Italiani in Uk: a Londra una mostra su Matteotti che “occupa” l’ex Casa del Fascio

LONDRA\ aise\ - Una mostra su Giacomo Matteotti a Londra. Più precisamente, una mostra sul politico antifascista ucciso dalle squadracce fasciste e del suo viaggio (clandestino) nella capitale del Regno Unito due mesi prima dell'orribile morte. Una mostra, dal titolo "Tempesta che dura", che si terrà a due passi da Trafalgar Square, in quella che tra il 1936 e il 1940 fu la "Casa del Fascio" di Londra. La mostra è curata da Alfio Bernabei, autore e storico della comunità italiana nel Regno Unito, che dà a quel viaggio una valenza importante anche per la sua eliminazione voluta da Mussolini.
È un episodio ancora poco conosciuto, quel viaggio, ma importante per la decisione del duce: "ormai convinto che in Italia l’opposizione in parlamento non riusciva a scalzare Mussolini, Matteotti decise di fare appello al partito laburista capeggiato da Ramsay MacDonald per chiedere aiuto non solo morale ma anche materiale. Sentì la necessità di un incontro personale faccia a faccia con sindacalisti e membri del primo governo laburista. Anche se privato del passaporto decise di correre il rischio, pur perfettamente cosciente, come disse al Daily Herald, che stava mettendo in pericolo la sua vita".
I sette pannelli della mostra distribuiti lungo la balaustra del salone d’entrata presentano una narrativa ricca di immagini che coprono dozzine di episodi quasi tutti basati su ricerche effettuate negli archivi inglesi che sul caso Matteotti a detta di Bernabei continuano a produrre sorprese.
Non ultima quella concernente Amerigo Dumini, il leader della gang di rapitori fascisti che assassinarono il deputato socialista, che dietro pagamento si mise a disposizione dell’intelligence britannica per “recitare” una versione del crimine ad uso della propaganda contro Mussolini. Una recita che Churchill si affrettò a sconsigliare ritenendola un’invenzione controproducente.
Ideata per un pubblico inglese, la mostra intitolata "Enduring Tempest" (Tempesta che dura) apre come un giallo alla Agatha Christie portando il visitatore in casa Matteotti nel pomeriggio di quel 10 giugno 1924 quando sua moglie Velia lo vede uscire con una cartella in mano per non rivederlo mai più da vivo.
“Non capisco perché venga dato così poco spazio a questa testimone sicuramente sincera che dichiarò con fermezza ai primi investigatori che il marito al momento del rapimento aveva con sé solo la solita cartellina, e non un “fascio” di documenti di natura scandalistica che si sarebbe procurato su atti di corruzione o tangenti come dicevano i giornali” spiega Bernabei. “Ci teneva tanto a respingere le dicerie e salvare la reputazione di suo marito interessato soprattutto alla salvaguardia della democrazia in Italia che quando in agosto fu ritrovata la sua giacca insanguinata si premurò di denunciare pubblicamente la leggenda che intuiva fabbricata a bella posta per travisare le vere intenzioni dell’uomo che conosceva meglio di chiunque altro.”
Dai documenti trovati da Bernabei negli archivi inglesi trapela come l’ambasciata britannica a Roma che analizzava il contratto che l’Italia stava stipulando sullo sfruttamento dei giacimenti petroliferi preferendo trattare con gli americani era pronta a riconoscere che gli accordi presi con la Sinclair statunitense erano piuttosto convenienti per l’Italia e che nonostante il brutto colpo agli interessi inglesi bisognava lasciar fare. “Il Foreign Office pareva più preoccupato dagli accordi finanziari che Mussolini, attraverso il fratello Arnaldo, stava cercando di stipulare con indipendentisti indiani che il Regno Unito considerava alla pari di terroristi. L’ambasciatore gli ordinò chiaro e tondo ‘Stop it!’”
Un intero pannello della mostra è dedicato ad un altro episodio quasi del tutto sconosciuto che illustra il tentativo da parte di donne principalmente inglesi di introdursi furtivamente in Italia per liberare Velia Matteotti dalla sua abitazione tenuta sotto sorveglianza per portarla all’estero. Un piano mai riuscito ma che destò preoccupazioni a Roma dove si temeva uno spettacolare coup de théâtre antifascista in coincidenza con le celebrazioni del decennale.
“Ci tenevo a mettere in rilievo episodi poco noti” ha dichiarato Bernabei “ma soprattutto mi premeva di marcare in maniera simbolica il centenario dalla morte di Matteotti dando un’opportunità al suo esempio di occupare uno spazio dove il fascismo veniva celebrato con eventi anche abbastanza spettacolari come il concerto che diede in questa stessa sala Beniamino Gigli. C’è un po’di simbologia anche nel fatto che questo edificio in vista del Big Ben che veniva considerato come un trofeo del fascismo all’estero è oggi una biblioteca e luogo di studio”.
La mostra Enduring Tempest rimarrà aperta nella Charing Cross Library, Westminster, 4-6 Charing Cross Rd, London WC2H 0HF fino al 13 giugno. (aise)