “La rivoluzione di Zipoli”. Trecento anni fa, il 2 gennaio1726, moriva a Córdoba Domenico Zipoli, musicista italiano che, diventato gesuita, trascorse l’ultimo decennio della sua vita nella città che allora si trovava nel Vicereame del Perù, oggi in Argentina. Nato a Prato il 17 ottobre 1688, era già un organista stimato quando, dopo anni trascorsi a Roma sotto la guida dei maestri più in vista dell’epoca, nel 1716 scelse di entrare nella Compagnia di Gesù, stabilendosi a Córdoba. Grazie alla sua attività musicale, divenne un ponte tra Europa e Americhe, trasformando il linguaggio musicale barocco europeo in uno strumento di evangelizzazione e dialogo nelle missioni della Compagnia di Gesù in America Latina.
Dagli Stati Uniti arriva invece la storia del triestino Ricky Russo, classe 1973 raccolta da Fabio Dalmasso in “New York secondo Ricky Russo”. In patria grande appassionato del mondo della musica, giornalista del quotidiano «Il Piccolo» di Trieste, ma anche autore di programmi radiofonici e televisivi su Radio-Tv Capodistria, negli States è ripartito da zero e senza contatti, rincorrendo il sogno americano, trovando molto di più: l’amore e un senso di appartenenza. La passione per la «grande mela» arriva da lontano e affonda le sue radici nella storia famigliare: i parenti della madre, i Cerljenko, scapparono dalla Jugoslavia durante la Seconda guerra mondiale per rifugiarsi in America, nel Queens. (aise)